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Riders Republic ci racconta lo sport in cui tutti possono divertirsi

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Riders Republic è l'esaltazione dello sport nel modo più inaspettato, dove conta solo divertirsi senza tanto agonismo.

Anni fa uno dei miei più grandi amori videoludici è stato quella piccola gemma nascosta di Steep, titolo sportivo di Ubisoft che ricordiamo io, i miei genitori e i creatori. Pur godendo di una popolarità comunque sufficiente a popolare i server dell'epoca, Steep è stata una meteora che ha colpito chiunque cercasse un titolo sportivo capace di andare ben oltre la semplice esaltazione dello sport. Steep era natura, tecnica, paesaggio e acrobazia, un mix strano ma così convincente da incatenare alle gare tutti noi giocatori della domenica che al massimo di sportivo abbiamo toccato sì e no Tony Hawk.

Mentre il mondo automobilistico ha tutto il suo microuniverso fatto di robe impressionanti, chi apprezza gli sport invernali o montani o le biciclette si ritrova con quasi zero valide alternative per viverle in ambito videoludico, fattore essenziale per quello che è stato il successo dell'estrema nicchia di Steep. I sogni però finiscono e invecchiano, ma in cuor mio ho sempre sperato che la magia potesse compiersi di nuovo e così è stato con Riders Republic, ovvero quello che considero l'erede più ribelle di Steep in tutto e per tutto. Più discipline, più biomi, più stile e ancora più natura, Riders Republic è l'idea del divertimento sportivo fatta libertà in compagnia, una definizione che già dovrebbe spingervi all'acquisto senza ulteriori dubbi.

Da una parte credo che parte di ciò che rendeva Steep quel che è diventato era proprio la mezza maturità con cui affrontava certe cose, come le Storie delle Montagne che i giocatori dovevano conquistare per progredire nei ranghi del gioco. Riders Republic conferma ancora quella struttura a gradi, ma passa dal voler raccontare gli spiriti delle foreste a un festival fatto di sponsor, adolescenti e selfie che più si addice a un pubblico giovane di collegiali americani per cui lo sport è più stile di vita che accessorio. Per me è difficilissimo immedesimarmi nel target a cui si appella Riders Republic, tuttavia la genuinità dell'approccio ha fatto sì che riuscissi a sentirmi parte integrante di quella comunità di tizi in costume esattamente come il novellino del manubrio che devo interpretare. Se poi mi mettono le storie dei personaggi di "sfondo" come se fossero scene di un documentario con tanto di inquadrature a tre quarti, l'effetto coinvolgente ha ancora più effetto su quelli che apprezzano queste chicche sottili, come il sottoscritto.

Quell'HUB dalle fattezze di villaggio vacanze ricco di vita artificiale e reale è la perfetta rappresentazione dell'anima di Riders Republic, la quale è più che altro un crogiolo di idee, ispirazioni e discipline. Dove vi girate, troverete sfide e gare per appagare qualsiasi desiderio sportivo abbiate in mente, dalle discese in bicicletta ai trick sullo snowboard per poi passare alle tute alari con jetpack. Il manifesto di Riders Republic è che tutto deve asservire il puro divertimento, ogni persona si deve piegare alle proprie pulsioni e infine lasciare indietro ogni tipo di inibizione, perfino quella del dolore che si ha cadendo dalle cime di canyon ampi quanto Manhattan.

Nel titolo di Ubisoft le prestazioni e la bravura contano fino a un certo punto, è una sorta di patto per cui il giocatore si impegna a essere il più spericolato possibile per ottenere fama e gloria, tradotta nella classica formula delle stelle e dei livelli con sblocchi. Se gli audaci sono favoriti nel momento in cui decidono di provare a rendere il massimo con la loro bravura, Riders Republic non lascia indietro chi vuole prendere gli sport estremi solo per svagarsi, garantendo quindi una modalità con controlli facilitati ma che - inevitabilmente - minerà il punteggio ottenibile.

Credo fermamente che questo compromesso sia una delle carte vincenti nella mano della repubblica dei riders, se non una delle sue bandiere migliori, considerando quanto facilmente permette a chiunque non solo di accedere e completare tutti i contenuti del gioco senza cancelli dettati dell'abilità individuale, ma è anche un sistema strutturato per far sì che si possa imparare tutte le tecniche necessarie anche essendo guidati dal sistema artificiale. Non è quindi qualcosa vicina alle combo automatiche di Marvel vs Capcom, piuttosto è una rampa di lancia verso il riuscire a dominare i trucchi più complessi e così ogni titolo sportivo del genere dovrebbe essere.

La chiave di Riders Republic, quella che conquista il pubblico e le numerose recensioni positive ottenute, è proprio quella di essere un parco giochi per chiunque e non è cosa da poco. Tra costumi sgargianti e location da vere competizioni Redbull, non c'è un luogo dell'immaginario sportivo di Ubisoft che è precluso, anzi l'invito a esplorare il più possibile e magari in compagnia, poiché gli sport non esisterebbero senza quel sentimento di aggregazione che più li contraddistingue. In termini di gameplay questo si traduce nelle Mass Races, ovvero gare (alle volte anche multidisciplinari) dove un mare di giocatori si fionda nella stessa istanza per eleggere il migliore del branco.

Grazie a prestazioni abbastanza solide da parte del gioco, le Mass Races sono una scarica di adrenalina che vale da sola il prezzo del ricco biglietto del gioco, dimostrandosi come l'elemento migliore per capire quale sia lo spirito particolare di Riders Republic e viverlo proprio con la consapevolezza di essere davanti a un gioco che può essere anche un punto di ritrovo per tutti i giorni, meglio se con un gruppo di amici. Anche Steep, bene o male, voleva provare questa strada seguendo l'idea di The Crew, ma lì ancora c'era una dimensione intima o singola predominante in molte delle sue attività. Qui è l'esatto opposto, per stare da soli dovrete impegnarvi davvero e a mio giudizio sarebbe comunque un peccato isolarsi dalla massa.

La natura da live service non certo un mistero e per quanto si possa storcere il naso di fronte a pass, eventi o particolari attività limitate, forse è proprio nei giochi sportivi che tali meccanismi hanno senso, anzi forse sono la migliore traduzione di quello che è l'ecosistema delle discipline come il biking e gli sport invernali: competizioni occasionali, premi unici e nuovi modi per vivere la propria attività, pur sempre rispettando il contesto di un gioco che fa della pazzia un mantra e quindi può capitare anche l'evento più divertente che competitivo. La vastità di ambienti, situazioni e personaggi, combinata con la costante presenza di altri giocatori, rende il mondo virtuale di Riders Republic qualcosa che si ha davvero voglia di scoprire giorno per giorno, non un obbligo a rientrare in partita per quel bottino limitato o per far insulsi livelli statistici.

Loggate per divertirvi, per trovare quella mezzora di svago in sella a una bicicletta o per organizzare tornei con i vostri conoscenti o estranei online su disparati server Discord. L'aggregazione fatta come si deve e con i giusti stimoli: ecco il pregio più significativo dello sportivo di Ubisoft, nato proprio da un collettivo di team di sviluppatori che hanno ben capito cosa bisogna fare per unire il pubblico senza per forza incatenarlo a meccanismi ludici fin troppo classici. Non sarà certo un'esperienza cinematica, né un open world gotico con la stessa attrattiva degli ultimi 10 anni, eppure Riders Republic è riuscito a conquistarmi come nessun altro gioco "in evoluzione" aveva mai fatto, ed era anche ora.

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