Premio Coco 2021: intervista ad Alessandro Di Nocera
Alessandro Di Nocera, presidente del Premio Coco di Etna Comics, ci parla dei premi della terza edizione - con Nerdcore sempre in giuria.
In questo 2021 è giunto alla sua terza edizione il Premio Coco, il premio fumettistico dedicato al grande cartoonist originario di Biancavilla, e assegnato nel contesto di Etna Comics, importante manifestazione fumettistica siciliana. Nonostante le restrizioni dettate dalla pandemia e la conseguente modalità online, la terza edizione del Premio Coco dimostra la solidità del premio che continua ad essere occasione preziosa per riflettere sul fumetto.
Per l’anno 2021 sono state individuate come realtà di riferimento le redazioni delle testate online Comicus.it, N3rdcore.it e Meganerd.it, insieme ai centri culturali WOW Spazio Fumetto – Museo del Fumetto di Milano, Centro Fumetto “Andrea Pazienza” di Cremona e Fumettomania Factory di Barcellona Pozzo di Gotto. Hanno partecipato, inoltre: il gruppo di giornalisti di Sky TG24 che anima la sezione specializzata “Fumettopolis” (Vittorio Eboli, Gabriele Lippi e Cristian Paolini) e, a titolo individuale, l’editor DeAgostini Elisabetta Sedda; la direttrice della Galleria HDE di Napoli Francesca Di Transo; la giornalista delle pagine web de “la Repubblica” Cristina Zagaria; la dottoressa Filomena Avagliano (psicologa jr./sessuologa, tutor DSA, attivista e militante femminista, studiosa della gender culture); lo scrittore, musicista e speaker radiofonico di Radio 105 Rosario Pellecchia; il giornalista de “Il Mattino” nonché docente dell’Accademia di Belle Arti Diego Del Pozzo; il giornalista free lance (“la Stampa”, “Esquire”, “Vanity Fair”, “Wired”, “GQ”, “Best Movie”) Gianmaria Tammaro. Della Giuria di Qualità hanno fatto parte anche il Direttore di Etna Comics, Antonio Mannino, e il responsabile dell’Area Comics del Festival, Enrico Scarpello Lucania.
Come da consuetudine, noi di Nerdcore cogliamo l'occasione per un dialogo con il presidente della giuria, Alessandro Di Nocera, per fare il punto sullo stato del fumetto così come emerge dalle scelte del premio stesso (qui e qui le puntate precedenti)
Caro Alessandro, ben ritrovato come ogni anno a quella che sta diventando una nostra piccola tradizione: fare il punto sui Premi Coco di Etna Comics, da te presieduti, giunti ormai alla terza edizione.
Ciao, Lorenzo. Ed è come sempre un grande piacere conversare con te, anche se di chiacchierate tra di noi in questi ultimi mesi non ne sono mancate, visto che ho avuto l’onore di averti nella Giuria di Qualità.
Il premio per il miglior sceneggiatore è andato a Moreno Burattini, un decano del fumetto italiano, curatore di “Zagor”, seconda testata bonelliana più longeva dopo “Tex”. Una firma importante del fumetto popolare.
Il Premio Coco è fin dall’inizio rivolto anche a dare il giusto peso a figure che all’interno dell’industria fumettistica hanno lavorato e lavorano tantissimo venendo, tuttavia, quasi dati per scontati. E questo pur operando in modo dinamico, senza riposare sugli allori o su comodi tran tran. Con l’imprimatur di Sergio Bonelli in persona, Burattini tiene le redini delle testate dedicate “Zagor” da più di tre decenni. E negli ultimi anni ha sperimentato per il personaggio nuovi format e nuove tematiche senza però mai tradire gli elementi basici sui quali si fonda l’architettura narrativa all’interno della quale lo Spirito con la Scure si muove. In “Zagor: Darkwood Novels”, per esempio – la miniserie per la quale, nello specifico, Burattini è stato insignito del premio Coco – lo sceneggiatore non solo si è allontanato dalla tipica “gabbia bonelliana” delle tavole, infondendo nelle storie un’inedita struttura e un rinnovato dinamismo, ma ci ha fatto scoprire aspetti del Re di Darkwood che erano rimasti sottaciuti pur essendo presenti fin dall’inizio: Zagor è un eroe romantico; non disdegna passioni, ardori e amori; si muove in ambientazioni dark che però riesce ad attraversare senza pesantezze; ha un aspetto malinconico mitigato dallo sguardo comico della sua spalla Cico. In “Zagor: Darkwood Novels” compaiono affascinanti dark lady, gli episodi pongono l’attenzione sulla natura con uno spirito alla “Ken Parker”, vi compare il tema dell’omosessualità. Si tratta di una miniserie che ci dona un nuovo sguardo su un eroe non scontato, anche a sessant’anni esatti di distanza dalla sua creazione. Il riconoscimento a Burattini, appoggiato con entusiasmo dai membri della Giuria di Qualità, mi rende molto contento.
Come miglior disegnatore, si è scelto Silvio Camboni, per il suo notevole “Mickey e l'Oceano Perduto”.
Dopo i primi due anni del Premio, durante i quali le onorificenze erano andate ad autori e serie d’impianto realistico, mi sembrava, da presidente, che fosse giunto il momento di aprirsi ad altri stili narrativi e ad altre tipologie di segno grafico. Avevo già notato il lavoro di Camboni su “Mickey e l’Oceano Perduto”, ma è stato Gennaro Costanzo di Comicus.it – un ottimo esperto di storie e tendenze Disney – a darmi la spinta necessaria per proporre la candidatura alla Giuria, che, come ben sai, l’ha accolta con entusiasmo. Abbiamo ovviamente esplorato il tratto del disegnatore sardo, scindendolo dall’effetto dirompente che la stupenda parte cromatica curata da Gaspard Yvan e Jessica Bodart dona alle tavole di Camboni. Ne è nata una discussione assai interessante che ci ha portato ad analizzare il modo in cui Camboni lavora per creare dei piani specifici e fornire attente indicazioni atte ad aiutare i coloristi a comprendere che tipo di effetto infondere alle sue illustrazioni. Camboni è un disegnatore molto intelligente che porta avanti con abilità tecnica e grande sensibilità un’idea di sense of wonder e di narrazione che ha le sue radici in Romano Scarpa e in Giovan Battista Carpi. Ma assieme a lui il mondo Disney ci offre oggi tanti altri autori altrettanto incredibili. Per il futuro, la Giuria del Premio Coco non ha alcuna intenzione di trascurarli. Tutt’altro.
Una caratteristica del Premio Coco è quella di prevedere un riconoscimento per i coloristi, andato quest'anno a Fabiana Mascolo. Si tratta di uno specifico non ancora così riconosciuto a livello di premi italiani, nonostante l'indubbia importanza di questo comparto.
È vero ed è stranissimo, forse perché il colore è stato per decenni lontano dal fumetto popolare mainstream italiano e, quando c’era, veniva visto soltanto come un elemento attrattivo, ma non sostanziale. Non a caso soltanto oggi ci si rende pienamente conto della eccezionali abilità di acquarellista di un Hugo Pratt. I giganti del fumetto nostrano sono tutti ricordati per il loro bianco e nero, di cui erano maestri indiscussi, ma non pochi di essi possedevano una sensibilità cromatica fuori scala: basta pensare a Sergio Toppi, ad Attilio Micheluzzi o ad Angelo Stano, solo per fare i primi tre nomi che mi vengono in mente.
Fabiana Mascolo giunge dopo Giovanna Niro e Luca Saponti. La prima ha un’impronta espressionista che esplode letteralmente quando incontra stili grafici come quello di Werther Dell’Edera, il secondo è un iperrealista che regala ulteriore profondità e riverberi a segni corposi e realistici. I cromatismi di Mascolo posseggono invece un’impronta onirica che sa circonfondere di magia e mistero una tipologia di disegno rotonda, limpida, dalle linee precise e sinuose come quella adottata da Marianna Ignazzi su “An Unkindness of Ravens”. Mascolo – non è un caso – è anche un’eccellente disegnatrice, con piena coscienza della propria arte e del proprio mestiere. Un’autrice da tenere d’occhio, ma che, come sempre accade, ha l’unico “difetto” di essere stata finora pubblicata principalmente all’estero e solo in seconda battuta in Italia. Il Premio Coco tiene conto anche di queste realtà professionali che corrono il rischio di scomparire dinanzi a sguardi critici incapaci di guardare con attenzione oltre i confini nazionali.
A proposito: potrebbe avere un senso, in futuro, prevedere anche un premio per il lettering, come previsto per esempio agli Eisner Awards?
Guarda, i premi da instaurare potrebbero essere molteplici, ma richiederebbero competenze tecniche sempre più specifiche. Un premio per le migliori traduzioni, per esempio, così come auspicato sul palco del Teatro del Giglio nel corso della cerimonia di consegna dei Lucca Awards. Oppure per la migliore qualità cartotecnica. Occorrerebbero però giurie assai più allargate e una capacità di entrare nei dettagli che, anche a fronte dell’enorme quantità di materiale lanciato nelle edicole e nelle librerie, incontrerebbe comunque notevoli difficoltà di approccio. Missione non impossibile, certo, ma in ogni caso assai complessa. Bisognerebbe ragionarci su.
Nella categoria “Migliore Autore Unico” si è scelta Grazia La Padula, autrice dal grande talento, emersa sul nuovo “Linus” di Igort e forse ancora relativamente poco nota al grande pubblico del fumetto.
La Padula è un classico caso da Premio Coco: un’autrice incredibile che nel 2007, quando aveva solo sedici anni, conquista il Premio Jeunes Talentes al Festival di Angouleme, incomincia a lavorare in maniera anche piuttosto prolifica per il mercato francese, ma, di contro, scompare dai radar italiani. Le sue opere giungono in seconda battuta all’interno dei nostri confini e questo in qualche modo finisce col limitare la percezione che la critica ha di lei. È un’illustratrice che trova i suoi corrispettivi in maestri sudamericani come Domingo Mandrafina e Carlos Nine: stessa verve grafica, stesso senso delle inquadrature e dello storytelling, stessa capacità di affrontare il realismo, l’astrazione, il grottesco, il surreale. Sa muoversi senza problemi tra fumetto e illustrazione, denotando una padronanza magistrale del tratto grafico e del colore (i suoi acquarelli sono fenomenali). Pur avendo lavorato principalmente su sceneggiature altrui ci sono bastate una decina di sue tavole dedicate a David Bowie e a Franco Battiato e apparse su “Linus” per ricordarci la sua statura di autrice unica. Ci è venuto in aiuto per vie indirette il grande Lorenzo Mattotti, dichiarando di recente che in passato bisognava saper condensare storie anche piuttosto complesse in un ridotto numero di pagine, mentre oggi invece abbiamo spesso graphic novel lunghissimi fondati su ideuzze. Con le storie pubblicate sulla rivista diretta da Igort e edita da La Nave di Teseo, La Padula ci ha ricordato, con la ricchezza della sua arte e della sua narrazione, un altro modo di intendere il fumetto.
Come miglior libro si è scelto “Parle-moi d'amour” di Vanna Vinci, che è invece un nome importante del fumetto italiano, forse meno ricordato di quanto si dovrebbe. Al di là dello specifico del premio, che ha le sue ragioni autonome, un punto di forza del Premio Coco mi pare essere l'attenzione a un palmares equilibrato, tenendo il dovuto conto della presenza delle autrici nel fumetto italiano.
Sì, è stato così fin dall’inizio. E anche per questo, da direttore del Premio Coco sto cercando di ampliare la presenza femminile all’interno di una Giuria di Qualità già piuttosto folta. Le indicazioni di giurate come Nadia Terranova – che quest’anno, per evitare conflitti di interessi, non ha preso parte ai lavori in quanto ha pubblicato il bel “Caravaggio e la Ragazza”, disegnato da Lelio Bonaccorso e edito da Feltrinelli Comics –, Elisabetta Sedda e Cristina Zagaria ci hanno aiutati a mantenere questo necessario equilibrio. E a loro si sono aggiunte new entry come la psicologa Filomena Avagliano e la gallerista Francesca Di Transo. Senza dimenticare che la redazione di Meganerd – facente parte della Giuria e organizzatrice, in questi due anni funesti di pandemia, delle premiazioni in diretta streaming – è ad altissima composizione femminile. Nel caso di Vanna Vinci, però, il primo a proporre il suo libro per il premio Coco è stato Riccardo Corbò, il mio irrinunciabile senior consultant, che nutre da sempre un amore sviscerato per l’arte fumettistica di Vinci. Una candidatura che è stata subito accolta con entusiasmo.
7
La miglior serie va invece a “The Prism” di Matteo De Longis, un fumetto visionario con una affascinante estrapolazione futuribile che passa per tavole di grande bellezza visiva. In questa opera appare centrale il tema della musica, che potrebbe quasi sembrare un sottile fil rouge di questa annata dei Coco, magari con un pensiero al Maestro Battiato che ci ha lasciati, e che qui appare in un cameo.
De Longis è una vera è propria sorpresa, un illustratore che alla sua opera prima a fumetti denota uno storytelling, una sensibilità cromatica, un’attenzione al character design e ai dettagli ambientali degni dei manga e degli anime più celebrati. Il Premio Coco non bada alla longevità di una serie: se un titolo si propone di indicare una nuova, credibile, interessante strada percorribile nell’ambito della serialità, allora basta solo un volume, come nel caso di “The Prism” o, in precedenza, di “Cosma & Mito” di Zurlo e Filosa. Nell’opera di De Longis l’esperienza del lettore parte dalla percezione tattile del volume – la produzione di Bao Publishing sarebbe degna di un lungo discorso a parte – travalicando poi in vari modi i limiti della pagina cartacea. Come evidenziato da Rosario Pellecchia (il Ross di Radio 105) che ho l’onore di aver avuto per il secondo anno consecutivo nella Giuria, “The Prism” è un graphic novel che emana musica senza inseguirla in maniera macchinosa o puramente citazionistica: possiede un ritmo, una melodia, un arrangiamento che emergono dalle immagini. E, per citare ancora Pellecchia, è un fumetto “sexy” nell’accezione più contemporanea e artistica del termine.
Sì, il leitmotiv musicale ha improntato il Premio Coco di quest’anno. Il Coco si propone fin dai suoi esordi di seguire una linea discorsiva che accomuna le categorie in tematiche conformi: il femminile nella prima edizione; i confini, le aperture e le inclusioni nella seconda. Non avviene in maniera consapevole, ma perché cerchiamo di sondare il tempo presente per decidere chi premiare, cosa considerare e perché. Quest’anno la morte di Franco Battiato ha segnato la cultura popolare e si sono creati molteplici connubi tra fumetto e musica: basta pensare a Carmine di Giandomenico e alla sua collaborazione con Claudio Baglioni; a Massimo Giacon che rievoca cento concerti in “Masticando KM di Rumore”, a Brunori Sas che accoglie cartoonist e illustratori nel suo mondo cantautorale, a Caparezza che chiama Wallie a realizzare un suo videoclip. E si potrebbe continuare a lungo. Il Premio Coco 2021 ha così dato vita a un palmares dove troviamo Grazia La Padula che viene premiata per i suoi fumetti “musicali”; Matteo de Longis – che porta avanti anche un’attività di pop-rocker – che studia e realizza un fumetto che propone suoni e vibrazioni; i ragazzi di Meganerd che assegnano il loro riconoscimento specifico all’incrocio tra la poesia di Vasco Rossi e l’universo postmoderno di Dylan Dog; Andrea Sorrentino che concepisce i suoi albi come vere e proprie partiture musicali.
Avviene tutto in maniera al contempo casuale e logica, frutto di istinto e ragionamento, di idee slegate che si incanalano in un unico percorso. Un premio di settore ancorato allo spirito del tempo dovrebbe essere sempre così.
Vasco Rossi e l’Indagatore dell’Incubo: considerando le tue parole, appare quasi un fenomeno di serendipità il fatto che i colleghi di MegaNerd abbiano voluto premiare, col Premio Speciale intitolato alla loro testata, il numero 420 di Dylan Dog, di Barbara Baraldi e Daniele Furnò.
MegaNerd rappresenta il lato pop estremo all’interno del Premio Coco. È una redazione che contribuisce a farci mantenere i piedi per terra, ricordandoci l’importanza vitale del fumetto mainstream. Senza contare il fatto che le sue competenze sono state determinanti per permettere al Coco di mantenere vivo lo spirito di Etna Comics, manifestazione la cui sopravvivenza è stata messa a dura prova dalle chiusure forzate legate alla disgraziata pandemia che ancora ci attanaglia. Il riconoscimento a “Jenny” – che fa seguito a quello dello scorso anno, attribuito a “Samuel Stern” – non solo attesta i meriti narrativi e artistici di una storia che colpisce per la sua dolorosa malinconia e gli snodi che la contraddistinguono, ma rappresenta uno schiaffo in faccia a coloro che sui social sbraitano come i vecchi bacucchi dell’Ottocento e d’inizio Novecento, quelli che si opponevano al moderno gioco delle contaminazioni, al “commerciale”, vagheggiando purezze formali e rigori d’autore.
“Jenny” rappresenta infatti l’apice di un’eccellente trilogia legata ad alcune canzoni di Vasco Rossi e di cui fanno parte pure “Sally” di Paola Barbato e Corrado Roi e “Albachiara” di Gabriella Contu e Sergio Gerasi. Tra albi che in appendice contengono un’intervista al rocker di Zocca curata da Luca Crovi. È un’iniziativa che ci parla di un fumetto popolare italiano che ragiona finalmente in forma transmediale, che mette in evidenza il ruolo delle scrittrici in un’industria dominata per decenni da autori maschi, che non si fa scrupolo di scombinare le carte per ripensare l’entertainment. Eppure gli autoproclamatisi gatekeepers dei social non hanno esitato a parlare di “salto dello squalo”.
Ebbene, la “Trilogia di Vasco Rossi” non solo costituisce uno degli apici della serie di “Dylan Dog”, ma si può considerare anche come un indiscutibile successo commerciale che ha riportato le vendite della testata a cifre da fine anni Ottanta. Ad attestare che certe scollature non si registrano solo in ambito critico, ma si fanno sempre più frequenti anche in quello dei lettori comuni. E questo è per certi versi ancora più preoccupante.
A proposito di Andrea Sorrentino: molto interessante a mio avviso il Premio WOW, dedicato all'Eccellenza italiana nel mondo, quest'anno andato all’artista campano per il suo stupefacente lavoro su “Gideon Falls”. L'idea di valorizzare gli autori italiani maggiormente attivi all'estero mi sembra un'altra prospettiva innovativa del Coco.
Sara Pichelli, la prima a conseguire il premio in questa categoria, aveva vinto l’Eagle Award, la maggiore onorificenza britannica di settore; l’Harvey Award, che negli USA ha un’importanza quasi pari all’Eisner, e ben due Stan Lee Awards. È arrivata perfino all’Oscar, ma in Italia ha dovuto attendere il Premio Coco per ottenere un primo riconoscimento di settore. Lo stesso è accaduto con Mirka Andolfo: prima di ricevere il Coco non aveva mai avuto considerazione all’interno dei nostri confini, mentre invece all’estero conquistava pubblico e critica.
Si tratta di un fenomeno sconcertante. Andrea Sorrentino è attivo da anni, ha potuto godere di contratti di esclusiva sia con la Marvel che con la DC Comics, possiede una dimensione artistica inconfondibile e ha vinto un Eisner Award al San Diego Comicon. Eppure in Italia, quando non appariva addirittura invisibile veniva puntualmente scavalcato in improbabili set di nomination. Persino Zerocalcare l’ha omaggiato nella sua serie TV su Netflix, ma i più storici e blasonati premi di settore nostrani hanno continuato a ignorarlo. Il Premio Coco sta ponendo l’accento su questo andazzo che non fa altro che gettare un alone di scarsa credibilità sulla critica fumettistica del nostro Paese, che procede davvero troppo spesso per mode e luoghi comuni.
Colgo l'occasione di questa intervista per una domanda non strettamente correlata al Premio Coco, ma che riguarda comunque il tuo ruolo di critico fumettistico: quest'anno hai partecipato anche alla giuria dei Lucca Awards, per l’attribuzione dei Gran Guinigi e degli Yellow Kids. Lucca Comics & Games è tra le prime manifestazioni di settore a livello europeo e mondiale. Cosa ti piace ricordare ed evidenziare di questa tua esperienza?
Lo considero innanzitutto come un grandissimo onore e non posso che ringraziare il patron della kermesse Emanuele Vietina e il responsabile di settore Giovanni Russo per avermi coinvolto nell’iniziativa. Il confronto tra i giurati è stato incredibilmente interessante e proficuo: ho potuto incontrare di nuovo Ettore Gabrielli de lo Spazio Bianco, persona di straordinaria sensibilità e competenza; ho potuto conversare a lungo con Manuele Fior, insignito l’anno scorso del Premio Coco per il suo “Celestia”; ho conosciuto Vittoria Macioci, disegnatrice italiana di formazione francese e dotata di uno sguardo critico e artistico inusuale. È stato emozionante decidere, in videoconferenza coi rappresentanti della Galleria degli Uffizi e del Ministero della Cultura, a chi attribuire il riconoscimento di Maestro del Fumetto. L’investitura – la prima in assoluto per quella che diventerà un evento chiave dei Lucca Awards – è stata data a Lorenzo Mattotti e i ragionamenti critici che l’hanno sostenuta, tra le varie candidature emerse, resteranno per me indimenticabili.
Per quanto riguarda il resto, si tratta di Premi che prevedono una lettura intensiva e a breve termine di molti volumi e un confronto serrato tra i giudici della durata di alcune ore. I lavori sono andati avanti nel migliore dei modi perché eravamo tutti ricettivi e aperti, nessuno aveva intenzione di imporre le proprie idee agli altri, eravamo tutti reciprocamente colpiti dai ragionamenti e dagli appunti che ciascuno di noi formulava. Serenità, sorrisi e complimenti vicendevoli rivolti in maniera convinta e sincera sono stati il miglior compenso che ognuno di noi poteva sperare di ottenere. Eravamo tutti soddisfattissimi del palmares che ne è emerso. E quando nel corso della serata di gala mi si è avvicinato un giornalista e critico che rispetto tantissimo, una persona attenta e dai gusti non facili, complimentandosi per le scelte effettuate dalla giuria, non ho potuto che gioirne doppiamente.
Si è trattata di un’esperienza che mi ha gratificato anche in qualità di direttore del Premio Coco. Lucca Comics & Games è la capostipite delle kermesse fumettistiche italiane; come hai ben detto, una delle più importanti del mondo. Intimamente, l’ho vissuta come una sorta di commovente imprimatur.
Ringraziamo ancora di cuore Alessandro Di Nocera per la sua solita grande disponibilità dimostrata in questa ampia e puntuale intervista, e vi diamo appuntamento al Premio Coco 2022, per continuare ad indagare la grande bellezza del medium che amiamo, il fumetto.