Il nuovo racconto di Giacomo Bevilacqua ci presenta una città, un uomo e una missione: sopravvivere a New York senza parlare mai
Sam ha visto la sua vita andare in pezzi per colpa di una storia d’amore e adesso è una di quelle persone che incroci per strada, che sembrano normali, ma che dentro si portano tutto il peso della loro esistenza. Sam è un fotografo e adora New York. Ha pensato di scrollarsi tutto di dosso facendo un servizio sulla città, ma a modo suo: senza parlare con nessuno.
Biglietti, cenni del capo e messaggi sono ok, tutto il resto non è contemplato.
Queste sono le premesse de Il Suono del Mondo a Memoria, la nuova graphic novel di Giacomo Bevilacqua che parla di isolamento, di chiusure, di regole che ci imponiamo ma che vorremmo infrangere. Racconta di come fa male cadere, di come è bello quando ci tendono la mano e di quanto è difficile riuscire ad afferrarla.
È il suo primo racconto “lungo”, la sua prima opera “seria” e adesso basta con le virgolette perché a pensarci bene tutto il suo lavoro con A Panda Piace è stato sia lungo che serio, soprattutto per la dedizione e l’impegno.
Grazie ai social network ho potuto seguire la genesi de Il Suono del Mondo a Memoria fin dai primi bozzetti, appassionandomi alle fatiche di Giacomo che passava le giornate chino sulla tavoletta grafica per trasferirvi tutti i dettagli, tutti i colori e tutte le sfumature che fanno parte dell’immaginario di chiunque abbia visto almeno un film ambientato a New York. Tavola dopo tavola mi sono innamorato di questo racconto ancora prima di averne letto una sola parola, tale era la bellezza dei disegni.
Perché New York è così come ve la immaginate, è così come la vedete nelle foto e nei film. Non è come Milano, Parigi, Londra o altri posti famosi che ci vai e alla fine si rivelano esperienze filtrate. New York non dice bugie, il brutto e il bello sono tutti là, così come la vibrazione di fondo che sembra contagiare l’intera città in un misto di traffico, gente, idee e metropolitane che avverti solo quando ti fermi un attimo.
E tutto questo è compresso in maniera perfetta in ogni pagina di un libro che rappresenta un ulteriore passo nella maturazione di un artista che ha messo tutto il suo entusiasmo al servizio del suo lavoro, senza mai riposare o cercare soluzioni facili. Lo stile a volte cartoonesco di Giacomo si mescola a un’incredibile cura per i dettagli, fatta di centinaia di finestre, riflessi, persone e colori che escono dalla pagina e quasi sembrano dire “Scommetto che non riesci a leggere perché sei troppo impegnato a vedere quanto siamo belli”.
Tutte queste belle parole potrebbero essere influenzate dal fatto che conosco Giacomo e nutro per lui una grandissima stima, ma visto che ammiro veramente poca gente al mondo, la cosa dovrebbe farvi pensare.
Vorrei potervi direi di più sul libro, vorrei poter parlare dei tanti livelli di lettura, vorrei raccontarvi dei momenti che mi hanno emozionato di più, di quelli che ho sentito più miei, ma significherebbe togliervi il piacere di scoprire un racconto dolce, triste, malinconico, ma ricco di speranza e vita.
Del resto Giacomo, come tutte le persone che sanno divertire, quando decide di pestare duro sul piano delle emozioni riesce a trovare nel lettore quel confine tra malinconia, speranza, allegria e tristezza e a metterci una bandiera, una sonda mentale che scava e prima o poi qualcosa trova.
E in me ha toccato tante corde. Diciamo solo che per lavoro mi capita spesso di viaggiare da solo, dunque di parlare poco e di ridurre al minimo le interazioni sociali che spesso non vanno oltre il tassista o il concierge. Mitico no? A volte sì, poi arrivi al terzo giorno di silenzio e ti rendi conto che daresti un braccio per parlare con qualcuno a cui vuoi bene.
Ecco, alla fine de Il Suono del Mondo a Memoria ti senti come dopo il “Ciao” detto a una persona che ti aspetta all’aeroporto con un sorriso sulle labbra.
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