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A lezione di sceneggiatura con Chris Claremont per trovare la propria strada personale

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Ecco com'è un workshop di sceneggiatura per fumetti tenuto da Chris Claremont con protagonista Spider-Man e una comparsata di Wolverine

Da diversi anni Lucca Comics & Games propone un programma ricco ed eterogeneo di workshop e incontri tenuti da professionisti di varie discipline che raccontano il proprio metodo di lavoro, spaziando dai GDR al fumetto passando per narrativa e modellistica, ce n'è davvero per tutti i gusti.

Quest'anno sono riuscito a seguire il workshop di sceneggiatura per fumetti tenuto da Chris Claremont che se non è stato il creatore degli X-Men è stato di sicuro uno degli autori ad averne decretato il successo e definito il carattere come gruppo e famiglia più di molti altri. Grazie al suo blackground di attore teatrale e di improvisational comedy, Claremont ha avuto modo di approfondire ogni singolo personaggio degli X-Men come fosse un attore utilizzando il method acting, dando a ciascuno motivazioni coerenti e intessendo una rete di rapporti tra di loro approfondita e sfumata.

Soprattutto ha utilizzato durante la sua tenuta delle serie mutanti l'uso di trame lunghe e articolate, anticipando per certi versi quel tipo di scrittura televisiva che inchioda da anni gli spettatori alle serie televisive, prendendo in prestito alcuni trucchi dalle soap opera americane. Il risultato sono alcune delle saghe che ancora oggi vengono considerate fondanti del canone mutante e in generale tra le migliori del fumetto americano di sempre.

Claremont ha curato gli X-men per parecchio.

Io sono uno di quelli che gli X-Men li ha conosciuti proprio con il periodo Claremont e ne è stato folgorato da ragazzino, quindi l'occasione era troppo ghiotta da farsi sfuggire: poter ascoltare un professionista di questa levatura parlare del proprio lavoro è, per me che scrivo fumetti di mestiere, l'occasione giusta per imparare qualcosa di nuovo e ascoltare il punto di vista di chi lavora ad altissimi livelli in un mercato molto diverso da quello italiano. Per questi motivi mi sono seduto in prima fila, armato di penna e taccuino per imparare la professione. Dopo aver sottolineato che nonostante il suo amore per il fumetto europeo (in particolare per Asterix e Tintin con cui è cresciuto) il workshop è dedicato alla scrittura di fumetti americani di supereroi, Claremont da subito un paio di indicazioni tecniche molto precise.

Quando scriviamo una sceneggiatura stiamo scrivendo per una persona precisa: il disegnatore. Per questo motivo dobbiamo essere sempre e il più possibile concisi, chiari ed evocativi, pensando per immagini che siano realizzabili e tenendo conto che in un fumetto da 22 pagine si possono usare, mediamente, 100 vignette. Ogni vignetta deve quindi avere un senso narrativo e un peso per la storia per non sprecare spazio prezioso, e può essere utile chiedersi per ogni vignetta cosa vediamo nella stessa e soprattutto perché. Dopo qualche minuto ha però messo da parte la tecnica e iniziato a improvvisare un soggetto e nel giro di due minuti sono tornato un ragazzino che ascolta uno bravissimo a raccontare storie.

Claremont ha portato il workshop sull'aspetto pratico, partendo dalla prima pagina di una storia: una splash page in cui Spider-Man volteggia per New York. Uno spunto dei più classici su cui ha subito ragionato da storyteller visuale chiedendoci di riflettere: alle spalle di Spider-Man quale New York vediamo? Quella dei grattacieli più alti, quella più raccolta dei quartieri residenziali, quella più raso terra dei quartieri più popolari? Ogni scelta deve essere fatta a seconda della storia che vogliamo raccontare e quindi nuove domande: come mai Spider-Man volteggia per New York? Alcune ipotesi:

A seconda del perché Spidey volteggia cambia il tipo di storia: uno scontro con Doc Ok è sempre qualcosa di spettacolare, le foto per il Bugle sono di routine quasi noiosa mentre un appuntamento don MJ è qualcosa di intimo, piccolo ma grande.

Claremont decide per la storia più intima, un Peter che per arrivare in orario all'appuntamento decide di volteggiare per i palazzi di Manhatthan. Però una storia senza ostacoli non è una vera storia, serve sempre un ostacolo. Se non abbiamo nemici storici o criminali generici, cosa può mettere i bastoni tra le tele di Peter? Claremont guarda fuori dalla finestra dell'aula in cui ci troviamo e con un sorrisetto dice "Piove tantissimo." mentre noi che lo ascoltiamo ridacchiamo ancora fradici dell'acquazzone preso per arrivare a lezione.

 

Spider-Man Team Up 100# scritto da Chris Claremont disegnato da Frank Miller

Quindi Spider-Man volteggia tra i palazzi e piove così forte che quando spara la sua tela questa viene spinta via dalla traiettoria voluta da Peter. Ma stiamo parlando di Spidey quindi non si perde d'animo e ne spara subito un'altra.

Deviata.

Un'altra.

L'acqua ne accorcia la corsa, non tocca nemmeno la parete.

Un'altra.

Tocca una finestra ma il diluvio è così forte che il vetro è coperto d'acqua, e la tela non prende.

Insomma Spider-Man può farcela contro tutto e tutti ma contro un diluvio stile Lucca nemmeno le sue tele riescono a farcela, e inizia a precipitare. Riesce a rallentare la caduta quel tanto che basta per atterrare con (quasi) tutta la dignità integra. Ma qualcuno ha assistito alla caduta. Chi?

Potrebbe essere un ladruncolo, oppure un poliziotto, un corriere, o magari perché non un bambino che si è perso?

Spider-Man non lascerebbe mai un bambino che si è perso da solo, nemmeno per arrivare in tempo a un appuntamento con MJ, tantomeno un bambino che ha sgranato gli occhi quando lo ha visto perché è un suo grandissimo fan.

Così Spidey perde tempo ma trova i genitori del pupo che quasi non ci credono (e Claremont dice che i genitori potrebbero chiamarsi Marta e Thomas) e lo ringraziano. Quindi Spidey può scappare da MJ e arrivato lì mettersi i suoi vestiti che teneva in una sacca di tela sulle spalle.

Ma piove così tanto a Lucc... a New York che i vestiti sono fradici, per cui quando finalmente arriva da MJ lei ride al suo tigrotto preferito.

Nel poco tempo a disposizione non si è potuto entrare nei dettagli della storia, rifinirne il soggetto ed espanderlo del tutto ma lo spunto di partenza, il tono e l'evento che mette in moto la storia ci sono tutti. Il resto è mestiere, personalità e conoscenza del mezzo e di come funziona.

Claremont ha parlato, per esempio, di quanto i fumetti siano in mano ai disegnatori che, in quanto artefici dei disegni, sono quelli che davvero mettono su carta le immagini più efficaci per raccontare la storia. Nella sua esperienza può capitare che uno sceneggiatore scriva la sceneggiatura e non abbia nessun feedback o quasi da parte del disegnatore prima di ricevere le tavole quasi definitive, oppure casi opposti in cui la collaborazione avviene ancora in fase di progettazione della storia. Un esempio è la miniserie del 1982 con protagonista il vostro Logan artigliato preferito e intitolata semplicemente Wolverine, scritta da Claremont e disegnata da Frank Miller.

Secondo quanto racconta Claremont la storia è nata quando lui e Miller si sono trovati incastrati in un ingorgo per diverse ore e hanno iniziato a rimbalzarsi idee l'un l'altro, tirando fuori il canovaccio base di quella che è diventata poi la sceneggiatura scritta dal primo e disegnata dal secondo.

Partendo da questi due estremi diversi nel metodo di lavoro ha poi aggiunto che ogni sceneggiatore ha il suo personale modo di scrivere e lavorare. Certo, i fumetti funzionano in un certo modo e alcuni punti saldi sono conosciuti da tutti gli autori. Però il modo in cui ciascun fumettista riesce a portare a casa il risultato è personale, frutto dell'esperienza acquisita sul campo, dell'esperienza di vita e magari dello studio dei metodi usati dagli altri. Congedando la classe e ringraziandoci per averlo ascoltato sottolinea proprio questo: "Find you own route", "Cercate la vostra strada personale".

 

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