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The Last of Us - recap episodio 5

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Il quinto episodio di The Last of Us è un gioco di specchi e linguaggi incastonati in una puntata bilanciatissima e terribile

The Last of Us non è una serie facile, questo ormai si è capito. Anche per gli standard dei racconti a tema zombie e succedanei la compressione della trama e l’essere un sistema binario fatto di Joel e Ellie porta impone di non affezionarsi a chiunque incroci il loro cammino. Nella migliore ipotesi se ne andrà per i fatti suoi come nel terzo episodio, nella peggiore finirà come Henry e Sam in questo quinto episodio: Endure and Survive.

 

Una delle molte chiavi di lettura della puntata è il linguaggio e i legami speciali che possono creare tra le persone. La scelta di rendere Sam non udente (e farlo interpretare da un attore non udente) non solo offre un ottimo spazio di rappresentazione della disabilità all’interno di una serie popolare ma crea un legame ancora più forte con Henry. Non solo i due sono legati da un vincolo di sangue ma la lingua dei segni li rende ancora più un insieme chiuso da preservare a ogni costo.

Henry e Sam sono anche ovviamente lo specchio (altro concetto chiave) di Joel e Ellie, anche loro hanno imparato a conoscersi in modo unico, anche loro riescono a interpretarsi al di là del linguaggio verbale. Questo è evidente in due momenti: il primo è nell’imboscata con cui si è chiusa la scorsa puntata Ellie dice di non fare caso al tono di Joel, è fatto così. Il secondo è quando sempre Ellie dice che Joel è burbero e dice di no, ma alla fine cede.

 

Questo gioco di specchi va avanti per tutta la puntata. Mentre Ellie e Sam si divertono e si avvicinano usando i fumetti e la lingua dei segni per gettare ponti, riuscendo finalmente a essere bambini, Joel e Henry parlano, si confrontano, si avvicinano, come due padri single putativi che si confrontano sul tema di ciò che fanno per proteggere i più deboli.
Tutto l'episodio sarà l’ennesimo messaggio per Joel: proteggi ciò che ami, a ogni costo, esattamente come Henry ha venduto il fratello di Kathleen per salvare Sam.

 

Ancora specchi: la puntata, tra linciaggi, nascondigli e fughe mostra ciò che hanno fatto Henry e Sam fino all’arrivo di Joel e Ellie, mostrandoci l’imboscata da un altro punto di vista, ma anche un altro scorcio del miserabile mondo post cordyceps: i linciaggi, le violenze, i regolamenti di conti.

The Last of Us

Sarebbe facilissimo dire “ecco, questo momento serve a mostrarci la cattiveria del gruppo di Kathleen” ma la situazione è molto più sfumata di così. La FEDRA di Kansas City viene definita come brutale, con 20 anni alle spalle di stupri, violenze e tirannia.
Quindi chi è più cattivo? La FEDRA? Il gruppo di Kathleen? E chi ha più ragione? Henry che ha venduto suo fratello, un uomo a quanto pare da stimare, per salvare Sam o Kathleen e la sua rabbia? Esistono veramente i buoni in The Last of Us?

 

Una risposta forse l’abbiamo, riguarda Kathleen. Se l’altra volta avevamo il dubbio che la crudeltà fosse il suo linguaggio tenuto a freno dalla civiltà qua ne abbiamo la certezza.

 

Non solo per come prende in giro i prigionieri prima di farli uccidere e bruciare, non solo per la tranquillità con cui sostiene che i bambini muoiono di continuo ma perché il fratello le aveva chiaramente detto dopo l’arresto di non continuare il ciclo di vendetta, cosa che lei ha ignorato, finendo nel vicolo cieco delle faida.

 

È talmente presa dalla sua vendetta che non si rende conto di accusare Henry del suo stesso comportamento.

The Last of Us

Il resto è un episodio bilanciatissimo, che mescola col misurino azione, dialoghi, leggerezza, dolore, morte, speranza. Non c’è un minuto sprecato, non c’è un secondo che non dica qualcosa. Negli spazi in cui qualsiasi altra serie TV avrebbe languito per almeno mezza stagione The Last of Us se ne prende al massimo due e ti offre tutto ciò che ti serve per andare avanti, più traumatizzato di prima.

 

Daniele Cristaldi, una delle voci di The N3rdcore Horror Podcast Show, mi faceva notare che l’arrivo degli infetti è molto romeriano ed è assolutamente così. In Romero gli umani fanno barricate contro i mostri ma le lotte interne finiscono per comprometterli e renderli vulnerabili all’equa violenza dei non morti. Qua accade più o meno la stessa cosa in un momento potentissimo.

E pur con tutti i cambiamenti il gioco di rimandi all’opera originale non cessa, anzi, si fa più intenso.

The Last of Us

I fumetti che Ellie sta collezionando nel viaggio che rimandano a quelli che possiamo trovare nel gioco, Joel che fa il cecchino dalla finestra ma soprattutto la sezione sotterranea del rifugio, che non solo fa da specchio (ancora) alla soffitta che Sam ha riempito di disegni ma rimanda alla storia di Ish e Danny, che nel gioco veniva raccontata solo attraverso note che si potevano trovare in giro.

 

Questa, in fondo, è la grande potenza del videogioco di The Last of Us: la possibilità di creare testi con cui espandere l’ambientazione senza deragliare, senza dover spiegare troppo. Certo, c’è il rischio che solo parte dei giocatori leggano ciò che hai scritto, ma quando accade crei fortissimi legami tra autori e giocatori. Per una volta è la serie che deve rimanere nel non detto.

The Last of Us

Il resto, quel finale, non credo abbia bisogno di ulteriori commenti, ci resta solo lo sguardo di Joel di fronte alle tombe, sempre più consapevole che proteggere Ellie, una Ellise sempre più indurita, vale tutto, forse troppo.

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