Fanfiction: raccontare altro, creare di più
Ci abbiamo girato intorno finora: che cosa sono le fanfiction, come nascono, quando e che senso hanno? Il terreno dove si coltivano le ship è pieno di radici, proviamo a raccontarle.
Fin dall’inizio dei tempi, l’umanità ha raccontato storie. Raccontare storie è quello che ci rende umani, che ci definisce, ci unisce, ci nutre. E soprattutto ci fa litigare un sacco. Ma tantissimo proprio. Quanto riusciamo a litigare sulle storie, su quello che sarebbe legittimo raccontare e quello che invece no, su cosa sia degno di stare sugli scaffali della biblioteca e cosa invece dovrebbe essere relegato di nascosto racconti orali bisbigliati dietro ai bidoni in un vicolo.
Letteratura legittima, narrativa alta, teatro classico, arte, anzi scusate, Arte, contrapposte a roba pop, pulp, teatrino, circo, vaudeville, tv spazzatura, cinepanettoni, intrattenimento, signora mia, e non parliamo di letteratura di generi che nemmeno vanno nominati in buone compagnie, che non puoi mica portare un romance o un fantasy a conoscere gli amici del club dei ventisette, suvvia, che figura ci fai?
Insomma, raccontare storie ci piace, ma abbiamo bisogno di definirle, di metterle dentro dei recinti e ad un certo punto abbiamo deciso che uno di questi recinti, nemmeno uno da poco, era quello dell’originalità. È una cosa successa piuttosto di recente, praticamente l’altro ieri, nel ventesimo secolo, e ha a che fare con lunghi, interessanti e complicati discorsi, che tirano in ballo gente molto più qualificata di me e io il signor Walter Benjiamin non vorrei disturbarlo che poi diventa un pelo ingombrante.
È comunque col ventesimo secolo, ancora una volta, che l’originalità diventa importante, che diventiamo così attenti a non ripetere, non copiare, non prendere troppa ispirazione, che ci spaventa essere accusati di plagio più che se fosse di frode. Ed è nel ventesimo secolo che raccontare storie ispirate ad altre, prendendone a prestito personaggi e ambientazioni, temi e talvolta stile, viene ribattezzato con il nome di fanfiction.
Eccoci qui, perché sì, è il momento di affrontare il grande e chiassoso elefante nella stanza, un termine che ho usato impunemente fin dall’inizio di questo excursus nel mondo del fandom e dello shipping e che è un perno fondamentale di tutto questo universo: la fanfiction.
Che cosa vuol dire fanfiction, prima di tutto? È un termine che si comincia ad usare intorno agli anni 40 e che mette subito in contrapposizione questo tipo di narrativa con la pro-fiction, storie scritte da fan, da amatori, da distinguere da quelle scritte da professionisti, gente che scrive per mestiere, insomma. La fanfiction è una storia, un'opera di narrativa, che si ispira a un’altra opera già esistente. È un’opera derivata e spesso trasformativa, che prende personaggi, ambientazioni, temi, trame esistenti e li rimaneggia, amplia, continua, fino a creare qualcosa di nuovo che rimane però strettamente legato al suo materiale originale.
Il materiale originale, come abbiamo già visto, si chiama canon, mentre tutto quello che si va a creare nell’universo della fanfiction viene distinto chiamandolo fanon.
Canon è l’opera originale, i rapporti tra personaggi come li vediamo lì, i fatti nell’ordine in cui si svolgono, i temi come si sviluppano in originale, mentre fanon è tutto quello che viene sviluppato dal fandom attraverso la narrazione delle fanfiction, lo shipping, le analisi, la fan art eccetera.
Il concetto stesso di fanfiction ovviamente non è nulla di nuovo. Volendo essere iperbolici, ma non così distanti dalla realtà, un bel po’ di letteratura occidentale ha i piedi ben piazzati nella fanfiction: da Omero e le sue fic storiche, basate su avvenimenti reali riadattati, a Virgilio, che prende un personaggio di Omero e ci canta la sua versione e prosegue “dove eravamo rimasti” (un classico della fanfiction, quello di continuare dove il lavoro canon si interrompe).
Non si può dire senza che arrivino a darti fuoco con le torce, ma Dante scrive una fanfiction religiosa con tanto di self insert in cui si cava pure tutti i sassolini dalle scarpe facendo fare a personaggi storici, contemporanei, mitologici la fine che pare a lui, nella migliore delle tradizioni del genere, ma del resto l’argomento religioso si presta un casino a questo tipo di manipolazione e abbiamo pure Milton, volendo, che col Paradiso Perduto ci dà un esempio di fanfiction biblica.
L’intera produzione di Shakespeare è ispirata a altre storie, persone realmente esistite, praticamente RPF, rielaborazioni di eventi storici, leggende popolari e classici e dopo di lui le stesse storie verranno riprese a loro volta da altre mani.
Del resto, in teatro, le differenti versioni di una stessa storia sono all’ordine del giorno, sin dal teatro classico, con le mille Medea, Edipo, Antigone e poi Otello, Faust, Don Giovanni andando avanti con gli anni.
Insomma, l’idea dell’originalità come valore assoluto non sembra essere il “problema” qui, ma forse è proprio la definizione di FAN fiction che lo crea. È quando a scrivere queste opere derivate, trasformative, sono penne che non lo fanno di mestiere, che si traccia una linea di demarcazione. In parte è vero, e infatti quando leggiamo storie di Sherlock Holmes scritte da autori che non sono Conan Doyle, per esempio, parliamo di apocrifi, o in alcuni casi, pastiche, e non di fanfiction e quando si vede un influsso bello ricco di storie che sono rimaneggiamenti in chiave diversa di storie già conosciute, come succede ultimamente nell’editoria soprattutto fantasy e storica, li chiamiamo retelling.
Il termine fanfiction comincia ad essere utilizzato, così, con questo significato e con una connotazione di distanziamento dalla narrativa originale e autoriale, negli anni quaranta, dicevamo, ma il fenomeno prende il largo negli anni sessanta, grazie ancora una volta alle fanzine e, sì, naturalmente, a Star Trek. Arieccoci.
Il nome della fanzine è Spockanalia, l’anno è il 1967 e la diffusione avviene via posta, per abbonamento, ben lontano dal futuro di condivisione immediata e commenti in tempo reale, ma l’effetto è incendiario. Su Spockanalia vengono pubblicati disegni fatti dai fan, articoli, racconti di convention e incontri, interventi degli stessi autori della serie, da Roddenberry a D.C. Fontana, e infine fanfiction, scritte da fan che, in alcuni casi, finiranno poi per diventare anche autrici e autori di materiale canonico della serie.
Naturalmente, come abbiamo già visto quando si parlava della nascita e la diffusione dello shipping, quello che nasce dentro il fandom di Star Trek NON resta dentro Star Trek e ben presto sia la pratica di scrivere storie apocrife sui personaggi di un beneamato fandom sia quella di dare loro relazioni diverse da quelle canoniche si allarga ad altri mondi e storie.
Raggiungere il proprio pubblico e in questo caso anche i propri autori, però, non è facile e non è immediato fino a che non arriva internet, ed è con lo sbarco sul web che, ancora una volta, le cose prendono il volo.
Sin dagli esordi della rete, tra i testi fatti circolare su usenet, nelle prime mailing list e nei gruppi c’erano fanfiction, scritte a volte a puntate, a capitoli e rilasciate nelle mani del pubblico che le aspettava con ansia, pronti a scaricarle e leggerle a schermo o a stamparle per poterle divorare con calma, magari non dal computer di famiglia o dell’università.
Con la diffusione dell’accesso a internet e la crescita del web come spazi di aggregazione, si formano comunità intorno ai vari fandom e al loro interno la “scena” della fanfiction fa la parte del leone. Ci sono mailing list dedicate a singole ship, dove migliaia di iscritti e iscritte si scambiano storie su quel pairing e commenti, analisi, aspettative, si scatenano litigi, flame colossali, grandi fuoriuscite di utenti da gruppi e scismi all’interno di fandom che nascono magari da un commento critico lasciato su un capitolo di una fanfiction.
Ad un certo punto, oltre a mailing list, forum e siti “privati” dedicati a raccogliere fanfiction, si creano dei portali di storie, inizialmente dedicati a singoli fandom, quando non addirittura a singole ship. Spesso è necessario avere un account e seguire delle regole ben precise per leggere le storie pubblicate su questi siti e soprattutto, a maggior ragione, se si vuole pubblicare a sua volta qualcosa o commentare. I commenti sono una parte fondamentale del mondo della fanfiction, perché rendono un rapporto già così ravvicinato tra autori e fruitori della storia quasi immediato, privo di distanza.
Grandi scissioni di fandom e creazioni di correnti si vanno a creare nel mondo dei siti di fanfiction, divisioni tra shipper, non shipper, antis, accuse di furti di storie, di scrivere materiale offensivo, le storie in sé e per sé diventano il campo di battaglia per veri e propri giochi politici e commerciali che hanno poi spesso ripercussioni anche sul mondo “esterno” e sul materiale originale.
Nel frattempo, non esenti da drammi e polemiche, nascono dei veri e propri archivi aggregatori di storie, che non saranno più limitati a siti dedicati a un singolo fandom o a una ship, ma che accolgono storie di ogni genere, pur che siano fanfiction.
Fanfiction.net è il primo di questi siti e l’unica discriminante che dà per poter pubblicare storie nel suo spazio, è che si tratti di fanfiction, appunto, quindi storie, ma non originali. Ci vuole un profilo utente e naturalmente questo vuol dire scegliere uno pseudonimo, che sarà anche il proprio nom de plume, se si vuole pubblicare storie oltre a leggere e commentare, e sarà la propria identità sul sito, quella con cui si potranno mandare messaggi privati agli autori, creare liste di storie preferite e interagire con gli altri utenti e si diventerà conosciuti e talvolta famigerati per i propri commenti, le critiche o per le storie che si pubblicano, amate, odiate, discusse, magari attraverso più fandom.
Lo shipping ha nelle fanfiction la sua casa natale, è qui che si sviluppa davvero, tra storie lunghe come romanzi che ri-raccontano l’intera storia di un fandom per come sarebbe successa se quei due personaggi fossero stati insieme, o brevi immagini raccontate attraverso le parole di una canzone (le song fic) che ti fanno spiare dentro un momento di vita di un pairing. Ci sono fanfiction che raccontano i momenti mancanti tra le pagine del canone, quello che succede tra un capitolo e l’altro, tra un film e il successivo di una serie, e che vengono definite “missing moments”.
Altre storie sono invece dei completi what if che prendono i personaggi e magari anche solo le tematiche di un fandom e le calano in una situazione, un tempo, un’ambientazione completamente diverso, ed è il caso delle AU, Alternative Universe, dove si va a esplorare cosa succederebbe a John Watson e Sherlock Holmes se fossero attori in un film di Ang Lee, ai personaggi di Dragon Age se si incontrassero intorno a un bar caffetteria nella città bassa di Kirkwall (le coffee shop AU sono un sottogenere a parte molto frequentato) o andando a fare crossover completi di genere e ambientazione quando Dean Winchester e Castiel diventano piloti di Jeager.
Ci sono poi casi in cui le AU dalle premesse più lineari, prendono una vita propria, come quando, invece di essere un eterno adolescente scintillante, Edward di Twilight diventa un riccone manipolatore e al posto del vampirismo si mette il BDSM. Cinquanta Sfumature di Grigio è - cosa che mi stupisce sempre non sia risaputa, ma la quantità di volte in cui ho visto reazioni di pura sorpresa a questa notizia mi fa capire che non è poi da dare così per scontata - una fanfiction AU di Twilight, pubblicata inizialmente col titolo Masters of the Universe (no, nessuna relazione con He-Man, purtroppo).
Sostituiti gli elementi sovrannaturali del romanzo con dinamiche di potere legate a una relazione di tipo BDSM (rappresentata malissimo, sia chiaro, con tutto quello che non dovrebbe essere a farla da padrone) e con la tematica sessuale portata in primissimo piano, Masters of the Universe spopola come fanfiction tanto da scavalcarne il mondo e, con un agile cambio di nomi qua e là, finire per essere pubblicata, prima da un piccolo editore che si prende il rischio legale non indifferente di andare contro le leggi del copyright io perlomeno di dribblarle con disinvoltura, e poi dall’editoria mainstream per diventare fenomeno mondiale come 50 Shades of Grey.
Le fanfiction non sono per forza legate allo shipping, alle tematiche romantiche né tantomeno a quelle sessuali, anzi, c’è una grandissima parte di storie scritte e pubblicate che non hanno nessun contenuto di questo tipo e vengono definite, comunemente “gen” che sta per general, generale o generico, forse diremmo in italiano.
Ci sono anche un sacco di storie che invece sono maratone di puro porno, cinquantamila parole di evoluzioni ed esplorazioni erotiche che riescono a portare avanti racconti epici sulla punta dello smut, magari riscrivendo completamente un fanon nel mentre. Ma non solo: ci sono anche le PWP, porn without plot (o Plot? What Plot?), che si distinguono per il loro essere prive di trama e non farsene assolutamente un problema. Ci sono fanfiction che ci mettono settanta capitoli a far baciare due personaggi (le cosiddette slow burn) e altre in cui si fa uso dei cosiddetti tropes, i cliché letterari che si usano come strumenti per far succedere cose tra i personaggi di una ship, magari subito, e sviluppare da lì le cose, insomma dove non importa poi la cosa ma il come. La fanfiction, insomma, si declina in tanti modi e difficilmente si contiene all’interno di un solo medium.
Non è rimasta confinata sulle fanzine, sui siti, sugli archivi, ha usato ogni nuova tecnologia incontrata per reinventarsi e darsi nuove forme, a mano a mano che la colonizzava e ha da sempre saputo destreggiarsi tra i problemi e le accuse di violazioni della proprietà intellettuale e del copyright, mantenendo fermamente la sua posizione di attività non commerciale.
Scrivere e leggere fanfiction, insomma, non è qualcosa che si fa per guadagnare soldi, non si fa per essere produttivi o andare a togliere qualcosa ad altri e le volte in cui il mondo della fanfiction ha scavalcato questo confine è diventato qualcosa di diverso, di snaturato, anche quando, in rari casi, ha portato a fortuna e gloria.
Come disse nel 1997 Henry Jenkins, (direttore dei media studies all’ MIT e autore, tra l’altro del libro Textual Poachers, uno di quei libri definiti fondamentali se si vuol leggere qualcosa di fandom e fan culture)
“La Fanfiction è il modo che ha la cultura di riparare il danno fatto da un sistema dove i miti contemporanei sono di proprietà delle corporazione, invece che della gente.”