I segreti del successo di Blue Lock
Tra i tre manga più venduti del 2023, Blue Lock racconta di un calcio malvagio ma affascinante, in grado di incantare il Giappone e tener testa a mostri sacri come One Piece. Mi sono chiesto quali potrebbero essere i segreti del suo successo.
Se non seguite da tempo manga e anime può darsi che vi siate persi uno dei fenomeni culturali dello scorso anno: Blue Lock. Il racconto tutt’ora in corso a cura di Muneyuki Kaneshiro e Yusuke Nomura parla di un calcio brutale, a tratti fantascientifico, in cui uno sport notoriamente di squadra viene messo da parte in favore di un conflitto tra ego.
Ho quindi pensato di spiegarvi quali sono, a mio avviso, i tre segreti dietro il successo di Blue Lock, per dare una chiave di lettura diversa del manga che, nel 2023, ha distaccato notevolmente One Piece e Jujutsu Kaisen in merito a copie vendute.
La perfezione da costruire
Per chi non conoscesse Blue Lock, bisogna partire da un evento sportivo piuttosto recente, ossia l’eliminazione della nazionale giapponese di calcio dai Mondiali di Russia 2018.
In quella competizione la compagine nipponica registra un’eliminazione “onorevole” ma brutale, con una sconfitta per 3-2 contro il Belgio, che recupererà il duplice vantaggio degli avversari.
Normalmente il Giappone riesce a figurare bene ai Mondiali, e non di rado strappa biglietti per la fase successiva. Nel 2018 però qualcosa risulta inceppato sin dai gironi, dato che questi vengono superati solo in virtù del fair play, ossia una regola che premia, in caso di punteggio e differenza reti uguale tra due partecipanti, il team che ha registrato meno cartellini e falli.
Da questi eventi realmente accaduti Kaneshiro e Nomura immaginano un’accademia futuristica in cui il visionario (e non del tutto equilibrato) Jinpachi Ego sviluppa il progetto Blue Lock, ossia un processo scientifico indirizzato alla costruzione dell’attaccante perfetto, in grado di portare il Giappone ad alzare la Coppa del Mondo. Per farlo, trecento ragazzi definiti “diamanti grezzi” vengono ospitati nell’omonima struttura in cui dovranno darsi battaglia dentro e fuori il campo, tra pressioni psicologiche e partite all’ultimo sangue.
È proprio da qui che possiamo iniziare a capire i punti forti di Blue Lock.
Modernità
I dati sulle vendite di manga del 2023 chiariscono un punto importante da cui partire: lo Spokon (manga e anime sportivi) è un genere che piace. Tra il ritorno di Slam Dunk al cinema e l’esplosione mondiale di Blue Lock, non sono rare le produzioni di successo in tal senso, anche se in Italia si tende a nominare solo Captain Tsubasa, aka Holly e Benji. Nulla da togliere alle storie che hanno gettato le basi di quel che leggiamo oggi, ma oltre le vicende e i personaggi, è chiaro che al centro di tutto ci deve essere anche lo sport, e le discipline nel tempo sono cambiate molto.
Giusto per darvi un esempio già citato, ci sono enormi differenze nella resa delle partite e delle giocate di Slam Dunk, ispirato al basket di Michael Jordan e dei Chicago Bulls, rispetto al più recente Kuroro No Basket. Allo stesso modo, Blue Lock guarda al calcio attuale, dove certi ruoli e schemi hanno soppiantato quelli precedenti. Mi riferisco a concetti come l’attaccante “moderno”, cioè una punta forte fisicamente ma anche veloce e tecnica, che ha annichilito la precedente figura del finalizzatore. Oggi le società di calcio formano sin dai pulcini atleti di questo tipo, completi e competitivi, cercando di ricreare le ricette che hanno dato vita a campioni come Messi, Mbappé, Haaland e Cristiano Ronaldo.
Blue Lock, pur nella sua esagerazione, non sta inventando qualcosa di totalmente assurdo. E per questo funziona.
Battle Royale
300 partecipanti, in competizione dentro una struttura fuori dalle normali regole della società e uno solo dei contendenti che verrà incoronato vincitore assoluto. Vi ricorda qualcosa? Blue Lock reinterpreta, miscelandolo con il calcio, quel canovaccio narrativo che ha portato al successo un numero enorme di produzioni: dal manga Battle Royale a Fortine, passando per Hunger Games, Alice in Borderland e Squid Game.
Un giorno capirò quale meccanismo stimola questo genere di storie, ma nel frattempo è chiaro che la battaglia reale ha un certo fascino su noi spettatori, e Blue Lock ne beneficia parecchio, al punto tale da rendere plausibile uno dei suoi aspetti più assurdi.
Paradosso
Il calcio è uno sport di squadra, e non può prescindere da questa regola immutabile. Allo stesso modo per giocare hai bisogno di undici elementi, ma non tutti possono essere attaccanti (come i 300 partecipanti): c’è bisogno di un portiere, di difensori e di centrocampisti che raccordino i reparti. Senza questi elementi, le partite sono un disastro e in campo regna solo il caos.
Blue Lock presenta sempre una gustosa cattiveria. I personaggi si ripetono costantemente frasi come “divorerò il tuo sogno” o “ti annienterò”, non proprio le frasi che vorresti sentir dire da un compagno di squadra. Eppure, per quanto assurdo, il tutto funziona: un po’ perché i protagonisti devono scendere a compromessi per andare avanti nella competizione, un po’ perché si attende sempre il momento giusto per piazzare il colpo vincente, anche nei confronti dei propri compagni. Non di rado in Blue Lock la palla viene intercettata o rubata, e in campo si sviluppano alleanze, tradimenti e “annientamenti”.
Nella sua recensione dei primi volumi, Rebecca Silverman di Anime News Network definiva Blue Lock uno “sport distopico”, e questa espressione calza perfettamente anche con la mia idea del manga: un calcio fatto di egocentrismo e crudeltà, che annienta l’idea di unione con cui ci ha fatto crescere Tsubasa, nello stesso identico modo in cui i partecipanti annientano lo spirito sportivo di compagni e avversari. Il Blue Lock non è un posto per deboli.
Per tutte queste ragioni, ritengo quello di Kaneshiro e Nomura un successo meritato, perché in Blue Lock troviamo elementi riconoscibili ma reinterpretati in una chiave moderna e insolita. Forse una storia non perfetta, ma appassionante, ed efficace nel descrivere un calcio che è cambiato anche nella realtà. Per far fronte a un mondo incattivito, talvolta serve un ego smisurato.