Degli antichi e dei moderni al Comicon 2019.
I vincitori del Premio Micheluzzi hanno fatto discutere molto esperti e appassionati del fumetto, ecco la nostra analisi a cura di Lorenzo Barberis
Come ogni anno, il Comicon di Napoli (manifestazione fumettistica in continua crescita di importanza sullo scenario nazionale) ha visto la celebrazione dei Premi Micheluzzi, dedicati al fumetto italiano di quest'anno. Questo tipo di competizioni producono spesso dei distinguo da parte dei vari operatori del settore, per l'inevitabile impossibilità di un'oggettività assoluta in campo estetico. Quest'anno, tuttavia, le polemiche sono sembrate relativamente più accentuate: cosa che, paradossalmente, è un segno auspicabile di vitalità di un premio, che indica la sua relativa rilevanza.
L'aspetto più interessante, a mio avviso, è che la discussione che si è aperta appare scaturirsi da una scelta estetica piuttosto precisa nella premiazione che, invece di tentare un discorso accuratamente bilanciato tra le varie anime del fumetto italiano (equilibrio comunque pressoché impossibile), ha operato una scelta che pare andare a favorire dei segni fumettistici che, per semplificare, potremo definire "sintetici" e, se vogliamo, "modernisti" (scrivo "pare" perché, come consuetudine dei premi italiani di settore, forse da ripensare, non vi è una motivazione pubblica dei premi assegnati, ma solo l'elenco degli stessi). In ogni caso, è positiva questa natura "divisiva" del premio: segno che le sue scelte contengono delle indicazioni non neutre e, quindi, interessanti.
Senza addentrarci in questa nuova Querelle des Anciens et des Modernes applicata al campo del fumetto, vediamo quindi quali sono i premiati e la loro valenza (qui, su Fumettologica, il resoconto completo su candidature e premi).
Il miglior fumetto in assoluto è stato Super Relax del Dottor Pira, per Coconino, andando a premiare uno stile fumettistico emerso sul finire degli anni '90, anche sulla scorta dello sviluppo della rete, identificato talvolta come "fumetto disegnato male" (con l'autoironia propria di tutte le avanguardie) e paragonabile per certi versi, come resa estetica, all'Art Brut. Il Dottor Pira è indubbiamente seminale in quest'ambito: il suo sito, "I fumetti della gleba" operativo dal 1997, è secondo solo allo "Sciacallo Elettronico" come presenza online (quest'ultimo è del 1995, e si tratta comunque di una rivista). Lo stesso titolo, "Super Relax", rimanda a una concezione del segno e del fumetto che, per certi versi, accentua l'idea di un "segno estivo" teorizzato da Andrea Pazienza: un segno volutamente poco rifinito che, tuttavia, non significa non abbia una sua aguzza, sintetica efficacia. Anzi, la deriva proprio da questa sintesi estrema.
In un certo senso, va in questa direzione anche il premio assegnato per la miglior Opera Prima assegnato a Romanzo esplicito di Fumettibrutti (Feltrinelli Comics), di cui avevamo già parlato qui. Già il nome d'arte assunto dall'autrice rimanda al "disegnato male" di cui si diceva sopra. Il segno è ovviamente diverso, ma di nuovo la scelta va in favore della maggiore forza espressiva possibile. Si potrebbe anche dire che, se il Dr. Pira è l'antesignano di questa tendenza ormai consolidata del fumetto italiano, Fumettibrutti ne è l'ultima attuale epigona.
In un certo senso, anche Gipi, l'attuale Magister del Comicon, è ascrivibile a questo tema, dato che il concetto stesso di "disegnato male" deriva da LMVDM, "La mia vita disegnata male", sua fondamentale opera autobiografica, dove in maggior grado appare la sua adesione a un segno volutamente disordinato e frammentario (in seguito, in altre opere, pur nella netta distanza da un segno "naturalistico", la produzione dell'autore diviene più complessa a livello segnico e non solo, non riconducibile al "disegnato male" tout court come categoria). Già solo questi tre riferimenti, profondamente diversi tra loro, evidenziano come la categoria diciamo avanguardistica del "disegnato male" richiederebbe un maggior studio e una maggiore classificazione: ma, altrettanto innegabilmente, c'è una linea di tendenza. Per contro, invece, il magister Gipi non ha realizzato (a differenza degli altri anni) il manifesto del Comicon, per nuove norme organizzative intercorse, che invece è ad opera di Francesco Francavilla, disegnatore italiano che opera ai massimi livelli in USA e che, paradossalmente, va nella direzione del "bel disegno" classicamente inteso (ovviamente, ad altissimi livelli).
Un altro "doctor diabolicus", Dr. Zurich (titolo, questa volta, e non autore), edito da Beccogiallo, ha invece vinto il premio per la migliore sceneggiatura. "Il futuro è un morbo oscuro, dr. Zurich" è il titolo completo, e Alessandro Lise e Alberto Talami ne sono gli autori. Qui ovviamente il discorso sarebbe inerente la sceneggiatura e non il disegno; ma, a parte la convenzionalità di questa divisione, dato il loro rapporto inestricabile nella riuscita di un fumetto (specie qui, stando quanto dichiarato più volte dagli stessi autori), è innegabile che anche in questo caso il segno di Alberto Talami risulti decisamente moderno, più nel segno però di una sintesi astratta. Non a caso la storia è una straniante fantascienza di ambientazione russa (alla Bulgakov, verrebbe da dire), e le tavole sembrano subire diverse influenze dal Suprematismo, mediato dalla grafica rivoluzionaria dal 1917 in poi (più vicino al fumetto, certi echi si possono sentire anche nella vecchia animazione di area sovietica).
Il premio specifico per il disegno è andato a Tramezzino di Paolo Bacilieri, per Canicola. Bacilieri ha lavorato anche in Bonelli, in primis per per Napoleone e poi per altre cose, ma nella casa di Via Buonarroti risulta indubbiamente uno dei nomi più sperimentali, e - più ancora che il tratto, comunque non "naturalistico" - in questo fumetto di stampo "architettonico" il fulcro è una decostruzione completa della tavola. La vicenda dei protagonisti è infatti letta incorniciandola negli spazi della Milano bene che fanno da ambientazione alla loro breve e topica love story, diventando una struttura in grado di condizionare una nuova concezione della tavola fumettistica, in una decostruzione totale della griglia italiana (che, tuttavia, la presuppone come ipotesi di partenza).
In questo senso, anche il premio a Mercurio Loi (di cui avevo tratta qui) come miglior serie italiana si inserisce in questo discorso: quella operata da Alessandro Bilotta e un nutrito pool di disegnatori è indubbiamente una decostruzione globale del seriale bonelliano, anche nel segno, a partire (ma certo non solo) nelle copertine "d'artista" di Manuele Fior.
Insomma, una scelta precisa, a quanto pare di poter leggere, nelle scelte dei premi italiani. Ricordando, volendo, che essi sono intitolati a un maestro mai abbastanza celebrato come Attilio Micheluzzi, che indubbiamente, inserendosi a cavallo dei filoni allora dominanti del fumetto popolare e del fumetto d'autore, ha compiuto anche scelte in favore di un segno di sintesi e sperimentale, evidenti in particolare, forse, in quel capolavoro poco noto che è Roy Mann con Tiziano Sclavi, tra la Pop Art e il surrealismo.