Chanbara - Di uomini e orchi
Roberto Recchioni e Andrea Accardi tornano nel Giappone feudale di Chanbara per raccontare una vicenda che lega indissolubilmente il passato di Daisuke, la belva tonante al futuro di una giovane promessa in sposa come pegno di una vittoria in battaglia
Il fumetto è una materia duttile, è estremamente adattabile allo scopo. La sua forma è privilegiata da regole molto labili che spesso sono solo nella testa di chi legge. Come la divisione tra oriente ed occidente, fumetto italiano e fumetto francese, manga e comics.
Porto alla vostra attenzione oggi la storia editoriale di Chanbara.
Inizialmente due albi a tema samurai per la collana “Le storie” di Bonelli, scritti da Roberto Recchioni e Andrea Accardi.
Fumetto italiano per eccellenza, brossurato, tema Giappone feudale e samurai, estremamente rispettoso del materiale di partenza, tanto dal punto di vista della sceneggiatura che del disegno.
Non è un azzardo “formale”. Del resto, se SBE ha avuto fortuna è storicamente grazie alla popolarità di Tex, un fumetto che saccheggia il cinema western, che a sua volta deve tantissimo ai samurai. Il concetto stesso di samurai è la personificazione di un’ideale allo stesso modo di come è monolitico il personaggio di Tex. La giustapposizione tra i due temi è affascinante e scintilla come un cortocircuito, perché eredità di una tradizione che si fa forma e sintesi.
Le prime due storie di Chanbara vengono collezionate e colorate in un unico volume cartonato per Bao Publishing ma è solo il primo passo di una transizione verso una forma definitiva.
Il mondo dell’editoria a fumetti è cambiato, le edicole stanno letteralmente scomparendo e Bonelli affianca al fumetto da edicola una linea di prodotti “premium”, in grande formato alla francese, tra questi la serie regolare di Chanbara con Roberto Recchioni come frontrunner e Andrea Accardi come disegnatore principale, con il chiaro scopo di proseguire le avventure dei personaggi incontrati nei due albi de Le Storie ed esplorare ulteriormente il Giappone feudale nel quale essi si muovono.
Chanbara è una serie regolare a carattere speciale. I volumi escono “quando sono pronti”, tendenzialmente una volta l’anno. L’attesa è sempre ricambiata da un valore ai vertici del fumetto italiano. Roberto padroneggia la materia scomponendola fino a tornare alla radice semantica del racconto e dei personaggi affidando la formalizzazione del disegno ad Accardi che abbraccia il Giappone con uno stile naturale e posato ma allo stesso tempo capace di far convivere al suo interno grande sperimentazione e dinamismo in un formato eccezionale che lascia respirare ognuno dei segni perfettamente calibrati del disegno.
Tutta la serie è caratterizzata da questa cura protettiva e maniacale nei confronti del progetto, che forte di uno spirito antologico e modulare può o non può proseguire vita natural durante, con un villain molto carismatico che fa da minaccia principale che trova sempre il modo di apparire sullo sfondo muovendo le fila del racconto.
Roberto Recchioni si è alternato alla scrittura con Gabriella Contu, che libera dalle pastoie della serializzazione Bonelli tradizionale dà il meglio di sé, e vale la pena ricordare il quinto volume dell’opera,“Il mondo sospeso”, dove la Contu incrocia la strada della disegnatrice Isabella Mazzanti per produrre quello che fino ad ora è la storia più onirica e delicata tra quelle proposte fino ad ora, che sposta con eleganza il campo da gioco su uno degli aspetti forse più affascinanti e sottili della cultura giapponese, la convivenza con una spiritualità “materiale” e sensibile fatta di sacralizzazione di gesti, oggetti o fenomeni come manifestazioni del mondo dei kami della cultura shintoista. Ha molto a che fare con la diffusione delle storie, delle trasposizioni del reale alla leggenda in un movimento ascendente che rende il ricordo immortale, e quindi sacro, tramandandolo.
Su queste note spiritualiste arriviamo a parlare di “Di uomini e orchi”, l’ultima fatica di Recchioni e Accardi, che fino ad ora è, a mani basse, l’albo più bello della serie.
Una famiglia viene brutalmente massacrata per mandare un messaggio al daimyo: se non rispetta un antico accordo la sua gente verrà uccisa dagli oni (orchi della mitologia giapponese). L’unico modo per sventare questa minaccia è placare i demoni con l’offerta in sacrificio della primogenita.
Il daimyo si rivolge a Ikki, lo spadaccino cieco, per risolvere la questione.
La storia degli Oni è un altro esempio della sovrapposizione tra realtà e finzione che caratterizza il tramandarsi della storia. La storiografia giapponese affonda le radici nel mito ancora oggi e per molti storiografi quella degli Ainu fu una vera e proprio scoperta. Una popolazione arcaica che abitava il Giappone prima dell’epoca feudale e che vennero sconfitti ed esiliati dagli Yamato, fino a subire una vera e propria segregazione razziale. Una volta riconosciuti i caratteri Ainu è facile riscontrare elementi appartenenti a questa etnia sparsi un po’ in tutta la cultura pop che proviene dall’estremo oriente.
Ovviamente Di uomini e orchi non parla solo di questo, ma è una delle cose che Roberto infila insieme a tutte le altre che scorrerò in una rapida carrellata perché fare articoli compilativi con le reference non è mai stata la mia passione, soprattutto perché poi magari sono le cose che ho visto io, e mille altre me ne sono perse perché più distanti dal mondo di simboli che avevo sottomano (mentalmente) mentre leggevo l’albo.
Rashomon e il tema della menzogna, non con la complessità dei plurimi punti di vista, ma guardo Daisuke (che ci scommetto si chiama così per Jigen) e ci vedo Toshiro Mifune.
Lone wolf and cub, il capostipite di tutte le escort mission, anche qui non come reference letterale 1:1, ma “sporcata” da una serie di riferimenti successivi, il più grosso di tutti è The last of us (del resto Roberto non ha mai negato la sua passione per la serie) con Daisuke che diventa un senpai per Chiku, la figlia del daimyo.
Sulla giovane Chiku i riferimenti nella mitologia classica si sprecano, dal Ratto di Proserpina fino alla Bambina Promessa di The Witcher, passando per il Labirinto del fauno che a sua volta poggia sul un riferimento mitologico dello "stolen child" con il pegno di una figlia ad una divinità ctonia.
La lotta di Daisuke con il fratello possiamo farla risalire a Caino ed Abele, a Romolo e Remo, ma per scelte cromatiche preferisco troppo pensare a Dante e Vergil, i figli di Sparda destinati a lottare l’uno contro l’altro per sempre.
La spietata educazione dei giovani Ainu è una riproposizione del rituale dell’agoghè spartana, tema che Roberto aveva esplorato anche nella sua serie precedente Orfani.
Tutto l’impianto visivo è estremamente debitore al cinema giapponese e inevitabilmente al teatro kabuki con espressioni dei personaggi accentuate ed enfatiche, con una caratterizzazione del tratto radicalmente diversa nel momento in cui Accardi passa ad illustrare i flashback che affondano nel mito.
Il tutto è ulteriormente impreziosito dai box con le didascalie, una pratica sempre più in disuso nel fumetto contemporaneo ma che trovo nuovo compimento dal momento che Roberto riempie i box con haiku, una soluzione che risulta efficacissima sottolineatura del momento inquadrato.
Il pensiero che mi affiora più spesso nella mente da un po’ di mesi a questa parte è il crollo della civilizzazione occidentale. Il margine dell’occidente non ha fatto altro che spostarsi, espandendosi per “cadute” successive, dei veri e proprio crolli culturali che hanno caratterizzato un vuoto da riempire fino a quando un altro regno si accollato l’onore e l’onore di vessillo dell’occidente. È così dall’antica Grecia (punto di partenza che descrive anche la relatività del concetto di Occidente) fino agli Stati Uniti d’America, che un periodo di splendore come quello immediatamente successivo alla fine della seconda guerra mondiale non lo avranno mai più. È un giro molto lungo, ma mi serve per aprirmi alla chiusura, per spiegare di come la fascinazione per l’oriente e per una serie di prodotti provenienti dall’oriente abbiano raggiunto la centralità nel panorama commerciale italiano, a scapito di prodotti provenienti dagli USA.
Lo crescente popolarità del manga, il successo di Godzilla Minus One, Il ragazzo e l’airone primo al box office italiano (secondo posto Wim Wenders con Perfect days, il film sul giapponese che pulisce i bagni) sono i contraltari più evidenti alla povertà e alla stanchezza che da questa deriva dell’offerta popculturale americana, frutto di una omologazione a livello produttivo che ha appiattito e reiterato l’intrattenimento fino alla spopolante superhero fatigue (ma possiamo serenamente buttarci dentro anche quello che è accaduto al franchise di Star Wars come un’avvisaglia che è stata ignorata).
Chanbara non soffre della noia che imperversa nel fumetto americano, non esaspera la routine del fumetto italiano da edicola e guarda al mondo orientale in faccia senza scimmiottare il formato, trovando una sua strada, anche colta, senza perdere mai il focus sull’avventura, l’azione e l’intrattenimento.
Per me, graziato da una prosa splendida e da disegni di una bellezza commovente, Di uomini e orchi è legittimamente tra i migliori fumetti che ho letto nel 2023.