The Last Duel - La recensione
Ridley Scott torna a dirigere un dramma storico per narrare le vicende dietro l'ultimo duello giudiziario di Francia.
Quando Lorenzo mi ha chiesto di buttare giù due righe su The Last Duel ho accettato entusiasta, del resto il film mi stava piacendo molto, ci ritrovavo i tratti distintivi dei migliori film di Ridley Scott, e mentre guardavo il secondo tempo rimuginavo, rimuginavo su quello che avrei scritto per descrivere il film, per raccontarvelo e per invogliarvi ad andare a vederlo.
Purtroppo non avevo pensato a come iniziare il pezzo cosicché ho pensato fosse molto arguto, molto meta, iniziare in questo modo.
Dovendo spezzare una lancia a mio favore, mi sento di dire che questa è stato il terzo incipit e che gli altri due, cancellati, erano decisamente peggio.
L’entusiasmo per il film mi ha fatto passare sopra il più grosso dei dubbi: sono la persona adatta a parlarne?
Questa cosa dei dubbi è la più recente aggiunta ai miei scrupoli morali. Nulla di grave, intendiamoci, ma film come The Last Duel fanno riflettere sulla questione della Rappresentazione, e quindi “sono la persona adatta a parlare di questo film?”
Mi sono trovato una risposta semplicistica, “Purchè se ne parli”, che credo sia la cosa più importante in assenza di una voce più consona alla materia trattata.
Perché è un film di cui si deve parlare, secondo me, e non se ne parla abbastanza.
La sala era praticamente vuota, considerando i nomi in ballo e che è stato molto apprezzato nel giro della Mostra del Cinema di Venezia la cosa mi è sembrata quantomeno sospetta, e forse quindi non se ne sta parlando abbastanza nel modo giusto.
E onestamente, non mi andava che gli unici termini nel quale si parli di questo film sono in contrasto al successo al botteghino di Venom.
Questa incolmabile distanza tra il riscontro di pubblico delle due pellicole è una chiara metafora del presente.
Il dramma storico in costume ma che parla del presente non viene cacato di striscio mentre l'ennesima puttanata supereroistica uguale alle altre che sembra un film degli anni 90 per struttura e tematiche fa il bagno di folla.
Inquadrare The Last Duel è facile.
All’apparenza un solido dramma storico come quelli che Ridley Scott sapeva fare benissimo prima di cadere nel trabocchetto Robin Hood, ma con lo scorrere dei minuti, con il dipanarsi della trama, non è stato a Kingdom of Heaven che ho pensato, no. Il film che mi è venuto in mente è stato Promising Young Woman: sono due film che, per quanto stilisticamente distanti anni luce, trattano dello stesso argomento e quindi giocano nello stesso campionato pur essendo scritti e diretti da autori completamente agli antipodi.
Quello che The Last Duel condivide con Promising Young Woman è parlare di violenza sulla donne perpetrata in modo sistemico e inconsapevole dalla società ai più svariati livelli.
Ma veniamo al film.
Il film
La storia è l’adattamento di The Last Duel: A True Story of Trial by Combat in Medieval France, romanzo storico di Eric Jager del 2004 e narra la vera storia dell’ultimo duello giudiziario avvenuto in Francia.
Jean de Carrouges sfidò a duello Jacques Le Gris a causa dell’accusa di stupro che Marguerite de Carrouges, moglie di Jean, mosse contro Le Gris.
E qui la cosa si fa interessante.
Il film è diviso in tre parti, ognuna delle quali volta a raccontare il punto di vista sulla vicenda da parte di uno dei tre protagonisti, a causa di questa struttura narrativa, in ogni capitolo gli attori interpretano lo stesso ruolo in modo totalmente diverso, come loro si immaginano e come appaiono agli altri, arrivando a cambiare completamente registro e impostazione, portamento, quindi, anche se i personaggi principali sono tre ogni volta sono mostrati aspetti del carattere diverso a secondo di chi è il narratore. È un gioco che funziona molto bene, specialmente in contesto processuale dove a doversi dimostrare è la verità.
Su quale sia la verità Ridley Scott non ha nessun dubbio, anzi.
Come accaduto già con Kingdom of Heaven, Scott utilizza un fatto storico per raccontare il presente senza ricorrere a metafore troppo complesse ma con un tono esplicito e diretto che non ammette fraintendimenti pur senza scadere nel didascalismo dimostrando, ancora una volta, un equilibrio e una maestria che non tirava fuori da un bel po’.
C'è anche da dire che ha potuto far affidamento su un team eccezionale.
Tra Matt Damon e Adam Driver è una gara di bravura a chi recita meglio, su di loro si staglia l’interpretazione di Jodie Comer (l’avete vista in Killing Eve e se non l’avete vista, recuperatela) sperando che un ruolo così intenso la lanci definitivamente come attrice al di fuori delle serie tv.
Torna a schermo anche un gigioneggiante Ben Affleck, autore insieme a Matt Damon e Nicole Holofcener della sceneggiatura, in un ruolo di supporto sostanzialmente inedito per lui, se vogliamo soprassedere alla questione del bere.
Mi aspettavo un film “piccolo”, quasi intimo dato il tema trattato eppure Scott torna a fare quello che gli riesce meglio con un’accurata, per quanto a tratti spettacolarizzata, ricostruzione storica, in un film che appare ricchissimo per una messa in scena con costumi splendidi e scenografie realistiche.
Mi sento di dire, dopo una rapida scorsa alla filmografia del regista, che questo è il miglior film di Ridley Scott degli ultimi 10 anni.
Ma parliamo un altro po' della storia.
La storia
Quello che nasce come la storia di un conflitto tra rivali e che poi diventa un racconto di violenza sulle donne e scendendo più a fondo diventa un’accurata disamina del concetto stesso di verità e su quanto questo sia arbitrario, indipendentemente dalla verità processuale.
Ci sono una serie di scene tutte molto adeguate, per quanto non proprio affilatissime, ma estremamente efficaci nel suo non andare per il sottile in cui la verità e la violenza danzano intorno alla vicenda in un complesso arazzo intrecciato col filo spinato dove i personaggi e le varie visioni degli stessi escono coerentemente rappresentati in tutta la loro meschina attualità. E tra questi la verità, il punto di vista di Marguerite, la vittima, obiettiva e coscienziosa donna estremamente moderna, forte, indipendente, pur se limitata dai costumi dell’epoca più concreta di maschi tossici, vanagloriosi e frivoli.
Marguerite è tesa tra quelli che sono aspetti ambivalenti dello stesso problema.
Jean, il marito, un uomo caduto in disgrazia a causa del capriccio di un potente, sgradevole, rude e con un ego smisurato.
Jacques, lo stupratore, che si pone come un uomo colto e cortese, nel senso stretto del termine, per poi rivelarsi meschino nel suo tentare la qualunque pur di sfuggire al giudizio.
Entrambi si sentono nel giusto, portatori di più alte virtù cavalleresche e, appunto, con Dio dalla loro parte affrontano l'ordalia che deciderà le sorti non solo dei contendenti, ma anche di Marguerite.
Sotto questo punto di vista è interessante la continuità filologia che si instaura con I Duellanti, il primo film del regista, che narrava le vicende di due soldati d'epoca napoleonica che per un ridicolo pretesto di onore passano la vita a fronteggiarsi fino ad esserne consumati.
Qui Scott intelligentemente tratta come obiettivo il punto di vista del terzo polo della contesa, tutto quello che viene tirato in mezzo quando due volontà estremamente egoiste collidono.
All’atto pratico, nessuno dei due è innocente, sono entrambi figli della società della prevaricazione, a cambiare è la legittimazione (matrimoniale) con la quale la violenza è perpetrata.
Andando avanti nei capitoli e quindi nella caratterizzazione dei personaggi, i piani di lettura raggiungono una discreta profondità fino a travalicare il 1300 della vicenda per parlare apertamente del presente.
Ma è previsto che ci sia un duello nel suo film su un duello?
Grazie per la domanda.
Non mi aspettavo ci fossero molti combattimenti oltre al duello finale, eppure Scott torna a divertirsi girando barbari massacri di uomini in armatura che fanno a spadate nel fango.
E poi c’è il duello del titolo.
Il miglior combattimento diretto da Scott dai tempi del finale del Gladiatore: pesante, brutale, sporco, sanguinoso che mi ha tenuto col fiato sospeso fino all’ultimo.
The Last Duel è un film ottimo che dietro la celata degli elmi nasconde una faccia estremamente attuale, diretto da un vecchio manico di regista in stato di grazie che quando non si perde dietro le origini degli xenomorfi sa ancora raccontare storie potenti.