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Tails of Equestria: il gioco di narrazione dei My Little Pony

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I Pony della Hasbro sono ormai un fenomeno mondiale che travalica la loro collocazione e il loro gioco di ruolo è lo strumento perfetto per un sacco di genitori nerd

A inizio 2019 è arrivata la conferma: la nona stagione di My Little Pony: Friendship is Magic sarà l’ultima della serie. La Hasbro (proprietaria dell’ormai quarantennale franchise) promette futuri sviluppi transmediali, ma è ormai probabile che la cosiddetta “G4” ( quarta generazione del fenomeno e principale responsabile della notorietà odierna ) volga al termine. Fenomeno di culto ormai quasi decennale, My Little Pony si è ritagliato un posto nell’Olimpo della pop culture grazie soprattutto al suo inatteso fandom maschile: i bronies.

 Età media venticinque anni, all’ottanta per cento uomini, e nel 2014 stimati in un numero variabile fra i 7 e i 14 milioni, i bronies evocano nell’immaginario collettivo sentimenti contrastanti  (complice anche quella fetta di comunità per la quale l’entusiasmo si è tradotto nella sessualizzazione dei pony, con abbondante produzione culturale annessa). In ogni caso i sospetti, per quanto legittimi, scompaiono non appena si approfondisce lo sguardo: non solo il fandom dei MLP non ha niente di intrinsecamente perverso, ma costituisce uno degli esempi più positivi di community nata su Internet e poi trasbordata nel reale.

A dieci anni dall’avvento della serie residua una ineliminabile porzione di mistero sul perché le estetiche “femminili” dei My Little Pony abbiano attirato così tanti uomini. Buona parte del merito è sicuramente di Lauren Faust, l’ideatrice della G4, che si è approcciata al materiale partendo da un presupposto tanto semplice quanto (evidentemente) esplosivo: “per bambine” non deve necessariamente voler dire “stucchevole, stereotipato e noioso”. Se è vero che gli episodi dello show si sono fin da subito distinti per una maggiore profondità e qualità della scrittura, il target era però pur sempre quello storico del franchise.

In ogni caso la genuina adesione dei bronies a quelle estetiche e ai valori proposti dalla serie (non solo amicizia ma gentilezza, generosità, allegria, lealtà, onestà e magia) ha trasformato il fenomeno in una tappa storica del processo di sgretolamento degli stereotipi di genere (per un approfondimento consiglio il documentario Bronies: The Extremely Unexpected Adult Fans of My Little Pony, girato nel 2012).

Esaurita la premessa (che in fondo avremmo potuto riassumere con “ potranno non piacerti i pony ma se pensi che l’amicizia sia una roba da femmine allora fatti curare ”) andiamo al sodo: a inizio 2019 Need Games annuncia la pubblicazione in italiano di Tails of Equestria, il gioco di ruolo (anzi, gioco di narrazione) ambientato nell’universo narrativo di MLP. L’annuncio concomitante alla fine della G4 è due volte più interessante, perché permette al fenomeno di continuare a vivere entro quello spazio sconfinato che è l’immaginazione collettiva dei giocatori di ruolo e sicuramente verrà accolto con piacere dai bronies più entusiasti.

Anche Tails of Equestria nasce innanzitutto come prodotto “per bambini”; tuttavia arriva a valle di un processo di consolidamento dei MLP nell’immaginario collettivo, processo a sua volta legato a doppio filo al fenomeno dei bronies. Per effetto, le estetiche di Tails of Equestria sono quelle di un prodotto che ha ricevuto e assimilato la lezione del fandom, superando quelle (per vero poche) specifiche connotazioni di genere presenti nel materiale originario - pur senza rinunciare al fascino del glitter e degli arcobaleni, che tuttavia si presentano come semplici epifenomeni della “ponyosità”. 

Non per femmine, dunque, ma sicuramente per bambini: My Little Pony non è Adventure Time (non c’è ironia e se c’è è ben poca) e chi volesse approcciare il gioco dovrà tenerne conto.  Di certo, se siete dei genitori nerd incalliti desiderosi di iniziare i propri pargoli alle meraviglie del “pen & paper”, Tails of Equestria fa per voi.  Il materiale necessario a giocare è quello di ogni gioco di ruolo “tradizionale”: carta, penna e un set di dadi. Il sistema di regole, pur non rinunciando a un’impostazione classica, riduce al minimo indispensabile gli aspetti tecnici: i pony si distinguono fra pony di terra, Unicorni e e Pegasi, e ogni personaggio è caratterizzato da una specifica affinità (gentilezza, generosità, allegria, lealtà, onestà o magia) la quale, insieme alla Particolarità (un difetto caratteristico come la paura delle altezze o la timidezza) contribuisce a tracciare le linee guida per l’interpretazione del personaggio.

Le statistiche si riducono a tre (corpo, mente e fascino) e le abilità, chiamate Talenti, sono ridotte a due (quantomeno in partenza). Su questo scheletro si innesta un meccanismo di prove e sfide molto semplice, integrato dai Simboli Amicizia, un sistema di ispirazione Fate che permette di “spendere” punti amicizia per migliorare gli esiti dei propri tiri o (più appropriatamente) dei tiri degli altri Pony.

Da giocatore di ruolo completamente digiuno in materia di MLP, ho approcciato Tails of Equestria nella convinzione di doverci aggiungere qualche strato di ironia per potermelo godere; in realtà dopo un paio d’ore spese a scorrazzare per Equestria ho intuito il fascino di una lore tanto immediata e genuina. C’è qualcosa di catartico nella possibilità offerta dal gioco di eliminare ogni layer e giocare come giocherebbe un bambino; questo, unito alle più ampie considerazioni sul potenziale educativo del gioco di ruolo come medium, lo rende un prodotto apprezzabile a ogni età, oltre che (potenzialmente) una gateway drug per il mondo dei bronies. Giocatore avvisato…

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