Loro 2. Tra cinema e meta-cinema
Loro è un film importante, ambizioso è ben riuscito, uno dei migliori di Paolo Sorrentino, ma un po' più di attenzione in sala montaggio non avrebbe fatto male
Prima di cominciare, vorrei ringraziare Paolo Sorrentino e ai suoi produttori e distributori. Perché non capita spesso di essere pagato due volte per lo stesso lavoro e, invece, grazie a Loro e alla sua insensata suddivisione in due parti, ecco che la singola recensione di un film, mi frutterà il doppio dei soldi rispetto al solito. Ottimo. (Oddio, Roberto, non so come dirtelo... NdLorenzo)
Scherzi a parte, prima di parlare realmente del film, lasciatemi tornare per un momento sulla questione:: Loro non è un film in due parti come poteva essere Kill Bill ma è un film unico diviso in due porzioni monche che, se prese da sole, sono prive di equilibrio e struttura drammatica. Fruire quest’opera nella maniera come ci è stata proposta non solo danneggia noi (che paghiamo due volte il biglietto intero) ma danneggia il regista e il film.
https://www.youtube.com/watch?v=vzs5-MDjG_k
E poi, perché farlo? Per l’eccessiva lunghezza della pellicola? Le due parti durano un’ora e quaranta ciascuna (grossomodo), il film per intero, tre ore e venti minuti.
Troppo per le sale, lo capisco, ma sarebbe bastato essere un meno accondiscendenti e compiaciuti in fase di montaggio e scorciare il film di una trentina di minuti, per rendere Loro non solo un film più facilmente commerciabile ma anche migliore.
Ma forse sono scemo io che non ho capito il livello meta-cinematografico dell’iniziativa: in fondo, la pellicola parla di un uomo innamorato di sé stesso che ha fregato milioni di italiani e Loro voleva far rivivere l’esperienza ai suoi spettatori.
Comunque sia, chi se ne frega: , quando Loro arriverà su Blu-Ray, nessuno ricorderà più di come è stato mandato in sala e resterà solo il suo valore artistico a contare qualcosa.
Passiamo alle cose serie.
Com’è questo Loro nella sua interezza? Un bel film, tra i migliori di Sorrentino.
Meno gigione de La Grande Bellezza (per quanto gigione pure lui), ma animato dallo stesso spirito romantico e decadente. Più a fuoco di Youth, ma parimente raffinato nelle sue atmosfere crepuscolari e nella sua ammirazione per il bello e per la gioventù. Meglio scritto e più concreto di This Must Be the Place, ma mosso da aspirazioni internazionali simili. Meno ermetico del Il Divo, ma ugualmente affilato e cattivo (quando necessario). Inferiore, nella cinematografia del regista, solamente rispetto a quel meraviglioso (e temo irripetibile) trittico di film composto da L’Uomo in più, Le conseguenze dell’amore e L’amico di famiglia. Una pellicola dal tocco delicato che tratta il suo protagonista con una sensibilità e una umanità, rara. Il tempo per odiare Silvio Berlusconi e per dipingerlo come il male assoluto, è passato Questo film non è Il Caimano (pellicola splendida, tra le altre cose) e a Sorrentino non interessa condannare ma capire e nel capire, forse, in qualche misura perdonare. Se mai un perdono fosse possibile.
Di Silvio Berlusconi si è detto tutto e il contrario di tutto. È stato indicato come un genio e uno statista, un criminale e un pagliaccio, un uomo innamorato delle donne e un viscido puttaniere.
E probabilmente, è stato tutte queste cose assieme. Una figura tragica e comica, misera e nobile, vitale e mortifera, un “mostro” tutto italiano, non tanto dissimile da quelli raccontati da Dino Risi.
Ovvero, non tanto diverso da tutti noi.
In termini cinematografici e nel suo insieme, la pellicola ha un triplice binario:
Il primo è quello che possiamo definire come “gli effetti di Silvio Berlusconi sulla gente”, come cioè l’influenza diretta e indiretta del Cavaliere ha influenzato la vita e la cultura degli italiani tutti, raccontata attraverso varie figure archetipiche (dal politico più o meno corrotto al rampante traffichino, dalla soubrette affamata di successo alla giovane ragazza ancora in cerca di una sua identità, passando per la classica casalinga di Voghera, ovviamente). Questa parte funziona bene ma, nel moltiplicarsi delle storie, perde un poco di coesione e qualche filo viene dimenticato o trattato con una sintesi sin troppo disinvolta. Molto bella, perfettamente a fuoco, impietosa e per nulla didascalica la riflessione implicita di cosa Berlusconi abbia fatto alle donne, sia con le sue azioni, sia con il riflesso del suo pensiero.
Il secondo tema importante è la sofferta conclusione di una lunga storia d’amore.
Quella tra Veronica e Silvio, certamente, ma anche quella tra gli italiani e il politico del miracolo italiano. Sorrentino dedica molto spazio a questo aspetto del film e alcuni dei momenti migliori della pellicola sono qui. Dispiace solo il confronto finale tra i due protagonisti, che poi dovrebbe rappresentare anche il clou drammatico del film, i dialoghi si rivelino piuttosto banali e prevedibili, privi di quella raffinatezza che li aveva contraddistinti fino a quel punto.
Terzo aspetto, ma non in termini d’importanza all’interno della pellicola, il racconto della parabola discendente di un comico, di un intrattenitore, di un piazzista, prima ancora che di un politico, di un magnate della finanza o di un uomo di potere. Assolutamente da applausi la scena della telefonata alla casalinga, con un Servillo mattatore assoluto. Qui c’è il Sorrentino migliore, quello che ha sempre saputo raccontare con dolente delicatezza il romantico e struggente crepuscolo.
Questi tre filoni trovano una loro coesione attraverso un linguaggio che pesca dalle migliori parabole criminali di Scorsese, le ibrida con i sogni di Fellini e gli incubi di Lynch e una confezione estetizzante e glamour. Il risultato è un film che ha, al suo interno, tanto il cinema migliore di Sorrentino, quanto la sua parodia. Unico difetto, che poi impatta gravemente sulla pellicola perché ha portato alla sua suddivisione in due parti, è una lunghezza non necessaria.
Alcune scene non particolarmente significative, alcuni dialoghi protratti troppo a lungo, alcuni momenti inutilmente lunghi e insistiti avrebbero potuto tranquillamente rimanere sul pavimento della sala di montaggio e tutto il film ne avrebbe guadagnato in snellezza, tono e misura.
Sul fronte del cast, poco da dire: Servillo, Scamarcio e la Ricci confermano tutte le buone parole spese per loro nel corso degli anni, come bravi sono tutti gli altri attori di peso chiamati a coprire parti minori. Spiccano in positivo le facce “nuove” di Euridice Axen e Alice Pagani mentre la Smutniak si cala senza alcuna fatica nel ruolo di una che, alla recitazione, ci è arrivata per caso.
Fotografia e montaggio ai massimi livelli mondiali.
In conclusione, Loro è uno dei più importanti, ambiziosi e meglio riusciti film italiani degli ultimi anni e va assolutamente visto. Magari tutto assieme.