Guida per guardare Evangelion con una persona che dorme durante le puntate
Come affrontare l'annoso problema del partner che dorme durante la visione della propria opera preferita? Tipo Evangelion...
Da qualche settimana è disponibile, finalmente, il finale della Rebuild di Evangelion (di cui qui trovate un nostro pezzo), pertanto ho colto l’occasione per fare qualcosa che mi dicevo di dover fare da tempo: spingere Giulia, la mia compagna, nelle braccia di una delle opere più controverse e importante degli ultimi anni.
Digiuna lei e bisognoso io di un rewatch dopo tutti gli anni passati senza Evengalion ho deciso di fare una “piccola” maratona per farle scoprire un mondo di cui ero sicuro si sarebbe innamorata. Ha dormito per tutto il tempo, invece.
Ha dormito perché, cito testualmente, “è troppo lento, è troppo criptico e non si capisce niente di quello che vogliono dire”. Però lo voleva guardare e lo guardava solo ed esclusivamente perché ero li, al suo fianco, che le spiegavo, scena dopo scena, quello che stava succedendo anche grazie ai numerosi rewatch che feci in tempi non sospetti della serie originale.
Quindi ecco che, dopo un discreto numero di episodi, mettevo in pausa la visione per provare a spiegarle tutto quello che avevo appena visto mentre lei mi sbavava addosso dormendo.
La reazione è sempre stata la stessa: “ma quando hanno detto questa cosa? Come fai a saperla?” a cui rispondevo sempre con “eh, lo dicono più tardi e nei film”. “Vabbè è noioso lo stesso”. Un copione continuo che è durato per ben 26 episodi e che credo rimarrà intatto anche nella visione di Death True e The End of Evangelion nonostante speri che la durata minore di entrambe le pellicole possa bastare a non farla calare la palpebra e a farla immergere completamente nell’opera.
Non succederà, ovvio, ma la speranza è sempre l’ultima a morire.
Ma a che serve tutta questa introduzione così lunga e senza senso? Solo a flexare la mia ragazza che si è costretta a dare un occhio ad una serie che è completamente lontana dalla sua persona solo per farmi contento? Un pochino, forse.
Più importante, però, è provare a scrivere due “regolette” per tutti quelli che, come me, potrebbero trovarsi nell’increscioso momento in cui cercano di far vedere al/alla proprio/a compagno/a un’opera a cui si è follemente legati ma che loro non hanno mai visto in vita propria.
Avete presente l’episodio di How I Met Your Mother in cui Ted mostra per la prima volta Guerre Stellari a Stella? Ecco, la situazione è più o meno la stessa anche se Ted mi ha insegnato come NON bisogna approcciare il “problema” mentre Stella, d’altro canto, rappresenta esattamente come il partner dovrebbe reagire alla situazione: anche se l’opera non ti ha pienamente conquistato, se ci tieni così tanto al rapporto sei disposto a fingere che la cosa ti interessi. Anche solo per dormire abbracciati durante la visione di un bel prodotto.
La prima cosa da fare è evitare di far sentire il partner inferiore per non mai visto una determinata opera (anche se questo dovrebbe valere con qualsiasi tipo di relazione, non solo quella sentimentale): non aver mai visto Evangelion non è, ovviamente, un problema.
Chiaro che è estremamente complesso per chi è estremamente legato a qualcosa evitare di avere un comportamento del genere (che io stesso, spesso, quasi sempre, ho con tutti) perché viene quasi naturale. Purtroppo è proprio da questo inizio che derivano tutto il resto delle conseguenze: sbagliare l’approccio equivale, quasi sempre, a qualcosa di brutto nell’immediato futuro.
Prova a spiegare, invece, perché un’opera è importante in modo più generale senza dover obbligatoriamente sfociare nel classico “ma come non lo hai mai visto? Dove hai vissuto fino ad ora” è decisamente l’approccio preferibile.
Faccio un esempio pratico, sia con Evangelion che con il recentissimo Dune.
In entrambi i casi ho spiegato a Giulia di cosa stessimo parlando e dell’impatto che questi media hanno avuto nell’immaginario collettivo e quanto importanti siano stati per i rispettivi generi di appartenenza.
Non sto, ovviamente, qui a parlare della loro importanza perché non è questa la sede ma l’approccio ha avuto il risultato voluto, creare delle sana curiosità che è sfociata nella voglia di provare a colmare una piccola lacuna nel suo bagaglio culturale.
Tanto basta per sedersi sul divano, accendere la TV e mettere su il primo episodio di Evangelion.
Come il buon Ted Mosby però ci insegna, non va bene continuare a fissare il partner sperando in una sua reazione esagerata (ma va?): in soldoni non va assolutamente creata nessun tipo di aspettativa. Bisogna convivere con il fatto che l’opera potrebbe non piacere. Ebbene sì.
Così dopo aver visto Shini salire per la prima volta nello 02 e il suo primo combattimento con il terzo Angelo è arrivato il momento delle domande.
“Perché è il terzo? Cosa sono gli Angeli? Perché può salire solo lui su quel robot? Ma mi spiegheranno qualcosa in questa serie?”.
Qui arriva il momento di quella brutale ma necessaria sincerità. “Nessuno ti spiegherà mai niente, devi capire da te attraverso le immagini e i dialoghi ma, soprattutto, se vuoi davvero queste risposte ti tocca guardarla”. E così è stato.
Ci sono voluti 26 episodi di pazienza, perché la terza regola è proprio avere pazienza, nello spiegare, anche più volte quanto stava accadendo sullo schermo: la sua era genuina curiosità e laddove l’opera non rispondeva alle sue perplessità (anche perché stava dormendo) dovevo pensarci io per provare a tenere vivo l’interesse.
Ah, sì. C’è una quarta regola, la più importante dopo la prima: mai sottolineare che ci si è addormentati in un momento clou. Non esistono momenti importanti per chi non sa nemmeno cosa sta guardando. Se ci si è addormentati è perché, evidentemente, qualcosa è andato storto.
Ovviamente l’ho presa in giro per 26 episodi ed è per questo che non vedremo mai i Rebuild assieme, purtroppo.