Elric, il prigioniero del fato
Torna in libreria la saga di Elric di Melnibonè, caposaldo dell'heroic fantasy, figura antitetica a Conan e libro da avere assolutamente se amate il genere e non avete ancora recuperato tutti i volumi in passato (ma anche se lo avete fatto).
In occasione dell’arrivo nelle librerie di una nuova, fantastica, edizione dei romanzi di Michael Moorcock dedicati a Elric di Melniboné, ho deciso di rituffarmi nel multiverso dell’autore inglese. L’intento di queste poche righe (si potrebbe scrivere interi tomi per analizzare la sterminata produzione dell’autore) sono intese a prepararvi in vista dell’eventuale acquisto del tomo che a Oscar Vault ha stampato nella sua collana Draghi.
In questo senso, leviamoci subito un peso: se amate Elric, o più in generale l’heroic fantasy, questa nuova raccolta è un must have. Il librone si presenta nel classico formato della collana, una specie di bibbia cartonata, con una grafica aggressiva che ben si adatta a un’opera che ha ispirato, tra gli altri, svariati gruppi metal. Al suo interno troverete i primi sei romanzi che aprono e chiudono il primo ciclo di storie dedicate all’albino.
Nell’ordine (che rispetta, giustamente a mio parere, quello della cronologia della storia e non quello di pubblicazione) Elric di Melniboné, Veleggiando sui Mari del Fato, Larcano del Lupo Bianco, La torre evanescente, La maledizione della Spada Nera, Tempestosa. A impreziosire ulteriormente la riedizione di romanzi che erano, per quanto riguarda l’edizione della Nord, assolutamente introvabili e, per quanto riguarda quella della Fanucci, introvabili a macchia di leopardo (il primo e secondo volume sono fuori catalogo da secoli), oltre ai romanzi stessi, in questo nuovo tomo sono contenute le illustrazioni di Piotr Jablonski, Robert Gould e Malleus e una postfazione scritta dallo stesso Moorcock.
Se proprio devo trovare un difetto a questa edizione, è la mancanza di un approfondimento critico che, in una simile raccolta, avrebbe fatto raggiungere il livello della perfezione al tutto (detto questo, nei vecchi volumi della nord invece ci sono degli splendidi saggi ad apertura dei romanzi di cui vi consiglio la lettura e che mi hanno aiutato molto a lavorare a questo articolo). C’è anche da dire che in coda ai romanzi c’è una bella postfazione dello stesso Moorcock.
Ora che ho finito lo spot pubblicitario non richiesto, ma che mi sento sinceramente di fare, visto che sono un fan urlante di Elric, passiamo alle questioni più serie: di cosa parla e perché dovreste leggere questa grande, intricata e iconica saga fantasy?
Moorcock è un autore, per certi versi complesso, per altri, incredibilmente banale nei suoi tratti più squisitamente commerciali. Nella sua opera possono essere identificati tutti i topoi di quel fantasy canonico che ha ispirato prepotentemente l’immaginario trito e ritrito dell’epic metal, affiancati però a temi più complessi e digressioni sfacciatamente filosofiche (dico sfacciatamente perché non è così comune, nella lettura di un fantasy, trovarsi difronte a personaggi che discutono, così nel dettaglio, le ramificazioni morali delle proprie scelte). A conferma di questa mia analisi, mi viene in aiuto la dedica del primo romanzo che Moorcock fa a Paul Anderson e Fletcher Pratt, due autori fantasy e al poeta e drammaturgo tedesco Bertold Brecht. Tanto per mettere in chiaro la natura duale e complessa della serie.
A fare da ponte tra questa apparente dicotomia tra la sua anima più commerciale (molta della sua produzione è un perenne more of the same) e quella più alta (che personalmente penso derivi dal suo amore per Mervin Peak, un autore che ha sempre dichiarato di amare), la sua geniale idea di far sì che tutta la sua opera facesse parte di uno stesso multiverso e che i suoi eroi non fossero che infinite emanazioni dello stesso Eroe Eterno.
Ma stiamo correndo troppo. Prima di tutto dovrei presentarvi la versione dell’eroe eterno che è protagonista di questa raccolta: Elric.
Il mondo per secoli è stato dominato dall’antica razza dei melniboneani, un popolo violento, crudele, cinico e che... cavalca draghi in battaglia. Ora il loro impero è in declino, minacciato dalla nascita dei Regni Giovani, mentre sul trono dell’Isola del Drago siede un imperatore debole, dal fisico fragile e indolente per natura; il nostro Elric. La sua apparente debolezza e la crescente forza dei Regni Giovani, portano il suo popolo a dubitare di lui e ne fanno un eroe romantico (nel senso letterario del termine), incredibilmente distante dai canoni del genere, ad anni luce dalla risolutezza e l’istintività quasi animalesche del Conan di Howard, ad esempio.
Elric è più vicino all’Amleto shakespeariano, guidato da sentimenti complessi e contrastanti che ne fanno una mosca bianca nel suo stesso regno. Gli abitanti di Melnibonè sono diventati una razza impermeabile alle emozioni, impassibile alla pietà e al perdono, quindi non stupisce che la legittimità della guida di Elric venga messa in dubbio e la sua complessità emotiva venga considerata quasi un affronto nei confronti della forza brutale che la nazione vorrebbe proiettare sul mondo ora che il suo dominio è compromesso.
L’intrigo volto a rovesciare il suo trono, come in ogni dramma dinastico che si rispetti, arriva dalla sua stessa famiglia. Yyrkoon, suo cugino, cercherà prima di conquistare l’Isola del Drago e poi rapirà Cymoril, cugina e amante di Elric. Per avere la meglio sul cugino, Elric si affiderà al pericoloso potere di Alrioch, una divinità, uno dei signori del caos, il suo infido patrono. Per lui impugnerà Tempestosa, una spada senziente e assetata di sangue che donerà a Elric la forza che il suo fisico gli nega e lo proietterà nell’eterna lotta tra legge e caos. È questo infatti il destino ultimo del personaggio di Moorcock: essere un’incarnazione del campione eterno, scatenare ed essere l’ago della bilancia nella lotta tra le due potenze cosmiche, una lotta che è più concreta di quello che potrebbero far pensare i termini usati in questa mia descrizione. Infatti la vittoria di una delle due parti determinerà la nascita, al ciclo successivo, di un universo che protende per l’una o per l’altra parte.
Nella cosmologia di Moorcock il bene e il male, l’ordine e il caos, non sono solo concetti aleatori, ma entità concrete che influenzano il formarsi della realtà in ogni singolo piano del multiverso.
È qui che entra in gioco l’idea alla base della maxisaga Moorcockiana, infatti tutto la sua produzione è inserita in questo eterna lotta di potere, tutti i suoi eroi non sono che emanazioni, copie, dell’originale campione eterno. Il tempo e lo spazio nell’epopea di Elric e un po’ di tutti i personaggi dell’autore, sono concetti malleabili e capricciosi. Elric, nelle avventure che seguono il primo romanzo (alla fine del quale decide di viaggiare per i regni giovani per comprendere i suoi nemici), incontra personaggi che l’hanno già conosciuto nel futuro, attraversa il multiverso fino a un’isola in cui le realtà si intersecano e proiettano le proprie ombre in quel luogo, combatte al fianco di eroi che sono i protagonisti di altre saghe di Moorcock.
Mi fa un po’ sorridere che Moorcock venga spesso accusato di aver plagiato Howard per creare il suo Elric, perché l’albino è davvero allo spettro opposto di Conan, è la ragione e il tormento contro l’istinto e l’avventatezza. Mentre Howard scriveva Conan per contrasto alla disgregazione del mito della frontiera e all’arrivo della molle civiltà nella natura fino ad allora incontrastata (viveva a Cross Plain nella periferi texana), l’Elric di Moorcock è lo specchio della complessità dei problemi nati con la società moderna, la somma delle paure di un’epoca in cui gli uomini temevano la fine del mondo e la potenza distruttiva della bomba atomica.
Al netto di qualche lungaggine nella prosa e un linguaggio a volte eccessivamente barocco (se proprio dobbiamo fare un confronto tra Moorcock e Howard, questo sarebbe un approfondimento interessante), la saga di Elric è un opera cardine della narrativa fantasy e una lettura consigliata a ogni appassionato del genere. È davvero difficile non farsi affascinare dall’imperatore albino che combatte prima contro sé stesso e contro un destino che gli si stringe addosso, che contro i suoi nemici più terreni. Nella postfazione del volume edito da Mondadori Moorcock definisce perfettamente il suo personaggio e mi sembra che le sue parole per chiudere quest mio breve articolo “Elric simboleggia per me il paradosso umano, fatto di tutti i suoi odi-amori, di tutta la sua avarizia-liberalità. Elric è un ladro che si lamenta di essere vittima di un furto, un innamorato che odia l’amore”.