Super Potato va online
Il più famoso negozio di videogiochi retro del mondo sbarca su ebay per incontrare la fetta di acquirenti completamente nuova dell'ecommerce.
Nelle scorse settimane con la notizia della chiusura degli Store digitali di PsVita e PS3 da parte di Sony è tornato alla ribalta il tema della conservazione del patrimonio videoludico e abbiamo tutti iniziato a chiederci cosa succedere alle nostre console quando il supporto online verrà tagliato obbligandole allo stato vegetativo nonostante dal punto di vista elettronico queste non abbiamo nulla di malfunzionante.
Alla fine si è risolto tutto in un passo indietro da parte di Sony, decisione che terrà in vita le vecchie console ancora per del tempo, ma il dubbio rimane e molti giocatori si sono dovuti confrontare con la manifesta volatilità della propria libreria.
Di tutt'altro tenore è invece l'altra notizia che è rimbalzata nella mia bolla social tra i videogiocatori più sgamati, secondo la quale Super Potato, il più famoso negozio di retrogaming del Giappone (e quindi del mondo), si è lanciato nell'e-commerce, con la solita remissiva formalità nipponica nell'accettare le novità.
In linea di massima, se un potenziale acquirente è interessato ad un oggetto specifico, questi ha molte possibilità di trovarlo su internet, è così che va il mondo da un bel po’ di anni a questa parte. Se vuoi un raro fungo dalle proprietà psicotrope che cresce solo su di un lato di una montagna per tre mesi all’anno, c’è un sito sul web che può procurartelo e fartelo recapitare a casa in pacco anonimo senza perdere niente del suo principio psicoattivo.
Figuriamoci se domani qualcuno interessato ad acquistare uno SNES o una console Sega prima maniera ha problemi a procurarsela.
Allora perché ha riscosso tanto scalpore la notizia relativa a Super Potato?
Questa domanda se la porranno solo coloro i quali non sono mai entrati in un Super Potato. Il punto è che prima di essere un negozio Super Potato è un’idea che nasce dall’accumulo di concetti distinti che confluiscono a plasmare questa idea più alta di un luogo incantato fuori dal tempo, Shangri-la, La Mecca.
Io ho avuto la fortuna di esserci stato nel 2015, quando con Davide, uno tra i miei compagni di viaggio d’elezione, avevamo organizzato per andare in Giappone (lo ricordo come fosse ieri, quel sabato mattina di Marzo). Era ad Akihabara e quasi si poteva sentire l’aria vibrare delle frequenze dei fantasmi delle radio che si vendevano in origine nel quartiere.
Le frequenze negli anni sono cambiate, adesso l’aria risuona delle voci delle idol e del pulsare della concentrazione degli otaku.
Della vecchia vocazione del quartiere restano gli altari votivi agli angoli delle strade per la protezione dagli incendi, all’epoca molto comuni a causa della pericolosa accoppiata edifici in legno e grossa concentrazione di componenti elettroniche.
La cosa è molto giapponese nella sua apparente idiosincrasia temporale.
E quindi Akihabara, salite le scalette compatte come tutto per ottimizzare lo spazio, all’accesso di quel luogo ero come Aladdin all’imboccatura della Caverna delle Meraviglie.
L’impressione è che l’interno sia più grande dell’esterno, che sia un luogo al di fuori del tempo e dello spazio, sempre lo stesso e i punti vendita siano solo varchi d’accesso per quella specie di dimensione tasca per accumulatori seriali che si occupano di togliere dalla disponibilità del mercato non specializzato le vecchie console.
Dentro l’effetto è di un caleidoscopio: sovrapposte e compresse, imballate in sacchetti sagomati di pellicola trasparente ci sono anni, sogni e desideri sotto forma di plastica e circuiti stampati delle console e dei giochi che adesso definiremmo retro.
Una delle cose più simili alla sindrome di Stendhal che abbia provato.
È come camminare in mezzo alla storia che avviene tutta contemporaneamente e il tempo non si misura in ore ma in centimetri.
È il luogo dove trovare la forma fisica di cose che bazzicando l’ambiente videoludico si è solo sentito sussurrare nei podcast e leggere negli articoli, per certi versi è calviniano. Una cartuccia di Goldeneye lì, una di F-zero dall’altra parte, un Resident Evil spicca con il suo originale Biohazard, un Virtual Boy troneggia in bella vista e i più coraggiosi possono provarlo, come passarsi il calumet della pace che ci affilia tutti alla stessa tribù di consumatori cresciuti con gli stessi oggetti feticcio. Qualcuno dice di averci visto un Power Glow, da qualche parte, io non sono stato così fortunato e quello oscilla ancora in quello spazio metafisico tra reliquia e oggetto reale.
Le madeleine di Proust lì hanno la forma delle cartucce del Gameboy e l’odore della plastica maritata al silicio.
Ora, chiaro che l’apertura verso l’e-commerce di un negozio leader nel settore è una notizia importante accolta con grande interesse da tanti appassionati, ma questo sposta la questione sui soggetti interessati.
Ne avete veramente bisogno?
Mi spiego meglio.
Parte del fascino di Super Potato è per la Quest.
Non è tanto possedere quel gioco o quella console nel suo formato storicamente accurato, ma proprio trovarsi fisicamente lì, girare per gli scaffali, far scorrere la mano sulla superficie delle cassettine tipo rabdomante in cerca della giusta vibrazione e acquistarne una dal valore simbolico inestimabile, come a dire di essere passato in quel posto e di portarne una parte per te molto significativa via e diventarne parte, come dislocandone la memoria storia.
È un punto di vista romantico quello del Grand Tour orientale, della scoperta della cultura al di là del feticcio o dell’immagine che abbiamo ricevuto di sponda rielaborata attraverso animazione e manga che non so quanto proselitismo faccia, un po’ per la spesa, oggettivamente non ordinaria, un po’ per la dose di empatia che necessita un’esplorazione anche culturale di un luogo.
Il retrogaming vive in altre forme, meno conservatrici, meno dispendiose, utili anche a tenere la casa sgombra dell’ennesimo pezzo di plastica (in una vita fatta di pezzi di plastica).
La pirateria è una realtà, specie in questo ambito, viva e vegeta, anche etica, se consideriamo quanto di solito fa pagare Nintendo per un riconfezionamento dei suoi titoli classici, senza un effettivo lavoro di pulizia e aggiornamento, per poi sparire nel nulla.
Poi entrano in gioco discorsi particolari e casi specifici, come i retrogiocatori professionisti che hanno fatto della passione per i giochi vecchi un lavoro e divulgano al mondo il Verbo, lo spacchettano e lo consegnano ad una nuova generazione che così verrà a conoscenza di roba che, con un progressivo cambio della guardia del giornalismo videoludico, è anche fisiologico non possono conoscere data l’età e se tutti quelli che parlano oggi di videogiochi (bene o male) debbano per curriculum aver avuto a che fare con una console 8bit staremmo freschi.
Nella schiera degli acquirenti impossibile non citare i collezionisti che di quel gioco, in quella versione, evidentemente proprio non possono fare a meno, specie considerando quanto il negozio giapponese sia una garanzia in termini di conservazione dei prodotti offerti.
Ma il punto vero è che se con lo sbarco su ebay Super Potato ha aperto una porta virtuale sul suo mondo accessibile a tutti (i prezzi non sono per niente proibitivi anche considerando le spese di spedizione) dall’altro in termini sensoriali ad andarci a perdere è l’avventore occasionale alla ricerca dell’esperienza di acquistare un cimelio.
È un bilanciamento delicato quello da fare nel sollevare il dubbio sull'effettivo interesse di avere un Super Potato online sempre disponibile 24/7 perché è un attimo passare per romantico passatista che accarezza le copertine rilegate in pelle dei suoi volumi alla luce di una lampada a petrolio è un attimo.
Sfogliando il catalogo offerto da Super Potato Online è interessante osservare i prodotti, la loro forma, le etichette sulle cartucce con le illustrazioni delle versioni giapponesi di titoli da noi arrivati in un altro modo. È interessante dal punto di vista della documentazione storia, anche per la valutazione del materiale che abbiamo in casa (un Nintendo 64 può valere meno di quanto immaginiamo).
È tutto bello, tutto pratico, pulito e ordinato ma questa pulizia si trascina dietro un retrogusto di disinfettante e una sgradevole sensazione di freddo.
In fin dei conti ebuy che promette il sostegno ai piccoli commercianti, può essere stato scelto da Super Potato per vedere al di fuori del mercato interno dopo un biennio particolarmente duro economicamente alla ricerca di nuovi acquirenti che immetterebbero linfa vitale nell’attività vendendo i pezzi più facili del suo archivio.
Sto speculando, non avendo dati alla mano, ma è chiaro che un settore così di nicchia possa essere provato dalle ripercussioni economiche del covid e che debba sopravvivere pur sacrificando parte dell’aura mistica di cui i suoi punti vendita fisici sono ammantati.