Game of Thrones 8 - il quinto episodio
Una puntata visivamente potente segna la resa dei conti, sia dei personaggi con i loro demoni, sia degli spettatori con la realtà delle cose rispetto alle loro aspettative
Ricorderemo questa puntata di Game of Thrones come quella che portato l’incazzatura di molti a un livello ancora più alto, ma la ricorderemo anche come quello in cui la potenza visiva raggiunge livelli di assoluta eccellenza.
Inutile ormai continuare a ribadire quanto avrebbero fatto bene altre due puntate per rendere determinate scelte più accettabili (non voglio dire condivisibili, perché tanto ognuno di noi ha in testa la sua scelta migliore) e definire meglio il destino di alcuni personaggi, così come il rimarcare scelte meccaniche, dovute al fatto che alcuni ruoli hanno esaurito la loro utilità o devono fare qualcosa per fare andare avanti la trama. Ormai la serie è tipo il masso di Indiana Jones, schiaccia tutti lungo la sua corsa verso la fine.Ad esempio, Varys, pur con la bellissima scena dei passi che si avvicinano mentre si prepara alla morte, consapevole del suo destino, non avrebbe forse meritato una fine che rendesse più onore al ragno tessitore? Non sarebbe stato più bello cullarsi almeno per una puntata nel dubbio di un suo ennesimo complotto riuscito? E invece tutto si chiude velocemente nella prima parte, perché dobbiamo dare spazio agli ultimi rintocchi della sanità mentale di Daenerys e al suo decidere che in fondo ai suoi occhi anche il popolo bue è colpevole e forse è meglio partire con una tabula rasa, anzi, arsa, un mondo nuovo in cui si senta un po’ meno pesce fuori d’acqua. Se non può essere amata, che sia almeno temuta a dovere .
E se alla fine della scorsa puntata avevo apprezzato le smorfie di Emilia Clarke, la quinta puntata gli rende ancora più giustizia, sia nella scena in cui prende la sua decisione, alternando rabbia e disperazione, ma soprattutto in quel definitivo “Let it be fear”. Alla fine non la vediamo neanche più, lei ormai è il drago, la sua furia risvegliata .
Pur nella fretta di concludere, le ultime scelte di Dany non dovrebbero stupirci. Che le cose non andassero bene lo abbiamo capito da qualche puntata. Gli abbracci tra gli Stark le hanno ricordato che lei non ha quel tipo di legame, lei è una estranea, qualcuno di cui diffidare che oltretutto ha in mano l’unica arma di distruzione di massa di tutto il regno (ma dopo torneremo su questo punto).
Nel corso della sua vita è stata venduta, stuprata, tradita, anche quando ha cercato di negoziare con chi c’era prima, ha subito lutti e perdite di ogni tipo, si è battuta nella guerra di altri, ha cavalcato un drago per il nord e le pacche sulle spalle le ha ricevute Jon, quel Jon che oltretutto è un erede più giusto di lei e che il trono non lo vuole (forse perché ha capito benissimo che il potere ti cambia in modi che non vorresti).
È vero, in passato ha rotto catene e spezzato gioghi, ha imprigionato i draghi quando facevano del male agli innocenti, ma ha sempre avuto dentro una rabbia forte, la sensazione di meritare di più, di essere vittima di una ingiustizia storica e non ha mai ceduto di un passo con chi la metteva in discussione. Già nella scorsa stagione ha bruciato i Tarly solo perché non volevano inginocchiarsi, per pura ragione di Stato. All’epoca ci era sembrata una decisione quasi sensata, perché non poteva permettersi di mettere in dubbio un’autorità ancora troppo fragile, come ci è sembrato sensato che uccidesse e bruciasse tutti quelli che non le andavano a genio, ma oggi?
Oggi forse ci rendiamo conto che Daenerys ci andava bene perché bruciava sempre gli altri, i cattivi, quelli antipatici , ma la differenza tra Game of Thrones e tutti gli altri racconti fantasy, una differenza che le ultime svolte positive forse ci avevano fatto dimenticare, sta proprio nel suo mostrarci le infinite scale di grigio dell’animo umano, anche del nostro. Non ci sono eroi, non ci sono amori salvifici e redentori, le teste mozzate, i tradimenti e il sangue sparso fino ad ora ci avevano avvertito. E se oggi ci arrabbiamo perché non è più il personaggio che volevamo quante volte le figure di potere si sono comportate così? Possiamo anche arrabbiarci per la fretta eccessiva, ma questo non è uno show consolatorio in cui le cose vanno come vorremo noi, non lo è mai stato, se non per pochissimi istanti e sarà anche una narrazione frettolosa, che ha lasciato dei pezzi per strada, ma non mi pare incoerente.La puntata è contraddistinta da un tono lugubre, con una gamma di colori che va dal grigio al rosso, passando per le sfumature sabbia e terra (ovviamente bruciata), l’unico momento ironico, ma anche umano, è Tyrion che cerca di parlare con gli Immacolati prima di liberare Jaime. È particolarmente interessante come l’altezza di Tyrion venga usata durante l’episodio per rapportarlo al mondo che lo circonda, di fronte a Jaime sembra un gigante di umanità, che libera il fratello sperando di salvarlo insieme alla città e agli affetti, quando dopo varcherà le mura di Approdo del Re sarà minuscolo di fronte alla distruzione .
Il punto forse più debole di tutto l’intreccio è senza dubbio rappresentato dagli scorpioni, che nella puntata precedente sembravano l’arma antidrago definitiva e adesso sembrano utilizzati da Stormtrooper orbi. Ok, che probabilmente Dany ha imparato la lezione, attacca controluce, vola basso e si sposta spesso per non offrire un bersaglio facile e stavolta coglie di sorpresa la flotta, però è un cambio decisamente troppo repentino.
Tutto lo scontro è pieno di immagini potentissime, forse tra le più potenti di tutto Game of Thrones lo sfondamento dei cancelli, i soldati come formiche che fuggono dal DDT, il tesissimo stallo pima del massacro finale, la vista della città che brucia (sono quasi certo che, potendo vederle dal satellite, le tracce delle fiamme di Drogon comporrebbero la scritta BITCH). Ogni fermo immagina è un quadro.
Nel barbecue di Approdo del Re si distinguono alcune figure fondamentali. Jon è il “restiamo umani” inascoltato, la voce della ragione che ormai non interessa più a nessuno. Inutile? Poco ma sicuro, lui deve essere inutile in questo momento, ai limiti del ridicolo, come è inutile che la razionalità in una mischia di fuoco e sangue.
Arya e Sandor rappresentano invece un bellissimo momento di redenzione per la prima e di destino per il secondo. L’assassina senza volto forse negli ultimi periodi ha maturato una certa capacità di assaporare la vita, forse ha un sussulto rivelatore quando si rende conto che no, non vuol’essere come Sandor, che gli è stato maestro di brutalità, ma che deve anche superare. Probabilmente analizza anche il fatto che, banalmente, non vuole morire.
È brutale e bellissimo vederla ridotta a una delle tante figure nella folla che fugge, urla e cade. L’eroina di Grande Inverno che non riesce neppure a salvare una bambina e che ha uno scopo ben preciso: mostrarci la distruzione totale, non dalla prospettiva di personaggi sconosciuti, ma attraverso qualcuno a cui teniamo veramente.
La distruzione di Approdo del Re ha dei rimandi fortissimi con l’attualità, le persone corrono coperte di polvere e sangue come nei video dell’11 Settembre, la cenere che cade ricorda altri massacri fatti per questioni militari abbastanza superflue come l’annientamento di Dresda, la distruzione di Berlino o i bombardamenti atomici di Hiroshima e Nagasaki (il drago è un'arma di distruzione di massa), sono il simbolo di una guerra atroce, di scelte scellerate pensate per rendere ancora più veloce un processo che era già in atto, in cui se il popolo non la pensa come te, allora tanto vale cambiare il popolo. Se il mondo non ti riconosce come sua regina, allora quel mondo dev’essere riformato.
Il tutto grazie a un favoloso montaggio in parallelo con la lotta fra i due Clegane, forse uno dei momenti più lirici e potenti dal punto di vista visivo, nonché la prova che qualcuno nel reparto fotografia si è giocato Dark Souls.
I Sandor e Gregor sono l’esempio di una famiglia che non è assolutamente un legame, ma una lunga catena di odio che inevitabilmente avvince due persone e le vincola, fino a distruggerle. Di ben altra pasta è il legame dei Lannister che invece ci ricordano come la famiglia e l’amore siano spesso forse irrazionali. Quante volte abbiamo fatto qualcosa per un membro della nostra famiglia solo per un legame di sangue? Magari difendendolo anche quando era nel torto palese.
Il ritorno e la morte di Jaime (avvenuta non prima che Euron per l’ennesima volta comparisse a cazzo per rompere le palle a un personaggio principale in un combattimento superfluo) chiudono un arco doloroso, ma anche in questo caso forse avevamo perdonato troppo presto una persona che aveva spinto senza tante cerimonie un bambino giù da una torre . Col tempo avevamo imparato a volergli bene, ma era un personaggio nato nella tenebra, che si sentiva tenebra e che per certi versi cercava la morte come unica redenzione.
Senza contare che l’amore è spesso un veleno, una droga, e le ricadute sono possibili e tutt’altro che assurde. Estremamente simbolico il loro ritrovarsi nella sala della mappa, là dove si erano lasciati, là dove tutto il regno sta letteralmente cadendo a pezzi. La loro è forse una morte brutale e anticlimatica, ma tutto sommato coerente con una storia che a volte ci mostra l’epica, ma è soprattutto interessata a smontarla. La loro è una morte causata da mille ossessioni: lei che non si ritira in tempo, lui che torna da lei anche in una situazione potenzialmente mortale e tutto si chiude in segreto, proprio come era stata la loro relazione (anche se lo sapevano tutti).
L’unica che obiettivamente ne esce male è Cersei, che la scrittura frettolosa ha ridotto a un cartonato cattivo che recita in automatico senza fare niente di particolare se non bere e guardare male il mondo Lo spazio era poco e non sapevano oggettivamente cosa farle fare, perché tutto ciò che era necessario raccontare si trovava altrove.
E infine il simbolismo più classico: un cavallo bianco, simbolo di purezza, con cui allontanarsi dalla morte.
In generale, posso capire le lamentele, ma le trovo ingenerose verso una puntata dalla messa in scena sontuosa in cui, forse, visto che le cose non andavano come sperato alcuni si sono chiusi a riccio. D'altronde qua la resa dei conti è arrivata per tutti: gli autori si ritrovano con la scrittura frettolosa, nel bene e nel male, i personaggi con i loro demoni e gli spettatori con le loro aspettative.
Adesso manca l’ultima puntata di Game of Thrones e poi sarà tutto finito, fino alla prossima grande serie che ci farà litigare.