Anche in Animal Crossing si combatte la distopia
In Animal Crossing si combatte una battaglia ancora più difficile di quella contro l'inferno sceso in terra di Doom Eternal.
I meme di Animal Crossing: New Horizons e Doom Eternal hanno invaso la rete già dall’annuncio riguardo la concomitanza per le rispettive date d’uscita. Naturalmente il fatto di essere tematicamente agli antipodi ha generato l’idea che questa coincidenza astrale rappresentasse appieno l’animo del giocatore medio: uno dedicato alla brutalità e all’azione mentre l’altro è quello bisogno di esperienze rilassate dove poter usare il videogioco per riprendere fiato dal quotidiano. Il che ci viene anche piuttosto naturale, considerando l’attuale situazione pandemica.
In realtà credo fermamente che la comunanza tra le due produzioni sia ben più che ascrivibile al vecchio "due facce della stessa medaglia". Riprendendo il tema della core story di questo mese, possiamo cambiare la nostra prospettiva e poter arrivare ad un'ipotesi pindarica che più o meno dice: in entrambi i giochi si combatte per ottenere un’utopia partendo da uno scenario “distopico”. Follia? Forse, ma è dietro questa assurdità si cela un ragionamento che tutto sommato potrebbe suonarvi comprensibile.
Prendiamo Doom Eternal solo come premessa e selezioniamone il contesto: l’inferno sulla terra combattuto da un singolo soldato armato di testosterone e armi al limite del possibile. Il Doomguy, incarnato dal giocatore in prima persona, ha quindi il compito di impegnarsi a debellare il più possibile le forze che stanno scatenando una distopia nel sistema solare, trovando nella morte delle entità malvage l’unica soluzione per arrivare al risultato promesso. A prescindere dai brutali metodi e dalla musica metal di alta qualità, in Doom tutto sommato la missione del giocatore è catalogabile come “positiva” e per questo il titolo di ID Software ci viene in soccorso come “valvola di sfogo”.
La qualità delle esecuzioni è parte del piacere anti-stress, ma in realtà esso non sarebbe possibile se psicologicamente il gioco non ci facesse passare il messaggio che siamo dalla parte dei buoni, legittimando qualsiasi massacro di esseri non meglio identificati senza alcun diritto umanitario a coprirli. Fantastico no? Ma tutto questo, cosa c’entra con Animal Crossing e perché Fuffi ci sta così bene con un BFG in mano? La risposta è nel tema di fondo.
In Animal Crossing, il giocatore è un elemento unico in grado di costruire comunità da zero a immagine e somiglianza dei suoi sogni. Anche qui una sorta di Deus Ex Machina in chiave pucchosa, sottostante solo al capitalismo senza freni di Tom Nook che controlla tutti i mercati possibili e indebita il giocatore fino a quando non avrà raggiunto un tasso d’interessi assurdamente alto. Ma nel mondo di gioco non esiste il fisco, perciò bisogna adattarsi. Oltre a ridere della possibile distopia finanziaria ordita da un tanuki, nel piccolo gioiello di Nintendo non esiste effettivamente uno scenario apocalittico come Doom, dando quindi problemi all’affermazione nel titolo di questo pezzo. Questo fino a quando non si guarda oltre lo schermo.
La distopia che Animal Crossing combatte non è altro che la cruda realtà di ognuno di noi, quella che adesso più che mai ci sta colpendo duramente con una crisi senza precedenti. Nessuna orda infernale fatta di pixel potrebbe paragonarsi a un lavoro stressante, a una famiglia oppressiva o a una vita fatta di delusioni varie, senza contare la difficoltà nel socializzare e la cinica realtà che distrugge il 70% dei sogni individuali. Creare una città su un’isola deserta ci permette di plasmare un ecosistema fatto di positività e desideri, dove l’unico nostro compito (oltre a estinguere i debiti) è quello di rilassarci e fare ciò che più ci va. Come nella realtà, dobbiamo guadagnarci da vivere e trovare un posto da chiamare case, solo che a differenza del nostro mondo per realizzare le nostre aspirazioni “crossiane” ci basta fare quello che più ci garba, anche solo dovessimo coltivare fiori alla perfezione.
È una lotta dura, ancora di più di quella di un marine contro demoni biblici. Perché tutto sommato staccare dal nostro quotidiano è difficile, soprattutto quando si fatica a trovare quel piccolo spazio con cui andare a decorare l’isola in cui abitiamo insieme a tanti piccoli animaletti. Eppure lo facciamo, ci assumiamo la responsabilità di dirigere attivamente una comunità antropomorfa uscita dal Giappone più kawaii a prescindere dai nostri impegni di tutti i giorni. Perché tutto sommato vogliamo costruirci il nostro spazio sicuro, il posto in cui possiamo metterci tranquillamente sul divano e passare un’ora o due accompagnati da dolci musiche e il cambio delle stagioni.
Rispetto a Doom Eternal è proprio la quotidianità con cui si vive Animal Crossing ad essere il suo più grande pregio e, allo stesso tempo, sfida ultima. È facile spalmarsi 15 ore di campagna di Doom Eternal nell’arco di una settimana, magari non giocandolo per un giorno due. Ma quando si parla di un’isola da mandare avanti l’importanza di entrarci almeno una volta ogni 24h aumenta, sebbene non sia obbligatoria. Non tanto per i materiali/soldi giornalieri dalle diverse risorse, quanto perché trovare il momento per entrarci a cadenza regolare serve a noi per staccare, per concederci quel piccolo minuto di relax che spesso buttiamo via in favore della produttività ad ogni costo.
Ma proprio per questo Animal Crossing ci è venuto incontro con New Leaf e New Horizons, impostandosi nelle console portatili più famose del globo e dandoci quindi l’opportunità di estraniarci nel viaggio sui mezzi verso un full time in ufficio o l’ennesima lezione non proprio entusiasmante all’università. Bastano anche 10 minuti per sentire tutto il calore del gioco, abbastanza da farci spuntare un sorriso quando un abitante ci manda una lettera di ringraziamento per l’orribile mobile che gli abbiamo appioppato giusto per liberare spazio nell’inventario.
Ora come ora, la lotta che vivremo in Animal Crossing sarà ardua, portandoci a impegnarci a utilizzare il gioco per trasportarci in un paradiso tropicale e non pensare per qualche minuto all’isolamento domestico o ai nostri cari irraggiungibili. Evadere da questa realtà è una lotta ben più grande anche del migliore dei Doomslayer, ma sono sicuro che con un pizzico di immaginazione e l’affetto di piccoli animaletti dalla vocina tenera riusciremo a tenere un pensiero positivo con cui guardare avanti con speranza.