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Wonder Woman 1984: il cinecomic che non ci è mancato

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Gal Gadot torna a vestire i panni di Wonder Woman in WW1984, alla regia di nuovo Patty Jenkins in quello che potrebbe essere il nuovo corso dei cinecomics, divisi tra sale ancora chiuse e piattaforme di streaming.

Per tutto il 2020, mentre si susseguivano le notizie dei rinvii cinematografici e videoludici, abbiamo iniziato a desiderare fortemente che questa catena di slittamenti finisse.
Era come assistere al gioco del Domino: una tessera slittava e a poco a poco si portava dietro tutte le altre.
La situazione dei cinema in Italia è ancora ferma al palo ma è un periodo d’oro per lo streaming con tutte le piattaforme che stanno vivendo il loro miglior momento come uniche distributrici di novità in senso assoluto.

Con ciò, le major si sono adeguate per essere sempre più indipendenti e trasformare tutto in ricavo netto seguendo il modello che è stato in parte sperimentato da Disney con Mulan.
Tra i giocatori più interessanti c’è la Warner che pare essere pronta ad un lancio mondiale della sua piattaforma HBOmax, un po’ per l’eccezionale catalogo di serie proprietarie, un po’ perché porta in dote una quantità di prodotti nuovi che ha promesso arriveranno in contemporanea sia al cinema che in sala. Notizia degli ultimi giorni è quella di Godzilla vs Kong che seguirà questo modello di distribuzione.

Il cinema quest’anno va così, nel 2022 vai a sapere.

Con solo un lag di alcuni mesi in Italia è arrivato Wonder Woman 1984, uno sfasamento quasi insignificante, molto simile all’ordinaria distribuzione cinematografica, su tutte le piattaforme di vendita e noleggio digitale. Se proprio volete farvi del male, volendo essere sarcastici.

Che c’è una sostanziale differenza che passa tra il vedere un film che richieda per ambizione e vocazione cinematografica uno schermo grosso e vedere Wonder Woman. Anzi, credo anche che la distribuzione digitale, aggirando le sale, almeno per il pubblico italiano, abbia fatto bene al film. Almeno ti permette di aggirare i suoi più evidenti limiti. Tra i primi la lunghezza e sua sorella, la noia.

Guardandolo da casa ho potuto serenamente mettere in pausa ed addormentarmi, al cinema questo avrebbe causato non poco imbarazzo.

Scherzi a parte, il film è davvero lungo: 2 ore e 30 minuti.
2 ore e 30 minuti ad un ritmo non incalzante e che quindi sono stati facilmente splittabili in due comode parti intorno all’avvio del secondo atto. Su quella sequenza che dovrebbe essere buffissima sulla scoperta delle meraviglie degli anni 80.
Su quello che dovrebbe essere un momento magico, emozionante e divertente io sono crollato.
Le parti in cui il film è stato diviso non sono diventate tre veramente per poco, perché sul terzo atto, a quello che sarebbe dovuto essere il vertice della tensione, ho ricominciato a "scapuzziare", a “riposare gli occhi” e solo a forza di “dai che sono gli ultimi 30 minuti! Oh, cavolo, ANCORA 30 minuti?!” Sono riuscito a restare sveglio.

Il secondo grande merito della distribuzione casalinga è non vedere i tanti difetti visivi del film.
Non ho patito le inquadrature strette, l’orizzonte piccolo, la scala degli avvenimenti che, seppur mondiale, è un mondo che vive molto al di fuori delle inquadrature.
La computer grafica mi è risultata meno terribile di quanto in effetti sia e ho quasi amabilmente sorvolato sugli evidenti difetti di messa in scena perchè “vabbè lo sto vedendo su uno schermo da 15’’”.

Poi ci sono  difetti proprio nella scrittura che si traducono in “quanto te ne frega di quello che stai vedendo” che sono una cosa a parte e restano invariati se parliamo di schermi grandi, piccoli o medi.
Il “diabolico piano di Maxwell Lord” non è mai veramente evidente, la risoluzione sembra stranamente assolutoria nei confronti del cattivo con la sua “redenzione” istantanea attraverso il potere della Verità.

Wonder Woman 1984 è il solito sciatto film di supereroi che ha irragionevolmente elevato a status di “regista donna più influente di Hollywood” Patty Jenkins, dato che anche volendo ignorare la sceneggiatura che comunque segue step attraverso i soliti escamotage narrativi restando in bilico tra il figurativo, il metaforico e l’infobombing, sul piatto non mette veramente niente di innovativo o meritevole di attenzione sul piano visivo e che, anzi, pare fare un passo indietro non solo dallo status del cinema contemporaneo che, anche quando il covid ci ha allontanato dai film veramente grossi, ma anche su quello del cinema di supereroi e, credo, dal diretto predecessore.

Proporzioni dello scontro ridotte anche a causa del pretesto narrativo più sciatto immaginabile, il depotenziamento dell’eroe che deve compiere una “scelta importante” tra sua umanità e salvezza dell’umanità tutta che non si vedeva in un film (meglio) da Spider-man 2, in un paragone oggettivamente ingeneroso tra due pellicole lontane anni luce.

Dall’apertura completamente avulsa dal contesto, passando per le scene di non-volo, allo scontro con Kristen Wiig nel ruolo di Cheeta la Cougar non c’è un momento in cui il film brilli per davvero.
Anzi, essendo onesti fino in fondo, credo che mentre Wonder Woman gira per Washington salvando persone facendo di tutto per non farsi vedere dalle telecamere, per 3 minuti mi è sembrato di vedere un vero film di supereroi, dove i supereroi fanno ciò che dovrebbero fare.
Se non che poi inizia la scrittura, e quindi tutti i villain hanno un loro arco esplicitato con una sproporzione di minutaggio che si tramuta in un terzo di film su Pedro Pascal biondo Trump (ormai) fuori tempo massimo in overacting che fa le faccette.

Una caratterizzazione del personaggio di Kristen Wiig che pare voglia confermare tutti gli stereotipi sbagliati sull’amicizia femminile secondo i quali le donne tra loro sono le peggiori amiche.
E sarebbe anche un personaggio “figo” se non partisse da un presupposto abbastanza superficiale a base di rivalsa e catcalling che vuole ricordare a tutti quanto gli uomini siano delle merde sessiste e che la rivincita di una donna passa inevitabilmente dalla forca caudina della trasformazione da impacciata a predatrice di uomini. La Wiig comunque estremamente carismatica si mangia qualsiasi scena in cui compare senza sfigurare al fianco di Gal Gadot se non fosse per l'icona furry nel tremendo terzo atto.

Ulteriore fonte di rammarico è l'aver sostituito l'iconico tema musicale del primo film con una robetta del tutto dimenticabile.

Wonder Woman 1984 come i desideri che si avverano nel film, sembra rispondere ad una “proposta Soros”: uno squilibrio tra il dare e l’avere nel quale il prezzo pagato è più alto di quanto ricevuto. Abbiamo finalmente (?) un nuovo film di supereroi ma questo nuovo film, dopo un anno di astinenza dal genere che secondo me non ha fatto altro che bene, è Wonder Woman 1984.

Non è una questione di essere meglio o peggio degli altri film di supereroi è come inspiegabilmente il lavoro della Jenkins riscuota tanto successo mentre altre registe no.
Dato che sfortunatamente il pubblico se ne è dimenticato, abbiamo avuto un altro film di supereroi DC nel 2020, Birds of Prey, che riusciva a fare tutto meglio nel silenzio generale.
Silenzio quando non disprezzo.
Bilanciava narrazione, l’estetica, la messa in scena, tematica di empowerment femminile in meno tempo e sorprendentemente meglio, senza essere stucchevole eppure è stato ingiustamente massacrato.

Wonder Woman 1984 è il solito film di supereroi, pedissequamente fuori tempo massimo come già il primo, con i soliti difetti di un film di supereroi senza il complesso apparato di specchi, luci e fumo a nasconderli.

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