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Kengan Ashura – Una lettera d’amore alle arti marziali

Non è una novità, i giapponesi vanno pazzi per il combattimento. Da quando esistono i manga (e quindi un bel po’ di tempo), tutti i best-seller hanno sempre avuto il focus sull’azione, sulla lotta. Con Dragon Ball, che seppur è cominciato come un particolare fumetto sulle arti marziali e altri poteri speciali, si è poi evoluto in Dragon Ball Z, luogo dove il combattimento più realistico non aveva più spazio.

La popolarità del manga di Akira Toriyama ha influenzato con la sua ‘’aura potentissima’’ tutto il panorama fumettistico giapponese, generando una moltitudine di manga sulla lotta che possiamo definire ‘’fantasy’’. Naruto, One Piece, Bleach, Demon Slayer e il recentissimo Jujutsu Kaisen sono tutte opere che s’incentrano sul combattimento contornato da super poteri e abilità al limite dell’umana immaginazione, che catturano il lettore con la continua esagerazione e botte a non finire.

Ma prima di Dragon Ball, c’era Kenshiro

Hokuto No Ken, manga scritto da Buronson e disegnato da Tetsuo Hara. Ken il Guerriero, questo il nome nel territorio italiano, racconta della storia di Kenshiro, un combattente che lotta in un mondo post-apocalittico sfruttando le tecniche che la scuola di arti marziali Hokuto gli ha insegnato. Seppur le tecniche di combattimento sono l’unico arsenale a disposizione del protagonista, queste non sono il principale focus dell’opera ma uno strumento, poiché questa tratta i temi della violenza, la famiglia e dell’amore.

Ad addentrarsi più a fondo nella filosofia della lotta è Baki, di Keisuke Itagaki, che non s’incentra molto sulle pratiche di combattimento, ma sul vero significato di combattere. Combattere non vuol dire lottare in un’arena per il mangaka, ma esser pronto a ogni evenienza a difendersi, a mettere in gioco la propria vita seguendo il proprio istinto.

C’è un altro manga invece, che fa delle arti marziali il centro del racconto, una vera perla nascosta nell’industria fumettistica nipponica.

Questo è Kengan Ashura.

Kengan Ashura è un manga creato da Yabako Sandrovich e illustrato da Daromeon, che racconta di un mondo apparentemente uguale al nostro, governato da multinazionali. Ma la realtà risiede nel sottosuolo, anch’esso dominato dai giganti del business, che fanno scendere in campo i loro gladiatori per risolvere con semplicità le complesse questioni d’affari. Questi sono conosciuti come incontri Kengan, dove i più grandi combattenti provenienti da tutto il mondo lottano all’ultimo sangue.

Protagonisti della storia sono Tokita Ohma e Yamashita Kazuo, un combattente e il suo manager, che rappresentano rispettivamente l’essere e il voler essere dell’animo umano. Un giorno, il presidente dell’associazione Kengan decide di organizzare un torneo per determinare chi dovrà essere il nuovo padrone della lotta clandestina. Torneo a cui il nostro personaggio principale decide, ovviamente, di partecipare.

Ma definire Ohma, come protagonista di Kengan Ashura è esagerato, a tratti perfino sbagliato. Certo, e lui il personaggio con più screen time, ma nonostante ciò, l’opera non esita a farlo da parte completamente quando sono gli altri a lottare.

E questo è uno dei più grandi pregi del fumetto, ovvero lo spazio concesso a ogni singolo personaggio. Ho già detto che tutta la storia è incentrata su questo torneo di combattimento, dove ci sono 32 partecipanti. La cifra di lottatori non è affatto esigua, e per chi ha già visto in passato tornei di combattimento in un manga, è quasi scontato che la maggior parte dei primi round siano match inutili creati con il solo scopo di introdurre il vincitore e vedere il perdente venire squashato. O almeno, questa è la prassi a cui i manga ci hanno abituato, ma non quella di Kengan Ashura.

Il fumetto di Sandrovich non corre per arrivare in poco tempo alla finale, bensì riconosce che l’importanza dell’opera sta nella lotta e nei suoi combattenti, e concede a ognuno di essi il giusto spazio.

I lottatori non sono solo dei nomi in un listone, ognuno di loro ha una motivazione per fare il suo ingresso in quell’arena. Che sia lottare per il proprio popolo, mettersi in gioco, o semplicemente la voglia di soddisfare la sete di violenza, i gladiatori hanno una ragione di esistere nella storia, e sono tutti accomunati da una sola cosa.

La voglia di dimostrare chi è il più forte.

Ogni personaggio ha un flashback in un momento del combattimento, che fornisce al lettore un background su chi sta vedendo lottare, poiché a priori dei loro scontri questi sono a malapena presentati. Essendo i lottatori quasi tutti estranei, nessun incontro risulta prevedibile, e l’esito non è mai scontato.

Ma ogni faccia ha due medaglie, e dove ci sono pro, ci sono sempre dei contro. Ovviamente è impossibile che tutti gli scontri siano di qualità e qualche squash deve esserci. Tuttavia, dei quasi 40 incontri presenti nel manga, a malapena 3 di questi possono essere definiti brutti, e questo la dice lunga sulla qualità degli scontri.

È ora di parlare dei combattimenti.

Prima di parlare di come questi sono rappresentati, è giusto dedicare qualche riga a cosa questi rappresentano nell’opera. Generalmente, in un manga incentrato sull’azione, un combattimento è un momento che si pone al centro di due fasi della narrazione, permettendo di creare un buon ritmo e di intrattenere. Seppur importanti, buona parte dei combattimenti dei manga non portano avanti il racconto, ma lo arricchiscono solamente.

In Kengan Ashura il combattimento è l’assoluto epicentro dell’opera.

Questi raccontano una storia, che seppur breve poiché limitata all’incontro, funziona, da sviluppo ai personaggi, ci fa conoscere il mondo del fumetto e soprattutto sfrutta il linguaggio del corpo dato dall’azione come sostituto alle parole.

Parliamo ora di come vengono rappresentati.

Nel torneo non si predilige nessuno stile di combattimento, e le regole impongono che si combatta usando unicamente il proprio fisico, senza armi, oltre a questo, nessuna regola. Ogni lottatore ha uno stile marziale differente, che incarna i valori di tale disciplina, che sia la boxe, o il wrestling o Judo. Di conseguenza, l’unione di due mondi di combattimento diversi crea combinazioni esplosive, con lottatori che sfruttano i loro insegnamenti per avere la meglio sullo stile avversario. Gli incontri sono fisici, sfruttano molto la forza fisica e la corporatura dei lottatori, c’è grande attenzione alla tecnica, alla velocità e alla strategia che un combattente è costretto a cambiare nel corso della lotta.

Viene anche messa in gioco la fisionomia, come nei normali principi della lotta reale, a esempio l’incisione dell’altezza in una contesa di pugilato, considerazioni che differentemente vediamo in un manga.  È un manga di combattimento che vuole mantenersi su una base reale, ma senza abbandonare la sua essenza di battle-shonen e perdersi in qualche momento di esagerazione, più frequenti nelle prime contese, con qualche combattimento borderline tra il realismo e il surreale e qualche leggero power-up, che comunque sfrutta qualche base scientifica per non cadere nel fantasy.

Ci sono lunghe e precise spiegazioni per le pratiche che esistono realmente, rendendo fruibile la lettura anche per chi non fosse esperto di lotta e persino le descrizioni delle abilità più esagerate si basano su concetti realistici, come se questi nella teoria potessero essere utilizzati. Per fare un esempio, c'è una tecnica (la mia preferita) che consiste nel comprere tutti i muscoli in un singolo punto al centro dell'utlizzatore per poi rilasciare un singolo potente colpo.

Ogni incontro ha le sue fasi, fra quella iniziale dove i lottatori cercano di individuare i punti deboli del nemico, alla lotta pura e cruda, per poi giungere a un climax. L’intelligenza della scrittura è data dalla difficoltà d’individuazione della parte conclusiva, poiché è davvero difficile capire quando un incontro sta per concludersi, e al contempo questo potrebbe finire in ogni momento, proprio come un vero combattimento fra professionisti.

Non vince il più forte o il più veloce, ma il più astuto, il più previdente o quello che si adatta meglio.

La presenza di tante arti marziali, tecniche di combattimento e altri spunti da discipline realmente esistenti, permette all’autore di manifestare tutto il suo amore per queste. Viene trattato del perché un lottatore dovrebbe amare il modo in cui lotta, perché crede in quello che alcuni potrebbero definire sport, e come una disciplina può aiutare un essere  umano, arrivando anche a salvargli la vita.

Ma questo non vuol dire che le arti marziali non fanno male. Sangue, grida di dolore, ossa spezzate e penetrazioni sono fra le tante cose che possono succedere in combattimento. E tutto questo è reso incredibilmente bene dai disegni di Daromeon.

Le illustrazioni partono deboli nei primi capitoli che precedono il torneo, ma una volta che questo inizia c’è un netto miglioramento, quasi come se si volesse rendere al meglio la competizione. Le tavole del manga sono ottime, e danno molta importanza al corpo umano. C’è tanta attenzione al movimento, e su come si muovono le articolazioni, permettendo a dei disegni statici di sembrare fluidi, o persino in movimento. Tutti i dettagli come ferite o parti del corpo che perdono sangue sono parte del racconto e hanno una loro rilevanza nel confronto.

Per quanto l’opera, come già detto, si basi sul confronto fisico, non vuol dire che questa non abbia una storia. C’è una trama, che pian piano si svolge dietro le righe all’oscuro di tutti, ma ancor meglio riuscita è la lore del mondo.

Molti concetti e personaggi in Kengan vengono descritti e questi non sono lasciati a loro stessi, bensì danno contesto o vengono riutilizzati in seguito in maniera molto simile allo stile di Eiichiro Oda.

Ma dei tanti aspetti positivi di Kengan Ashura, penso che il suo più grande pregio stia proprio nella progressione. Avanzando nel torneo, i combattenti maturano, si evolvono, poiché sono sempre più vicini al loro obiettivo. Con loro cresce anche l’enfasi del racconto, c’è più hype intorno alle battaglie, la posta in palio aumenta e i combattimenti sono sempre più sudati. A mio modo di vedere, questa narrazione ricorda molto quella de ‘’L'urlo di Chen terrorizza anche l'occidente’’, o di buona parte dei film di Bruce Lee se vogliamo generalizzare.

Nelle pellicole, il protagonista supera una serie di sfide tramite il combattimento, e gli avversari che gli si pongono dinanzi sono sempre più agguerriti, fino a raggiungere il boss finale, un individuo molto potente che mette in seria difficoltà il guerriero. Kengan Ashura segue in pieno questo stile con le diverse fasi, omaggiando in pieno contemporaneamente le arti marziali e Bruce Lee. Infatti molti personaggi sono denominti in base a grandi atleti della storia, o questi sono direttamente citati nel corso del manga

Lo scopo dell’autore è proprio quello, di dare importanza al combattimento, di far rendere conto di quanto le battaglie siano importanti e di quanto per lui siano belle le discipline.

Con Kengan Ashura Sandrovich ha scritto un tributo a tutto ciò che sono le arti marziali, a ciò che rappresentano e ai più grandi atleti che la storia umana abbia mai visto.

Del resto non si può dire che arti marziali senza ‘’arti’’, e indipendentemente da quanto spesso queste vengano mal utilizzate, in origine sono state create con un semplice scopo: aiutare i deboli a difendersi. Il messaggio del manga sta anche in questo, nessun lottatore è nato forte, questi si sono allenati per mesi o anche anni, hanno raffinato la loro tecnica e sono diventati dei combattenti. Se i forti hanno la forza dalla loro, anche un debole grazie alle arti marziali può diventare un forte, e di conseguenza difendersi da chi prima poteva temere.

Una causa nobile, e lo scrittore lo sa e ne ha dedicato una lettera d’amore all’arte delle arti marziali.

E questa lettera d’amore è Kengan Ashura.

Arrivederci.

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