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The Stories, They Are A-Changin’?

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Il nuovo saggio di Resh Visions analizza quattro grandi universi narrativi per scandagliarne le evoluzioni nel tempo. La nostra recensione.

"The Stories, They Are A-Changin' ": Resh Stories prende in prestito il titolo della famosa canzone per il calembour che origina questo saggio, dedicato a un tema interessante, che è forse la questione centrale dello studio della cultura pop nella nostra epoca: il cambiamento all’interno delle storie.

 

 

 

“The Times They Are A-Changin’” è una celeberrima canzone di Bob Dylan, il premio Nobel del rock, uscita nel 1964 e che dà il titolo all’albo omonimo. Per gli appassionati di cultura pop, la famosissima canzone è usata anche per introdurre il film di Zack Snyder sul “Watchmen” di Alan Moore, realizzato nel 2009, in una bella sequenza iniziale che riassume le vicende che precedono la storyline principale.

L’uso della canzone è fedele allo spirito del fumetto, che parla proprio dei supereroi che non accettano che sia finita la loro era, in un’epoca dominata dallo spettro dell’apocalisse nucleare e di problemi molto più grandi di loro. Nell’opera originale, del 1986, sono citate altre liriche di Bob Dylan, anche se non questa (vedi qui)

 

 

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Resh Visions è una colonna di saggistica che Resh Stories ha voluto per analizza le opere “che hanno segnato l’immaginario e la coscienza contemporanea”. Il primo titolo della collana è stato “Il Viaggio del Supereroe”, di cui avevamo parlato qui.

In questo secondo volume, si affrontano altre declinazioni del tema dell’eroe: in ordine temporale, Sherlock Holmes (1886), la figura seminale del giallo e della detection, Doctor Who e Star Trek, due serie fondanti della SF televisiva, e Star Wars, il grande brand della fantascienza cinematografica dal 1977 in poi.

 

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Quattro universi narrativi di grande, sebbene differente, influenza sulla cultura di massa, che hanno visto nel corso del tempo, in modi e gradi diversi, evoluzioni complesse nella loro declinazione e interpretazione. I saggi di questo volume, chiaramente, non esauriscono la questione – né potrebbero immaginare di proporselo – nemmeno relativamente a questi quattro vasti argomenti; ma offrono spunti di approfondimento diversi tra loro e interessanti.

Il primo saggio, “Crescere con Star Trek” di Massimiliano Martini, cultore dell’universo narrativo con all’attivo numerose collaborazioni con le più importanti riviste specializzate trekkiane, affronta l’argomento da una prospettiva interessante, quello del trekker convinto, alle prese con l’educazione della figlia a cui intende proporre la saga letta non solo come prodotto di intrattenimento, ma come visione valoriale e esistenziale importante. Una prospettiva singolare, che porta a una lettura dell’immaginario trekkiano da una posizione dichiaratamente interna al fandom.

 

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Una prospettiva interessante, indubbiamente: un completamento di tale prospettiva che sarebbe interessante vedere è quello relativo alla visione critica di Star Trek che è invece diffuso fuori dalla pur vastissima cerchia trekkiana (sarebbe interessante sia la percezione dei fan, sia uno sguardo esterno che offra una sintesi di tale rilettura).

Se “Galaxy Quest” è ancora dalle parti dell’omaggio affettuoso, e Zap Brannigan in “Futurama” è una parodia giocata anche sul ribaltamento, all’interno di Black Mirror, una puntata come “USS Callister” opera una decostruzione satirica piuttosto mirata della serie, speculare, per dire, a quella della fantascienza classica degli anni ’20 e ’30 presentata ne “Il continuum di Gernsback” di William Gibson, a fondamento del cyberpunk (sarebbe anche interessante capire quanto la riscrittura rimanda a tesi diffuse, e quanto, nella scena fantascientifica).

Una considerazione che potrebbe anche valere per gli altri due grandi cosmi fantascientifici analizzati in questo saggio, per cui però ci sfuggono nell’immediato decostruzioni specifiche (su Star Wars sono ovviamente legione, da SpaceBalls ai vasti omaggi dei Griffin, ma ci sembra una parodia più bonaria: mentre ignoriamo decostruzioni di rilievo del Dottor Who).

 

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Il lavoro di Luigi Siviero – saggista che ha indagato frequentemente, nelle sue opere, il fumetto e il mito holmesiano, anche in relazione al fumetto e in particolare a Dylan Dog – verte invece su “Sherlock Holmes, tra realtà e finzione”, e ricostruisce in modo preciso le evoluzioni del personaggio, fornendo numerose interessanti informazioni al lettore, dal ruolo di Barrie – l’autore di Peter Pan – nella costruzione del mito sherlockiano, a precise tabelle sulla fortuna parodistica di Holmes nel fumetto e nelle comics strip, con una caduta a picco a partire dagli anni ’80, corrispondente a un simile iato in importanti progetti filmici dopo lo scarso successo al botteghino di due cult come “Piramide di Paura” e il cartoon di “Basil l’investigatopo”, fino all’Holmes di Guy Ritchie al cinema (2009) e  quello di Moffat sulla tv britannica (2010-2017).

 

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A margine del valido studio di Siviero, è interessante osservare come Holmes abbia di fatto mostrato una forte resilienza – finora – alla decostruzione: pur nella modernizzazione di Moffat (che è la riscrittura più radicale tra quelle di primo piano: dato che la trasposizione in animali antropomorfi disneyiana era in qualche modo obbligata) il personaggio resta sempre fortemente uguale a sé stesso, forse proprio per la forza del brand (stratificatosi nel tempo: come bene evidenzia Siviero, molte cose ritenute identitarie di Holmes si aggiungono solo in seguito, e in modo spurio).

Viene spontaneo, a mente, un confronto con l’Arsenio Lupin, personaggio noto ma ovviamente meno di primo piano di Holmes, che ha visto due riscritture abbastanza radicali nella modernizzazione umoristico-avventurosa di Monkey Punch e nell’ancor più radicale cambio etnico operato nel recente serial di Netflix (che, unitamente alla modernizzazione, usa il meccanismo dell’”erede” come nel cartoon nipponico: e qui, solo erede spirituale). Viene quasi da chiedersi se non siano le “prove generali” per poi affrontare modifiche in grandi classici giallistici più di primo piano.

 

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“Le donne nelle guerre stellari” di Filippo Rossi, cofondatore e presidente di Yavin 4, il fanclub italiano di Star Wars, esamina il ruolo delle figure femminili in Star Wars, sottolineando il ruolo positivo assunto da esse fin dalla prima trilogia, con la figura ovviamente di Leia Organa, che chiaramente non risponde alla figura di damsell in distress ancora diffusa nella fantascienza filmica più tradizionale. In seguito, con le nuove trilogie, in particolare la terza, le scelte “progressiste” della saga divengono ancor più evidenti, accompagnandosi a reazioni negative di una parte del fandom che l’autore stigmatizza. Si esamina anche la presenza femminile all’interno degli spin-off, prima di trarre una conclusione sul “rosa galattico” che evidenzia la valenza positiva dell’elemento femminile nell’universo creato da Lucas.

 

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Chiude il saggio una disamina di Doctor Who a quattro mani, di Attilio Palmieri, Daniela Bortolotti, Gianluca Morozzi ed Eugenia Fattori, dove similmente, sia pure con un taglio naturalmente diverso, si analizza la presenza femminile all’interno di tale longevo universo narrativo (si tratta della serie tv ancora in produzione più lunga di sempre). Il saggio fornisce un esaustivo catalogo delle apparizioni femminili nella serie, una vasta e accurata guida che indaga nel dettaglio le varie apparizioni e i ruoli svolti.

 

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Insomma, quattro saggi che affrontano quattro grandi cosmi narrativi. A parte il saggio di Siviero su Holmes, il tema del cambiamento è indagato, in 3 casi su 4, con una particolare attenzione alla presenza femminile in quelli che sono, con buona probabilità, i tre più grandi franchise fantascientifici, almeno in ambito filmico / televisivo, sottolineando in tutti i casi il ruolo positivo assunto da tali fiction nel valorizzare il ruolo della donna in un universo futuribile. Una mappatura interessante, che potrà rivelarsi utile anche per ulteriori studi e indagini su un argomento che indubbiamente si pone come centrale nello studio della cultura pop dei prossimi anni.

Dei vari saggi si può avere un assaggio dell’incipit a questo indirizzo.

"The Stories, They Are A-Changin'" è uscito il 18 ottobre, in edizione cartacea e digitale, su www.reshstories.com e su Amazon. Il libro ha un costo di 13,00 € nella sua edizione cartacea e di 7,00 € in quella digitale.

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