I classici del canone scolastico potrebbero diventare dei videogame educativi?
Quali classici della letteratura sarebbero adattabili a un videogioco? Proviamo a incastrare stili di videogame e grandi opere letterarie.
Le letteratura italiana custodisce al suo interno quelli che sono degli indiscussi capolavori della cultura europea. Purtroppo, col passare del tempo, diventa sempre più difficile mediarli alle nuove generazioni: magari non tanto alla classe d’eccellenza del miglior liceo classico della grande città, ma magari a quegli studenti che, anche legittimamente, non hanno la letteratura al primo posto come loro interesse, specie quella di un canone che è altissimo ma, proprio per questo, spesso impervio.
Per mediare l’esperienza, si fa ricorso talvolta anche al cinema, al fumetto, e ad altre forme espressive che aiutino l’incontro: perché però non ipotizzare di usare anche il videogame, che è sicuramente il medium più vicino alle nuove generazioni?
Un po’ per gioco letterario e un po’ per provocazione (ma non gratuita) ho provato a ipotizzare alcune possibilità di adattamenti videoludici di grandi classici letterari insegnati comunemente a scuola.
Naturalmente, l’idea non è di titoli classe AAA, che richiederebbero un investimento enorme senza possibile riscontro sul mercato, ma di ipotetici giochi didattici che magari integrino una parte ludica e una di spiegazione, come di fatto accade, ad esempio, in “Assassin’s Creed”, dove è possibile (in una certa misura, essendo un videogame comunque commerciale) approfondire le varie figure presentate come personaggi del gioco.
It’s me, Dante
Cominciamo a dire che della Commedia dantesca (anzi, solo dell’Inferno) esiste già un videogame, magari scarsamente apprezzato ma comunque presente: “Dante’s Inferno”. Il gioco è un titolo commerciale, quindi non ha al centro un intento didattico e si permette alcune numerose “licenze poetiche” (o, meglio, videoludiche).
Forse la Commedia dantesca si adatterebbe bene a un platform dato che, in fondo, è una idea-base del platform stesso: infatti, Dante – in team up con Virgilio – deve prima scendere una serie di livelli dell’Inferno fino al boss finale, poi risalire il purgatorio, e infine attraversare i cieli fino alla Candida Rosa dove giungere finalmente alla visione divina. In pratica la Divina Commedia sarebbe la descrizione di questo videogame in “cheat mode”, senza che Dante faccia solitamente altro che osservare ogni singolo girone (c’è qualche momento di scontro in realtà, all’inferno, come con Filippo Argenti e poi per entrare nella città di Dite): ovviamente in chiave videoludica dovrebbero esserci degli ostacoli a attraversare ogni cerchio, bolgia, girone o cielo paradisiaco. Un qualcosa di simile a suo modo esiste nell’Indie, con “Don’t look back”, che adatta però il seminale mito di Orfeo ed Euridice, in modo artisticamente libero.
Boccaccio a Monkey Island
Passando alla seconda delle tre corone, Boccaccio sarebbe perfetto per un adventure grafico in stile Lucasfilm o Sierra, con un certo elemento umoristico. Ovviamente l’adventure è l’elemento che meglio si adatta a quasi tutti i romanzi, italiani e no: in questo caso, abbiamo una serie di racconti, che potrebbero però essere unificati inventando un protagonista del gioco, un Guibruccio Tripudio (ipotetica italianizzazione forzata dell’eroe di Monkey Island) che deve aiutare Lisabetta da Messina e Federico degli Alberighi.
E, in effetti, “Usa TESTA DI LORENZO con VASO DI BASILICO” come soluzione del livello sembra uscito da una opzione dello Scumm System.
La terza corona, Petrarca, è piuttosto difficile da trasformare in qualcosa di videoludico, dato l’assenza di una vera e propria dimensione narrativa che si può trasporre in gioco: e questo vale un po’ per tutti i poeti (ma, magari, qualche lettore ha in mente qualche soluzione brillante).
Beat’em Up, ma con cavalleria
A livello narrativo, invece, i poemi cavallereschi di Ariosto e Tasso sono semplicemente perfetti. Qui mi immaginerei un beat ‘em up a scorrimento orizzontale, sul modello del classico Double Dragon, o meglio ancora “Knights of the Round”, che richiama in modo estremamente libero il ciclo arturiano (il boss finale è, sorprendentemente, un Garibaldi non proprio nel suo contesto storico).
Per l’Orlando Furioso potrebbe funzionare un meccanismo alla Altered Beast, con il player principale che diviene sempre più furioso e quindi potente man mano che, avanzando nello schema del locus amoenus degli amori di Angelica e Medoro, scopre che la donna da lui amata ha scelto un altro. L’ippogrifo ovviamente è una perfetta cavalcatura bonus stile i tre draghi di Golden Axe.
Locandiera Literature Club
Per i grandi classici del ‘700 – Goldoni, Alfieri, Parini… - vedo sempre come ideale la forma dell’avventura grafica, anche se forse si adatta ancor meglio la modalità nipponica, incentrata soprattutto sugli scambi di dialoghi, tipo Doki Doki Literature Club (appunto). Magari ecco, meno horror: e inoltre, potrebbe essere interessante – qui come in altri casi – usare lo specifico del videogame, ovvero dare la possibilità di esplorare finali alternativi della storia. La locandiera si sposa il Marchese di Forlimpopoli, o un altro dei pretendenti, una rivolta proletaria fa finire il giovin signore e i suoi compagni con la testa in cima a una picca, Jacopo Ortis non si suicida e si unisce ai nascenti cospiratori del Risorgimento.
Per i Promessi Sposi di Manzoni, volendo, potrebbe anche funzionare un first person shooter alla Doom (senza molto shooting, magari con armi bianche e qualche occasionale spingarda) o un action-adventure alla Grand Theft Auto: specie per alcune scene del romanzo in effetti molto efficaci, se le si libera dall’alone di opera scolastica per eccellenza. Pensiamo alle due scene di Renzo a Milano, prima durante la tumultuosa rivolta dei forni, poi durante la peste (che è in effetti molto “doom”, apocalittica, e piaceva ad Edgar Allan Poe), ma anche alla notte degli inganni o al duello / origin story di Fra Cristoforo. Anche se il finale nel lazzaretto, alla ricerca di Lucia, più che col perdono cattolicissimo, in chiave videoludica si dovrebbe concludere con uno scontro finale con Don Rodrigo (e al limite la scena del perdono si può mettere dopo che il signorotto appestato è stato doverosamente crivellato di colpi di spada e di archibugio).
Comunque, un videogame sul grande romanzo del nostro ottocento è in corso di realizzazione, pare. Parlo, ovviamente, di Pinocchio
‘900, il secolo dei videogame
Passando al Novecento, per il Verga si potrebbe scegliere Mastro Don Gesualdo, come uno strategico – gestionale in real time, alla Railroad Tycoon anche se i capitali da accumulare sono campi e attività di pesca sul territorio siciliano (i Malavoglia, volendo, potrebbero essere uno spin off in stile boat simulator). O magari, restando nei dintorni del verismo, si potrebbe davvero pensare, come primo tentativo, di lanciare un videogame su Grazia Deledda, probabilmente “Canne al vento” in chiave adventure: un modo, anche, per valorizzare una delle più importanti autrici, Premio Nobel letterario messo un po’ ai margini del canone.
Naturalmente anche di Pirandello e Svevo si potrebbero trarre degli adventures: ma, volendo, in modo un po’ indiretto, e nell’ottica di utilizzare ciò che già c’è, si potrebbe riprendere il videogioco su Freud attualmente in lavorazione, dato che queste teorie stanno dietro alla rielaborazione letteraria del grande romanzo psicologico del ‘900.
Passando al secondo Novecento, per il neorealismo, il Fenoglio di Una questione privata, simulatore bellico ambientato nella Resistenza (e funzionerebbero bene anche Il partigiano Johnny o i 23 giorni della città di Alba). Pavese andrebbe anche bene, un po’ meno action.
Per chiudere coi padri nobili del nostro postmoderno, di Calvino le Città Invisibili si presterebbero a un gestionale alla Sim City: anzi, ogni città potrebbe semplicemente diventare uno scenario possibile del gioco, così come potevamo giocare la Tokyo attaccata da Godzilla, la Detroit colpita dal crimine o la Springfield dove esplode una centrale nucleare. DI Calvino, lascio a margine la Trilogia degli Antenati, dichiarata e geniale reinvenzione della giocosa epica ariostesca, perfetta per reinterpretazioni action/adventure esattamente come gli originali di Ludovico.
Buzzati è noto per i suoi racconti, soprattutto, e sono questi a poter essere rielaborati in brevi giochi in stile indie: potrebbe essere un banco di prova interessante per un giovane programmatore che vuole lanciare il suo titolo indipendente su Kongregate (o altre piattaforme che vanno di moda loro) proporci di aiutare Stefano Roi a sfuggire al Colombre, o farci precipitare negli orrori della Giacca Stregata con qualche sistema ludico intrigante e innovativo (penso, in modo analogico, a cose tipo Undertale).
Se, con Dante, abbiamo iniziato con un videogioco che c’è già, possiamo concludere con un altro videogioco letterario già esistente: il videogame del Nome della Rosa di Umberto Eco, di cui Nerdcore ha già parlato.