Il nuovo film di Jeff Rowe riesce a meravigliare per la capacità di rappresentazione dei protagonisti e le tecniche d'animazione.
Lo scorso 30 agosto è arrivato al cinema il reboot delle Tartarughe Ninja, intitolato Tartarughe Ninja – Caos Mutante. Sono riuscito a liberarmi per l’anteprima perché mosso da una certa curiosità: da bambino cresciuto negli anni ’90 avevo un ricordo molto positivo del cartone animato e, per confessarla tutta, anche dei film – invecchiati malino – che uscirono ai tempi.
Non ho seguito tutta l’evoluzione del franchise, a un certo punto mi sono bastati i meme sui volti dei protagonisti per saltare a piè pari i vari reboot ma questo, complice il trailer con la conseguente curiosità sulle tecniche di animazione utilizzate, mi ha riportato in sala.
Ve lo dico subito, così sgomberiamo il campo dagli equivoci: la mia esperienza è stata molto positiva.
Le motivazioni alla base di questa valutazione sono tante, vediamo di fare un po’ di ordine.
Per cominciare, parliamo della storia: ovviamente, essendo un reboot, non c’è da aspettarsi niente di nuovo. Il liquido radioattivo cola nelle fogne, colpisce alcuni animaletti (nello specifico prima un ratto e poi quattro tartarughe) e ha su di loro l’effetto di umanizzarli. Oltre a Splinter e a Leonardo, Raffaello, Michelangelo e Donatello, il liquido radioattivo da cui tutto nasce, colpisce anche altri animali, con effetti altalenanti. I nostri quattro eroi vivranno seguendo la via delle arti marziali, i cattivi della storia seguendo le loro arzigogolate motivazioni.
Nulla di nuovo sotto al sole, come anticipato. Eppure qualcosa di nuovo (e di interessante c’è, ma ci arriveremo tra un po’).
Il film ha un target ben preciso e la storia centra in pieno l’attenzione dei bambini tra i 5 e 14 a cui si rivolge: nessuna sottotrama particolarmente complessa, nessun plot twist che confonde lo spettatore, tutto fila liscio e ordinato verso la conclusione. Lo dico come un grande vantaggio: in un’epoca dei prodotti dell’intrattenimento che devono accontentare gli adulti nostalgici e i bambini curiosi producendo effetti non sempre positivi (ehilà, Marvel Studios, ti fischiano le orecchie?), avere un film con una trama lineare e chiara, che parla un linguaggio – cinematografico in senso lato ma anche dal punto di vista dei dialoghi – è una piacevole scoperta. Per farvi un paragone, mi ha ricordato un po’ Nimona, il film d’animazione uscito su Netflix poco prima dell’estate che aveva queste stesse caratteristiche.
Le novità positive, per quanto mi riguarda, sono di due tipi: la caratterizzazione dei personaggi e la tecnica utilizzate per l’animazione.
Partiamo dalla prima. Ero abituato alle Tarterughe Ninja e ai loro comprimari con le classiche caratteristiche dei supereroi negli anni ’90: tizi palestrati, tra il grosso e l’enorme, donne col fisico perfetto, magre, atletiche e sexy (April O’Neal è stata una cotta per il me preadolescente). I protagonisti di Tartarughe Ninja – Caos Mutante, invece, rientrano di più nella categoria dei supereroi con i superproblemi o meglio, dei supereroi alle prese con la normalità. E questo vuol dire che le quattro tartarughe – per quanto tutte allenate e in grado di fare cose accezionali – hanno aspetti diversi tra di loro: uno più basso, uno più grosso, uno con gli occhiali e così via. Diventa quindi più facile immedesimarsi in loro ed è stato dato il giusto spazio alla rappresentazione di un corpo normale (per quanto possa essere normale una tartaruga umanizzata, sia chiaro).
Anche Splinter non è più il maestro sempre zen, saggio e serafico, ma assume i tratti di un genitore alle prese con quattro adolescenti che hanno voglia di integrarsi, che perde la pazienza, sbuffa e dorme in poltrona. In alcuni momenti sono stato solidale col povero topo, lo ammetto.
Molto importante credo sia anche la rappresentazione aggiornato di April: non più la bonba sexy in tutina attillata ma una ragazza nera un po’ in sovrappeso e con problemi di sicurezza davanti alle telecamere. In un mondo che finalmente sta abbandonando l’ideale di perfezione dei corpi e la necessità di misurare le persone in base alle loro performance, vedere su uno schermo una ragazzina insicura lottare contro la propria timidezza, fallire e poi accettarla mi ha fatto stare bene.
Questo discorso non si ferma ai protagonisti ma investe tutti i personaggi di Tartarughe Ninja – Caos Mutante. Non vi svelo altri particolari perché vi lascio la sorpresa che li renderà ancora più piacevoli; vi basti sapere che vi troverete ad adorare buona parte della combriccola che anima il film.
L’altro punto su cui vorrei soffermarmi è la tecnica usata per animare il film.
Sotto questo aspetto, la squadra dei disegnatori, animatori e artisti che ha lavorato al film ha fatto un lavoro, secondo me, egregio.
La commistione di animazione 3D e 2D e soprattutto l’utilizzo di espedienti tipicamente appartenenti al mondo del fumetto rendono visivamente molto interessante e vivo il film. Le sequenze d’azione sono sottolineate e mai rese confusionarie da questi giochi di mutamenti di linguaggio, in cui quello che sembra il tratto di un disegnatore su carta serve a sottolineare un colpo dato o subito o la dinamicità di una sequenza. La sensazione è quella di trovarsi davanti a un prodotto che ha saputo prendere il meglio da entrambi i mondi, regalando allo spettatore una piccola chicca per gli occhi.