La fantascienza di "Contatti", di Lusso-Sommacal - Un'analisi
“Contatti” di Piero Lusso e Giorgio Sommacal, uscito a marzo 2020 per Sbam! Libri, è un’interessante antologia di racconti di fantascienza a fumetti, usciti sul "Giornalino" dei Paolini negli anni '90. Un gioello di narrazione e citazioni, di cui qui si fornisce un'ampia mappatura.
“Contatti” di Piero Lusso e Giorgio Sommacal, uscito a marzo 2020 per Sbam! Libri, è un’interessante antologia di racconti di fantascienza a fumetti, con una prestigiosa prefazione di Antonio Serra, il creatore, assieme a Michele Medda e Bepi Vigna, di “Nathan Never” (1991), la prima fortunata testata di fantascienza bonelliana.
Questa raccolta include invece una serie di storie uscite sul “Giornalino” delle Edizioni Paoline verso la fine degli anni ’90, magari messe in cantiere forse un po’ anche sull’impulso del successo della fantascienza neveriana. La linea scelta da Lusso e Sommacal è però diversa: non una serie con un personaggio fisso, che pure erano frequenti sul “Giornalino”, ma una serie antologica dedicata a uno specifico filone della fantascienza: quello “contattista”, ovvero l’arrivo degli alieni sul nostro pianeta. Un filone molto interessante, che sta a fondamento della stessa fantascienza con “La guerra dei mondi” (1897) di H.G.Wells (dove al contatto si aggiunge, in questo caso, l’invasione), ispirato probabilmente dalle scoperte dei presunti “canali di Marte” (1877) dell’astronomo saviglianese Schiaparelli e dal dibattito susseguente.
La cosa interessante è che, almeno dal 1947, con il presunto alien crash di Roswell, il tema del contattismo ufologico è divenuto probabilmente il tema centrale del cospirazionismo mondiale: e, sia pure con ironia e il giusto distacco (e, solitamente, la mediazione di altre opere narrative), Lusso attinge a piene mani da questo immaginario, creando una sorta di “Twilight Zone” fumettistica italiana. Il che potrebbe essere sorprendente se pensiamo che “Il Giornalino” è la storica testata a fumetti e per ragazzi d’area cattolica, sorta nel 1924 anche per contrastare la nascente stampa propagandistica di area fascista, da “Il balilla” (1923) in poi.
Tuttavia, la cosa non stupisce più di tanto chi conosce la storia di grande apertura mentale delle edizioni Paoline, soprattutto dopo il rinnovamento compiuto dalla testata dalla metà degli anni ’60, in seguito al clima del Post-Concilio Vaticano II. In altri casi, come il “Paulus” (1987) di Gianni De Luca e Tommaso Mastrandrea, vi era stato qualcosa di altrettanto radicale, con una storia a sfondo religioso piuttosto profonda ambientata in una galassia popolata da alieni. Del resto, già il “Vittorioso” delle Edizioni Ave, sorto nel 1937 come rivista “per ragazzi” cattolica di fronte all’affermazione del fumetto avventuroso, si era occupato dei “dischi volanti” alla loro apparizione: ma sia la storia di Jacovitti, “Pippo nel 2000”, che quella disegnata da Kurt Caesar - e ispirata a “Cino e Franco” nei due protagonisti - assegnavano ai dischi volanti una origine umana (che è una tesi diffusa nel complottismo, quella di “black ops” di vari soggetti sotto la copertura degli alieni: ma penso che allora fosse per prudenza di fronte a un tema nuovo su cui la Chiesa non si era espressa). L’opera di Lusso e Sommacal comunque anticipa anch’essa le aperture della Specola Vaticana, che dal 2008 dichiarò apertamente, sull’Osservatore Romano, la possibilità dell’esistenza di “fratelli extraterrestri”.
(Cover a tema fantascienza de "Il Giornalino", 1958)
Il titolo della serie richiama “Contact” (1997) di Zemeckis, tratto dall’omonimo romanzo del contattista americano Carl Sagan (1985); la grafica ricorda invece vagamente il titolo di “Star Trek Voyager” (1995), con cui condivide la filosofia “progressista”, che vede gli alieni tendenzialmente in modo positivo (o comunque non gratuitamente negativo o mostruoso). Come colto già da Serra nella acuta prefazione, quest’opera si proclama quindi anche come esperimento raffinatamente citazionista, in cui i due autori, tramite un complesso mash-up di fonti preesistenti, generano una serie dotata di una sua forte autonomia specifica. Non è solo un puro gioco letterario, ma anche il modo di dichiarare che, nell'"immaginario saturo" della fantascienza postmoderna, è l'unico modo possibile di rapportarvisi. Serra giustamente non chiarisce tali rimandi (salvo un giustificato e lusinghiero parallelo tra Sommacal e Moebius come “fonte”); qui proveremo a dare qualche indicazione al lettore, certi di non riuscire comunque a esaurire i riferimenti.
Sommacal, che proviene dal fumetto umoristico, ma con numerose puntate nel realismo, riesce a ottenere una sintesi particolarmente equilibrata e adatta alla serie: il segno è infatti dettagliato e minuzioso, congegnale a rendere con efficacia i particolari, i dettagli, le citazioni magari in secondo piano. La formazione umoristica riemerge da certe espressioni gustosamente caricaturali, quelle dei “cattivi” (umani o alieni), tutta la gamma dello stupore (che in ambito contattista non può mancare) e nell’invenzione della rappresentazione aliena particolarmente brillante e divertente (ad esempio in “Zoo”, ma un po’ anche nelle altre interpretazioni). La griglia è quella tipica del Giornalino per il fumetto “avventuroso”: tre o quattro strisce di una, due o tre vignette ciascuna, in una griglia ideale “a mattoncino” che qui viene spesso variata. Le modifiche però, salvo qualche quadrupla ogni tanto per mostrare una scena significativa, bilanciano l’esigenza di un linguaggio visivo vario con quella della compattezza della narrazione (sono storie “brevi” dove a volte succedono un sacco di cose). Insomma, tutte le considerazioni che faremo circa l’efficace utilizzo del citazionismo è sicuramente un merito della puntigliosa scrittura di Lusso, ma diviene possibile solo tramite la raffinatezza della sintesi di Sommacal, che riesce a tenere insieme la leggerezza del fumetto popolare per ragazzi e la raffinata rete di rimandi per il lettore colto. Inoltre, vi è anche quella che ci pare una ricerca specifica di Sommacal: gli episodi, nell’esplorare vari “contatti”, si spostano molto nel globo terrestre. E ogni volta Sommacal riprende stilemi del fumetto di quel luogo, in modo sottile, non marcato (per non compromettere una certa coerenza visiva d’insieme) ma chiaramente percettibile.
Va detto che l’opera era apparsa a colori sul Giornalino, e qui le storie sono in bianco e nero (le immagini che abbiamo inserito sono colorizzate dallo stesso Piero Lusso, che è anche colorista). Tuttavia, funzionano forse ancor meglio, in quanto i toni pastello della colorazione dell’epoca, pur professionale (e che guardava forse un po’ anch’essa a Moebius), toglieva qualcosa a quell’inquietudine da fantascienza anni ’50 - nei modi: l’ambientazione è moderna - e il monocromatico funziona comunque bene.
Affronteremo ora le singole storie dell'albo, soffermandoci soprattutto sui meccanismi narrativi e citazionistici che le strutturano. Il consiglio è di leggere prima l'opera, e poi tornare a questo articolo come una "guida alla rilettura", per cogliere numerosi dettagli che, a mio avviso, danno particolare spessore e gusto a questo volume.
Prede
“Prede” (1996), il primo racconto, comincia subito in modo molto deciso, con una storia piuttosto dura, che riprende la classica abduction come preparatoria dell’invasione. L’ambientazione è italiana, il segno di Sommacal, dunque, è qui vicino al suo gusto realistico “medio” sul Giornalino: la cosa programmatica è qui soprattutto un montaggio molto sincopato, cinematografico, “adulto” (nella leggibilità chiara ma non banale).
Il più celebre topos del contattismo viene qui declinato in una chiave anti-specista: estensione dell’invito alla tolleranza reciproca del rapporto con le intelligenze aliene, esteso alle ben più “prossime” altre intelligenze animali. Quando lo sciocco protagonista afferma “noi siamo i cacciatori, loro le prede: funziona così” (parlando della stagione di caccia) il lettore smaliziato ha già capito dove si va a parare. La lepre come – apparente – preda funziona bene, essendo presso molte culture animale psicopompo (qui non si valica la soglia del sovrannaturale in senso classico, ma si va comunque “ai confini della realtà): vedi anche il suo ruolo, anche poi cartoonistico, in Alice in Wonderland. Sempre in ambito del fumetto, inoltre, Bugs Bunny è una lepre che sovente si fa beffe di uno stolto cacciatore...
La inevitabile morale “relativista” che appare è interessante, perché piuttosto strutturata. Gli stessi alieni non sono “buoni” o “cattivi” rispetto agli umani, ma presi dalla stessa ambivalenza dell’uomo verso le altre specie o – rendendo più ampia la metafora – come l’Occidente verso le civiltà meno sviluppate.
Invasione
“Invasione” è la logica conseguenza. La citazione globale è a “Indipendence Day” (1996), allora appena uscito nei cinema. Il segno di Sommacal riflette bene questa muscolarità dinamica e spettacolare, alla Emmerich o – altrove – alla Michael Bay, che è tipica anche del fumetto americano supereroico.
Dato che la storia è meta-narrativa, come si scoprirà, particolarmente ricco è il citazionismo: si riprende ”Space invaders” (1974), anche per anticipare il tema informatico che permetterà al giovane “Nicky Mouse” (gioco di parole su Topolino) di risolvere la situazione come nel blockbuster citato (diversi i rimandi: il pilota in declino che si riscatta, gli alieni che vengono giù con un pugno...). L’uso della musica prima per parlare agli UFO, poi per distruggerli è un doppio riferimento: nel primo caso a “Incontri ravvicinati del terzo tipo”, nel secondo a “Mars Attacks” che, a partire dalle figurine anni ’60, rovesciava nello stesso anno di Independence Day il tema del contattismo “positivo” del film di Spielberg. Tim Burton, usando lo jodel di “Indian Love Calls” (1952, ma da una operetta del 1924) ironizza sulla musica coeva dell’originale Mars Attacks!; Lusso attualizza invece al rap, magari anche per una sua idiosincrasia. D.J. Simpson, il rapper ascoltato da Tom, ammicca a O.J. Simpson, con una citazione piuttosto salace (non suscita le polemiche dell’OK Stimpson di Carmageddon per la minor notorietà, ma il contesto è ancor più risqué).
Anche qui, l’elemento metanarrativo rende il racconto poco conciliatorio: l’idea dell’umanità che si unifica contro una minaccia esterna, che in Indipendence Day è presentato in modo trionfalistico, è in realtà un concetto pericoloso, come osservano i saggi alieni finali (che forse non a caso ricordano un po’ il Dottor Manhattan: è la morale di Watchmen). Il teletrasporto richiama Star Trek; le “navi spaziali” a vela, e non a disco, sono un richiamo a alcuni lavori poco noti di Robert McCall, il designer dei poster di 2001, con un po’ di ironia sull’archetipo del disco volante circolare (su cui avevano scritto, ai tempi, Jung e Crowley, rinvenendovi un simbolismo divino-solare).
I Custodi
“I Custodi” (1998) parla degli Yanomami, una reale popolazione indios. Il segno di Sommacal, in questo caso, in parallelo all’ambientazione (il popolo vive tra Venezuela e Brasile), pare quasi virare verso un segno sudamericano, specie nella prima parte, più realistica: in seguito si innesta una evoluzione più apertamente surreale. Il segno sembra quasi guardare a elementi di Enrique Breccia (in particolare a p.37) ma sempre in una sintesi personale.
Dopo il divertissment citazionistico di “Invasione!”, una storia particolarmente profonda, forse la più sentita degli autori, che tocca anche il punto particolarmente delicato del rapporto con la divinità. Si crea una fitta rete di simbolismi giocata, in questo caso, meno sul citazionismo e più sull’indagine, se vogliamo, “semiotica” dell’archetipo.
Lo stesso titolo ha una valenza triplice: gli Yanomami sono i Custodi della terra, ma ora i missionari della Consolata sono i loro Custodi nei confronti di una modernità distruttiva, e sopra ancora veglia l’alieno come custode “alto”. Come ci spiega lo stesso Lusso, la storia nasce anche dall’incontro con l’antropologo braidese Padre Giovanni Saffirio, missionario della Consolata del Catrimani grazie a cui l’autore approfondisce la situazione drammatica la loro di questo popolo. Il padre Giovanni (36.v) che appare nella storia è un omaggio a tale figura, e ai suoi densissimi studi sulla cultura Yanonami, che sono stati usati come ossatura del racconto. Ad esempio, la forma conica tipica delle costruzioni Yanomami – e della loro cosmologia “a cono” - ritorna nell’UFO usato per l’osservazione di questa regione terrestre (con una forma talvolta attestata, e un rimando al tema dei “cargo cult”). Il fatto che sia nascosta dietro una nuvola accentua l’idea “clipeologica” di una origine aliena del divino, dove gli dei appaiono da una nuvola (nel culto cristiano, ma già in quello greco-romano). Lo stesso aspetto dell’alieno pare ricordare, in modo sintetico, alcune effigi precolombiane (ma anche africane o australiane) di divinità.
L’iniziazione del ragazzo Yanomami protagonista avrebbe comportato l’assunzione di sostanze psicotrope: un elemento che non può essere detto apertamente, ma viene abilissimamente evocato sotto il piano visivo da elementi prima con una fusione nella natura resa con raffinate scelte surrealiste (il volto-paesaggio a pag.37ii e pag. 41ii) poi, quando si interferisce col rito, con visioni allucinatorie più scomposte (camion-mostro pag. 37v-vi-vii). L’elemento dell’eccidio collegato alla Transamazzonica e allo sfruttamento industriale delle risorse, con spregio dell’ecologia e delle altre culture (in corso dagli anni ’70 in poi), viene mostrato senza efferatezza ma anche senza alcuna edulcorazione. Questo elemento polemico contro le degenerazioni del capitalismo in questa sua fase acuta sono in fondo il punto di incontro tra la fantascienza sociologica che serve da ispirazione, la posizione di Lusso (che, nel fumetto popolare, mostra spesso chiaramente le sue idee progressiste) e lo spirito più vivace del post-Concilio Vaticano II che spesso affiora nelle pubblicazioni dei Paolini.
L’incontro con l’alieno (pag. 39) trasfigura il ragazzo in un’icona grafica simile ai graffiti del suo popolo (39.iv), di cui nella prima pagina abbiamo visto la caratteristica di narrazione sequenziale, proto-fumettistica (come molta arte preistorica, dove il disegno è narrazione, in assenza di scrittura). In 39.v però il cerchio di luci dell’UFO ricorda da vicino la corona di dodici stelle della Vergine dell’Apocalisse, mentre il fulmine il 39.vi è la folgore divina assoluta, che sta dietro, pare, al nome di Zeus come onomatopea (secondo alcune ipotesi etimologiche).
Interessante notare che l’alieno che interviene a salvare il ragazzo agisce come il Deus Ex Machina della tradizione greca (soprattutto espressa, in modo anche problematico, nel teatro classico), ma commette comunque un errore secondo i precetti che deve seguire: e qui volendo potrebbe emergere una problematizzazione del concetto di “Dio tappabuchi”, emersa teologicamente proprio nel Concilio Vaticano II (ovviamente di fronte al mostruoso scandalo della Shoah, che purtroppo non ha avuto la valenza di terribile lezione storica che avrebbe dovuto avere, come dimostra il perdurare della sopraffazione). Ovviamente, “l’errore” dell’alieno riflette anche l’errore dell’occidentale anche ben intenzionato, nel suo interferire con culture primitive dall’alto della sua tecnologia. Un livello di problematizzazione dell’incontro alieno (in senso anche proprio etimologico: con l’Altro) che si trova raramente perfino nella fantascienza “alta”, letteraria, cinematografica o fumettistica che sia (con tutt’altri temi, viene in mente “Arrival”, racconto del 1998 divenuto film nel 2016).
La quadrupla di p.41.i (rarissima, in un linguaggio fumettistico che deve centellinare tali soluzioni) segna la forza di questo incontro con un conico planetario optical che ricorda in parte anche “2001” di Kubrick. Una tavola particolarmente potente, che può ricordare una esperienza psichedelica, ma anche molte cupole dell’arte sacra cristiana nella composizione.
L’Alieno riesce dunque a integrarsi con lo Yanomami tramite la sua tradizione, svolgendo un ruolo sciamanico di guida verso una conoscenza cosmica che ben si amalgama col Divino del popolo amazzonico (forse per antichi incontri, è lasciato intendere). Se vogliamo, un riflesso del concetto teologico (discusso, ovviamente), di “felix culpa” (come è, in un riflesso umano, lo stesso incontro della cultura cattolica con quelle precolombiane: spesso distruzione, a volte – come in certi missionari più sensibili – preservazione). Lo shock culturale potenzialmente letale giunge a una duplice risoluzione: salva il giovane, dandogli – in modo inatteso – una più alta iniziazione che attendeva, e salva anche l’alieno, che ricomprende il suo ruolo di tutore quasi sovrannaturale (se il Dio o gli Dei possono essere i suoi “superiori sconosciuti, egli appare come un Angelo Custode, dando una quarta sfumatura al titolo).
In chiusura, la fiction ritorna alla denuncia sociale, con la citazione letterale del discorso tenuto dallo sciamano David Kopenawa all'assemblea degli Indios del Roraima nel 1995, in una griglia a nove vignette alla Moore di Watchmen che si conclude su una nuova quadrupla molto forte, ma senza facili ottimismi irenistici. “I leave it entirely in your hands,”sempre dire (come Moore in Watchmen, appunto) la storia al lettore.
L'Alieno
“L’alieno” è situato a 15 km da Roswell all’inizio della storia, e siamo nel caso di un classico della fantascienza, l'UFO Crash. Dopo una storia molto profonda, una più leggera, e giocata su un abilissimo “gioco tecnico”. Siamo a fine anni ’70, quindi vi è anche un rimando a “L'uomo che cadde sulla Terra"(1976) di Roeg, che contribuì al “mito alieno” del grande David Bowie. Il Joe’s Garage al centro della storia potrebbe rimandare a una omonima opera rock di Frank Zappa, del 1979.
Da apprezzare bene, in seconda lettura, il passaggio di montaggio da p.46 a p.47, che è il set up di tutto il pay off. Un trucco da prestigiatore perfettamente riuscito, il fulcro di questo racconto gustosamente umoristico. David Bowman è un riferimento a Odissea nello Spazio, anche qui una strizzata d’occhio al lettore più attento. Dichiarata la ripresa di Silvester Stallone (che da poco era stato, a fine anni ’90, “Demolition Man” e “Judge Dredd”, in ambito di fantascienza non-aliena) e Robin Williams (il quale ha recitato una parte extraterrestre in Mork e Mindy).
I richiami musicali della radio rimandano ugualmente al periodo evocando una “colonna sonora implicita” (espediente tipico del moderno Bonelli, specie in Sclavi, poco usato sul Giornalino, forse anche perché si presta meglio a storie più lunghe, che si giovano di colonna sonora). Ma Lusso gli dà anche rilevanza di specifica ironia diegetica (un tratto “alla Moore”, meno presente in altri autori italiani). A pag. 46v echeggia un brano tratto dall’album Before and After Science di Brian Eno: “Here He Comes” (Ecco arriva), chiaramente allusivo alla vicenda: “Here he comes / He floated away and as he rose…”. A pagina 47iv il brano è lo stesso, ma avanti di un ritornello e l’allusione si perfeziona: “He rose above the clouds / He was seven feet high…” Stessa auto, stessa musica, ma il guidatore è cambiato (e Stallone è circa “seven feet high”).
Tempo marziano
“Tempo marziano” (1997) sfrutta l’elemento cronachistico dell’invio del Mars Pathfinder, che invia le prime foto dal pianeta rosso proprio in quell’anno. Quasi obbligata l’ampia citazione di Ray Bradbury, che appare nel protagonista Ray (che ne ha l’aspetto), dichiarato lettore del suo omonimo. Anche se, più che alle oniriche e simboliche “Cronache marziane”, si guarda per una volta alla hard science fiction, basata più sulla struttura tecnica che sull’allegoria. Anche il segno di Sommacal, in diverse scene, riflette una certa esattezza da “storia tecnica”. Si citano anche “Amazing Stories”, e le rocce semoventi di Marte è effettivamente uno dei tanti “misteri” del pianeta. Come ci ha spiegato lo stesso Lusso, l’idea di un inusuale alieno di tipo minerale deriva da una rielaborazione di un articolo di Carl Sagan, in cui si trattava della percezione differente del tempo in organismi differenti; in qualche misura possiamo ritrovare un parallelo anche con le sailing stones della Racetrack Playa. La cosa curiosa è che, molto dopo, si basò su questo stesso singolare espediente – le pietre di Marte sono alieni - anche Guzzanti per il suo brillante “Fascisti su Marte” (sketch ne “Il caso Scafroglia” del 2002, poi divenuti un film nel 2006), dove i “Mimimmi”, così ribattezzati dal suo esilarante gerarca spaziale, divengono un simbolo dell’inamovibilità del popolo italiano e del vero potere: possono cadere i fascisti da operetta sui palcoscenico di ieri e di oggi, ma ignavi e venerabili controllori restano sempre lì. Anche qui, del resto, il gerarca Barbagli viene ritrovato dal Pathfinder del 1996. Inoltre, tutta l’opera – uno dei capolavori della nostra satira televisiva – è praticamente una versione delle “Cronache marziane” calate nel Ventennio (mutatis mutandis, quindi, ovviamente): l’invasione di Marte che mette in mostra le contraddizioni del sistema americano in un caso, quelle dell’eterno spirito fascista di certa Italia dall’altro.
Che Guzzanti sia stato ispirato da “Contatti” del Giornalino? Va detto che Lusso-Sommacal avevano probabilmente suscitato una curiosità nell’area satirica col loro “Grande Simpatico” su Cattivik (1995), caso più unico che raro di satira antiberlusconiana fuori dagli spazi convenzionali. Ma è impossibile dirlo con certezza.
Ritorno a casa
“Ritorno a casa” sposta di nuovo la scena fuori dall’ambito americano, e precisamente in Italia. Il bambino ha una maglietta da Yellow Kill (vedi qui sopra), altra creatura di Lusso e Sommacal che ironizza, naturalmente, sul mitico “primo fumetto” Yellow Kid (oggi scalzato dalle gustose storie dello svizzero Topffer). Autoreferenziale anche il nome dell'alieno, LCMMS di ARB e OENUC, che è un rovesciamento di "Sommacal di Bra e Cuneo", che rimanda al disegnatore e alle sue origini braidesi-cuneesi (come del resto per Lusso).
Ancora un tema diverso – gli alieni “sotto copertura”, come i Visitors – che pare sviluppare il tema che Dick ha svolto in forma robotica in chiave alienologica: come ne “La formica elettrica” di Dick il protagonista ha dubbi sul suo essere o meno umano (il tema poi reso celebre da “Blade Runner” al cinema), così qui il dubbio è sulla propria natura aliena. Di nuovo un finale aperto, che lascia complessità al racconto (ovviamente, il suo significato cambia a seconda che il protagonista ricordi del tutto oppure rimuova la sua coscienza di essere alieno), secondo la ricerca costante di problematizzazione, magari tra le righe, operata da Lusso. Sorprende che, di fatto, si faccia passare l’amore (con tanto di formazione di una famiglia) inter-specie aliene, su una testata cattolica.
I Testimoni
“I testimoni” (1998) sposta la scena in Inghilterra, e coglie l’occasione per un crossover con Miss Agatha Marpol, investigatrice ispirata a La Signora in Giallo (e ovviamente al suo modello, Agatha Christie / Miss Marple). Ci troviamo questa volta davanti ad alieni fitoformi (variazione rara, ma più frequente in fantascienza, di quelli rocciosi di Marte) con un “giallo inglese” classicissimo e una citazione finale – appropriata – di Little Shop of Horror. Gli alieni del caso sono anche quelli cui spetta l’onore della bella copertina, che rielabora la bella p.83. Sommacal qui cita sé stesso (l’autore è anche il disegnatore di Agatha Marpol) e riprende quindi alcuni stilemi da umorismo british di questa serie.
L'albero di Lucie
“L’albero di Lucie” ci porta in Francia, con una storia poetica e delicata; Sommacal prosegue nella sua prova di bravura avvicinandosi, in questo caso, alla linea chiara del BD francese, coerentemente con le ambientazioni (si può, volendo, sentire un’eco di Ric Roland). Siamo di nuovo negli anni ’70 nel tempo presente, e vari elementi (Teiera volante, Pianeta Gnog, Zeero l'alieno folletto e la magia psichedelica) riprendono la cosmologia fantastica interna agli album del gruppo francese GONG, fondato nel 1967 da David Allen - sulla cui figura è tratteggiato il folletto alieno. “Flying Teapot” dà il titolo al primo LP, “Zero The Hero” è una canzone su un folletto, e lo stile del gruppo è psichedelico-orientaleggiante, una “colonna sonora subliminale” di questa storia.
Sharkey's Night
“Sharkey’s Night” è la storia più citazionista, in cui il referentialism testuale e visivo di Lusso-Sommacal è portato al massimo grado paradigmatico. Il filo conduttore è William Burroughs, autore seminale per tutta la fantascienza “adulta” dagli anni ’60 in poi e e su molta musica dello stesso periodo, che qui viene ampiamente citata, anche per usarlo per un citazionismo “di sponda” – vi sono anche rimandi diretti, ma fare una storia burroughsiana sul Giornalino è sicuramente un esercizio di stile che richiede notevole destrezza. Il periodo di ambientazione sono invece gli anni ’80.
Il tema del cervello autosufficiente può evocare quello del “cervello del maggiore” in The Long Tomorrow (1976) di Moebius/O’Bannon su Metal Hurlant: ed è la storia dove ci pare di cogliere in modo più evidente in Sommacal alcuni stilemi moebiusiani (quelli colti anche da Serra in prefazione) appunto nel loro riprendere e amplificare il gusto da fantascienza paranoica con uno stile dettagliato, un segno morbido e ricco di accurati tratteggi.
All’inizio ci troviamo di fronte al bar di Nighthawks di Hopper; siamo nel presente, ma la macchina con giganteschi spoiler rimanda agli anni '50 del “Pasto nudo”, che appare subito come rimando sul menu. Saddam che grida: "Quiet, guys! I Did nothing wrong!" è quasi profetico, perché anticipa l’antrace “trovato” da Colin Powell (nel 2003) e i suoi per giustificare l’invasione dell’Iraq.
Il megacervellone alieno viene trasformato in un I.A che ha l'aspetto di Bill Gates caricaturale, mentre la citazione di Soft machine (1961) di William Bourroughs, che riprende i temi del Pasto Nudo (1959), è piuttosto appropriata: le creature aliene sono infatti qui, forse, un prodotto dall'allucinazione della droga (oppure la droga permette di squarciare il velo della realtà e riconoscere la lotta tra enti extradimensionali). Il cervellone alieno è presente nel coevo (del Pasto Nudo) “The Brain from Planet Arous” (1957), ma è un topos diffuso della fantascienza. In questo racconto a fumetti gli stupefacenti sono sostituiti con l’alcool, opportunamente, ma è comunque la storia più arrischiata per il Giornalino cattolico, in quanto siamo nel puro divertissment su un autore non proprio catechistico, diciamo.
Il sottile filo conduttore psichedelico-extradimensionale si intreccia col personaggio dalle fattezze di Burroughs, il commissario A-Pook, che richiama un testo di tale autore (Ah Pook Is Here), suo unico tentativo di graphic novel (mancato), ripubblicato recentemente, racconto squisitamente sci-fi in cui si narra di macchine per controllare l’umanità. John Michael Sharkey (1931-1992) è l'autore di"The Secret Martians" (1960) e numerosi classici di fantascienza aliena. L’alieno “dentro la testa”, che usa un corpo umano androide come esoscheletro, si collega a Men In Black (che lo riprende dalla fantascienza classica, usata in modo ironico). “Lou C. Fear” richiama il “Louis Chyper” di Angel Heart / Ascensore per l’inferno.
Se quindi già le citazioni narratologiche costituiscono un riconoscibile tessuto burroughsiano, tali rimandi sono rafforzati da quelli musicali, su cui confesso di aver consultato ampiamente Lusso, data la loro precisione a volte di non immediata decifrazione.
Il bar hopperiano che dà nome al titolo, lo Sharkey's Night, si riferisce dunque anche al brano omonimo dell’album Mister Heartbreak di Laurie Anderson, di cui esiste una versione cantata da Burroughs in persona . Nel menu del bar Pasto Nudo troviamo il Burger Bender ( da “Kurt’s Rejoinder” di Brian Eno). L’auto Soft Machine è una citazione richiama anche l’omonima band fondata da David Allen (ripreso già nella storia precedente). Il nome del protagonista, Blank Frank, richiama l’omonimo brano di Brian Eno da Here Comes The Warm Jets (“Blank Frank is the messenger of your doom and your destruction”).
"Take a walk to the wild side" di Lou Reed è una adeguata colonna sonora intradiegetica; tutta la genealogia di mostri spaziali del dialogo finale, Clandridi, Tuffm, Galassasa e il pianeta Zimbra-I sono inoltre che citazioni da I ZIMBRA, dei Talking Heads (altro nome significativo nella storia, basata come detto su una ciclopica “testa parlante). A sua volta, il testo è citazione da Gadji Beri Bimba del poeta Hugo Ball, dadaista precursore del CutUp, con una perfetta chiusura del cerchio.
Zoo
“Zoo” (1999), godibile nell’adattamento, è la storia più nel segno dell’adattamento classico, e dunque riprende in modo puntuale “Zoo” di Edward D. Hoch, elegante e lineare fantascienza sociologica classica, basata su un tipico “rovesciamento finale”, qui riproposta con qualche variazione sul tema. Non manca il reticolo citazionista musicale tipico di Lusso: la grassa Madame Limbourg allude al brano "The Fat Lady Of Limbourg" di Brian Eno dall’album Taking Tiger Mountains By Strategy; i fantomatici “Ragni di Marte” alludono alla band di supporto di David Bowie da cui The Rise and Fall of Ziggy Stardust and the Spiders from Mars.
L'errore
“L’errore” che chiude la raccolta è forse la storia più complessa, e sicuramente quella più compressa, che addensa una trama intricata in poche pagine, più che sufficiente per un albo di dimensioni bonelliane (98 pagine, addensate in 12), facendola comunque funzionare ottimamente.
Dall’antica Grecia ad Einstein, passando per Galilei ed altri (in una “schermata” vediamo evocati tutti i passaggi intermedi), gli alieni hanno favorito lo sviluppo della scienza, per poi cercare invano di bloccarlo quando l’uso dell’energia atomica si rivela pericoloso. Un mash up interessante di “2001 Odissea nello Spazio” (dove l’interferenza, almeno a quel che si vede nel film, è solo iniziale) e “Razza di imbecilli” di Isaac Asimov (dove una sorta di ONU galattico non si capacita che i terrestri usino il nucleare nella loro atmosfera, addirittura a fini bellici). Nell’attualità di allora, si coglie il riflesso delle polemiche dell’epoca sugli esperimenti atomici francesi a Mururoa. L’esclamazione "Grande Kripton" è appropriata, dato che parliamo di un alieno che ha interferito nella storia umana. Il riferimento a “Eurasia” per Russia-Cina e agli “Stati Alleati” per il blocco del Primo Mondo mostra la sintesi operata dagli alieni sull’intricata situazione della Guerra Fredda; frequente l’apparizione dei “man in black”, grande classico della fantascienza paranoide complottista ampiamente ripresa anche da Martin Mystere e i suoi Uomini in Nero (qui il rimando è all’immaginario originale, però). Pur nell’ammirazione per l’abilità nel gioco della compattazione della trama, è la storia che forse più gioverebbe di una “decompressione” narrativa (assieme a “Custodi”, dove questo forse sarebbe congeniale più allo sviluppo dell’atmosfera che della trama).
Conclusione
In conclusione, un esperimento decisamente riuscito, in cui il duo Lusso e Sommacal riesce a fare degli inevitabili limiti produttivi – il logico contesto del “Giornalino”, cattolico e per ragazzi – un punto di forza. Inserire elementi apparentemente eterogenei (un certo retrogusto paranoico e cospirazionista, la fantascienza sociologica, Philip K. Dick, addirittura Bourroughs, che, del resto, è un modello per Dick stesso) diventa qui un gioco di abilità per lo sceneggiatore – che deve inserirli – e disegnatore – che li deve rappresentare in un modo “accettabile” - e spinge ad aguzzare l’ingegno e trovare soluzioni nuove, che portano a risultati narrativi originali. È il punto di forza della poetica della contaminazione, una delle caratteristiche del postmoderno, che sovente raggiunge risultati interessanti quando mette in contatto (e/o in contrasto) mondi profondamente distanti, trovando un modo di saldarli in un nuovo equilibrio: in questo caso, i temi di un certo tipo di fantascienza aliena profondamente filosofica, con tratti gnostici alla Dick, alla Burroughs o comunque di profonda messa in discussione del reale, e il contesto della stampa per ragazzi cattolica postconciliare. Grazie a Lusso e Sommacal, il fumetto italiano di fantascienza ha un suo “Ai confini della realtà”. Ed è davvero interessante.
Ringrazio di cuore Piero Lusso per la disponibilità a un confronto serrato in questa analisi della sua opera!
Note tecniche.
Autori: Piero Lusso – Giorgio Sommacal
Titolo: Contatti
Prezzo: 14,90€
Introduzione: Antonio Serra
Collana: Sbam! Libri
Genere: racconti di fantascienza a fumetti
Veste editoriale: 128 pp. in b/n, 21×29,7, brossura con alette
ISBN: 978-88-85709-17-1
Data uscita: marzo 2020