Fleishman a pezzi - Oltre al divorzio c'è di più
Fleishman a pezzi è una serie Starz che, apparentemente, tratta solo di un divorzio. Ottimamente girata, scritta e recitata, nasconde molto di più. E scuoterà il vostro piccolo mondo.
Fleishman a pezzi è una serie Starz, che potete facilmente trovare su Disney +. Potete facilmente anche perdervela – almeno questo è stato quasi il mio caso – perché non ha avuto un battage pubblicitario enorme, nonostante il cast, la regia e i temi trattati.
Io ci sono arrivato, come capita quasi sempre nel mondo dell’enorme quantità di prodotti dell’intrattenimento, tramite il consiglio di un’amica.
E sono rimasto folgorato, legato al divano sempre di più, man mano che la serie procedeva.
La trama di Fleishman a pezzi è molto semplice: seguiamo le giornate di un medico newyorkese, specialista in nefrologia, e della sua famiglia – moglie e due figli – alle prese con una crisi matrimoniale molto grave, che si risolverà in un drammatico divorzio.
Nulla di nuovo, nulla di sconvolgente.
Le prime puntate possono essere definite come il manuale del dramedy: Toby – il medico protagonista, incarnato da un ottimo Jesse Eisenberg – si trova di punto in bianco, dopo una vita da papà ordinario, amorevole e fin troppo tranquillo, alle prese con le app di dating, il magico mondo del sesso occasionale e l’euforia che essere un medico di successo single in America si porta dietro.
Tutto questo alternato al suo struggimento interiore (le fasi di accettazione del lutto sono al centro di una delle prime puntate) e al dolore che si prova quando il mondo intorno a sé – costruito con fatica, dedizione, amore ed entusiasmo – procede su un piano inclinato fino all’inevitabile crollo.
Nulla di nuovo, dicevo.
Nonostante questo, la regia che alterna ritmi serrati a lunghi momenti di stasi – perfettamente rappresentativi delle emozioni che tutti i protagonisti vivono – unita alla recitazione eccellente di praticamente tutto il cast (dalla moglie/agente teatrale in ascesa Claire Danes fino agli amici ritrovati dopo quindici anni Lizzy Caplan e Adrian Brody), permettono allo spettatore di godersi piacevolmente le prime puntate.
A un certo punto, quando (quasi) tutto sembra essersi risolto o perlomeno quando la visione che ci è stata concessa fino ad allora su quel mini mondo trova un equilibrio, la storia svolta, prende una direzione diversa e riempie lo spettatore di schiaffi, svegliandolo dal torpore del sorrisetto da battute di ebrei newyorkesi ricchi, sui problemi da primo mondo come il networking dei figli e così via.
La seconda parte della serie, infatti, scava a fondo in quella che fino ad allora era sembrata solo una lieve escoriazione, lacerando i tessuti della normalità e sbattendo in primo piano tutto il dolore, le contraddizioni e le difficoltà che bisogna affrontare anche solo per essere normali, accettati, funzionali.
E così, Fleishman a pezzi salta a piè pari da una miniserie su un divorzio – molto intensa e dolorosa – a una feroce critica sul mondo delle performance, sulle due facce del successo, sul corpo delle donne, sul consenso, sull’overworking, sull’equilibrio vita privata e professionale che un equilibrio non è mai.
Ovviamente, il punto di vista di tutto questo non è più quello di Toby ma diventa quello di Rachel, la granitica moglie dedita esclusivamente al lavoro, che fa di tutto pur di scalare la piramide sociale in nome di un successo che – inizialmente – sembra essere senza senso.
Il cambio di prospettiva della storia avviene proprio quando lo spettatore era ormai al sicuro nelle sue certezze, cullato dal dolore di Toby, abbandonato con due figli e senza più una persona al suo fianco.
Confesso che entrambe le parti in cui è idealmente divisa Fleishman a pezzi mi hanno destabilizzato, per motivi diversi. Per alcuni punti, è stato come fare una piccola seduta di terapia, in cui vieni inevitabilmente portato a guardarti dentro.
La prima parte, legata strettamente al divorzio, mi ha messo di fronte ai limiti delle relazioni umane e a come anche le azioni nate con le migliori intenzioni possano essere interpretabili, fraintendibili e rischino di far precipitare situazioni e rapporti nel più cupo dei baratri. Guardarlo con la mia compagna, accanto sul divano, è stato interessante e terrificante, perché da un lato mi rendevo conto di essere distante anni luce dal tipo di rapporto che hanno Toby e Rachel (tra di loro e con la cerchia di “amici”), dall’altro ogni tanto lo specchio distorto di quella realtà fittizia mi sussurrava inevitabilmente quanto fosse sottile il velo che separa chiunque di noi da quel tipo di orrore.
La seconda parte, invece, è stata uno shock. Un po’ perché mi aspettavo un capovolgimento del punto di vista, ma non così radicale, un po’ perché i temi trattati – in una singola puntata – sono talmente tanti e così stratificati che meriterebbero una trattazione a parte. Purtroppo non posso scendere nel dettaglio perché rischierei il mega spoiler che vi rovinerebbe buona parte della visione ma sono dell’idea che la settima puntata di Fleishman a pezzi dovrebbe essere vista nelle scuole, negli ambulatori, nei consultori perché fornisce spunti di riflessione necessari e doverosi, soprattutto oggi, soprattutto agli uomini.
Fleishman a pezzi, quindi, ha moltissimi livelli di lettura, sia come prodotto dell’intrattenimento (basti pensare ai film, alle serie, ai libri o ai fumetti raccontati da più punti di vista, in cui la storia cambia e si completa solo agli occhi del pubblico) sia come strumento di critica verso un certo modello di società in cui siamo immersi e da cui diventa difficile perfino astrarsi per guardare le cose dal punto di vista dell’altro.