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Twisters, un po’ remake un po’ sequel

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Quasi 30 anni dopo torniamo a caccia di tornado nelle grandi pianure americane. Del blockbuster originale restano tante citazioni e l’idea che da sempre è la Natura a sfornare i migliori effetti speciali

Sono abbastanza vecchio da ricordare il primo film sui tornado uscito al cinema nel 1996. Twister si abbattè sul pubblico all’improvviso, con decisamente meno battage pubblicitario di un altro colossal di quell’anno (Indipendence Day), cogliendoci alla sprovvista in un’era in cui non c’era ancora Internet pervasiva e dunque le notizie sui film in uscita erano decisamente più frammentarie.

Eppure parliamo di una produzione da quasi 100 milioni di dollari, tutt’altro che bruscolini per l’epoca: denaro che a schermo si era visto, tutto. A distanza di quasi 30 anni, l’idea di Michael Crichton torna sul grande schermo: dopo un paio di tentativi di un sequel diretto, Twisters (con la S finale) è una storia ambientata nello stesso universo narrativo ma totalmente slegata dal primo film. Pur tributando al successo del predecessore un bel numero di omaggi e citazioni nel corso di 2 ore.

La caccia ricomincia

Siamo nella Dry Line, la zona che si sviluppa tra Texas e Kansas passando dall’Oklahoma dove i tornado nascono e portano la propria devastazione: Kate Cooper (Daisy Edgar-Jones), dottoranda che studia proprio i fenomeni meteorologici estremi, sta provando a condurre un esperimento per trovare un modo di “spegnere” un tornado grazie a uno speciale composto chimico di sua invenzione. Insieme al suo gruppo di colleghi di studio (e amici) va a caccia di tempeste per mettere alla prova la sua idea: una caccia decisamente pericolosa, come scopriranno a proprie spese.

Ma, naturalmente, la passione e l’ambizione di Kate non si fermerà dopo questa prima drammatica esperienza: l’incontro-scontro con Tyler Owens (Glen Powell) la riporterà a caccia nelle pianure e a confrontarsi di nuovo con la furia degli elementi.

Il parallelo con la storia originaria di Twister è più che evidente: i due protagonisti vanno a caccia di tornado, dopo che uno dei due è stato colpito da un dramma personale, e nel tentativo di trovare il modo di sconfiggere la furia distruttiva della Natura troveranno forse anche il riscatto personale.

Nel mezzo ci saranno corse sulle tracce delle tempeste attraverso le pianure, scene apocalittiche della devastazione lasciata alle spalle dal passaggio del tornado, esplosioni, oggetti di qualunque forma e dimensione che volano, effetti speciali di qualità più che buona.

A dirla tutta, scopriamo qualcosa di più anche dei territori che vivono in stato di allerta costante per mesi e mesi: come portano avanti la propria vita nonostante vivano sotto la minaccia di perdere tutto ogni giorno, come affrontano le conseguenze di quanto gli accade anno dopo anno, tutti gli anni.

In Twisters ritroviamo di fatto comunque tutti i capisaldi che ci avevano divertito in Twister: ad esempio la tensione tra chi fa della caccia ai tornado una missione di vita e chi invece ritiene il meteo una questione come un’altra da gestire e risolvere. Ma pure un approccio tutto sommato realistico a come si viva alle prese con una Natura che si rivela matrigna: chi è nato in quegli stati, chi risiede lì da generazioni, non intende rinunciare ai propri luoghi natii ed è alla costante ricerca di un modo di convivere con questa situazione.

A dirla tutta, il film che dura 2 ore circa compresi i titoli di coda non decolla appieno fino a circa metà: si prende più tempo per disegnare tridimensionalmente i personaggi, per costruirgli attorno uno scenario e fornirgli delle concrete motivazioni per piazzarli lì al centro del pericolo, così come per spiegare la natura delle loro relazioni.

E poi alla fine, come ci si aspetta, c’è un mega-inseguimento-finale al cardiopalma che giustifica appieno il prezzo del biglietto: anche grazie ai progressi fatti dalla CGI in questi quasi 30 anni, e a un punto di vista del regista che sceglie di mostrare paesaggi più ampi e punti di vista ancora più spettacolari per raccontare la storia.

Cosa non mi ha convinto di Twisters

Non mi sono alzato del tutto sazio dalla poltrona al cinema, ma neppure rimpiango di aver visto questo film. Twisters è un prodotto più completo e strutturato di quanto non fosse Twister, grazie come detto a un lavoro più approfondito fatto sui personaggi nel tentativo di costruire una storia solida, che portasse sullo schermo una narrazione con un principio e una fine soddisfacenti.

Questo film, a differenza del precedente, non è un inseguimento continuo intervallato da un po’ di scene di alleggerimento comico e da qualche bistecca: l’antagonista non è un semplice segnaposto, viene bensì collocato correttamente in un rapporto conflittuale con i personaggi al centro della storia e con motivi chiari per farlo entrare in contrasto con gli ideali di Kate e Tyler. 

La sceneggiatura è evidentemente frutto di un lavoro sensato per cercare di mettere in piedi qualcosa di originale, e non una semplice rimasticazione del film originale: sebbene sia impossibile non notare l’estrema somiglianza tra i racconti e i personaggi, la versione approdata in sala (dopo molte riscritture e dopo che la protagonista del primo film, Helen Hunt, aveva provato a costruire lei stessa un sequel di cui sarebbe stata anche regista) è il risultato di un lavoro al passo coi tempi e pienamente consapevole dell’idea di base.

Non siamo certo davanti al capolavoro che cambierà la storia del cinema: ma per un film destinato a far cassa in sala d’estate è decisamente sopra la media.

Ciò che non mi ha convinto pienamente è il ritmo della storia: di un inizio lento ho già scritto sopra, ma ripensando al film del 1996 siamo proprio davanti a un risultato differente. La spiegazione è presto detta: all’epoca il regista era Jan de Bont, reduce dal successo adrenalinico di Speed, che cambiando attori aveva provato (a mio avviso con successo) a riproporre la stessa formula di corsa contro il tempo per tutta la durata del film.

Twister del ‘96 era figlio di un certo modo di narrare le storie: gettando lo spettatore nel mezzo dell’azione senza curarsi di dargli troppe spiegazioni, lasciando che fossero le azioni a parlare per i personaggi. Non vale la pena perdere tempo a giustificare le mosse del cattivo: i buoni sono lì a fargliela pagare, e state pur certi che ce la faranno prima della fine della pellicola.

Non è lo stesso in Twisters del 2024. Gli manca quella vena di ironia, grazie alla quale nel mezzo dell’azione lo spettatore poteva sorridere di quanto stava capitando ai suoi beniamini, gli manca quel non prendersi troppo sul serio.

A mio avviso, inoltre, carica eccessivamente la sindrome da technobabble: la “scienza” (o sedicente tale) che i personaggi provano a spacciare per verosimile è un po’ troppo artificiosa per risultare credibile, abbatte il tasso di sospensione dell’incredulità, si complica la vita per provare a stupire ottenendo (almeno nel mio caso) l’effetto opposto. In altre parole, ma qui siamo nel campo del parere decisamente personale, nel tentativo di renderlo più completo hanno finito per esagerare.

Questo non vi scoraggi, tuttavia. Siamo in estate, il cinema offre aria condizionata e pop corn: Twisters vi regalerà 2 ore di intrattenimento di buona qualità, senza costare troppo impegno. D’accordo, non raggiunge il livello di divertimento puro del primo film: ma questo non significa che non valga la pena goderselo sul grande schermo.

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