STAI LEGGENDO : Plaguemon - intervista al creatore dei Pokémon maledetti

Plaguemon - intervista al creatore dei Pokémon maledetti

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Michele Hiki Falcone ha preso Pokémon Rosso e lo ha trasformato in un incubo di mostri, malattie e creature orribili. Ecco cosa si cela dietro la cartuccia maledetta per Game Boy

Ottobre 2018.

Sono alla ricerca del mio vecchio Gameboy dentro la soffitta; il compito non è banale perché questo sinistro tugurio, negli anni, ha già inspiegabilmente inghiottito una Playstation 2, una Playstation e un Super Famicom.
Con grande sorpresa, lo trovo subito. Incastrata dietro, c'è la cartuccia di un gioco che ricordo particolarmente frustrante, per non dire infame: The Simpsons: Bart vs the Juggernauts.

 

bart simpson vs the juggernauts gameboy nintendo

In alcuni episodi metatestuali dei Simpsons, si ironizzava proprio sulla dubbia qualità del merchandise prodotto col marchio della serie

 

Sostituisco le sudicie batterie, la luce rossa si accende, lo schermo pure, ma è tutto bianco. Non ho molta fiducia. Riesco a forzare la cartuccia e finalmente a estrarla, è ricoperta di qualcosa simile a ruggine. Un po' per riflesso, un po' per scaramanzia, soffio dentro alla cartuccia e all'alloggio. Inserisco di nuovo il gioco, accendo e stavolta la scritta Nintendo, anche se  parzialmente illeggibile, si palesa. Ripeto l'operazione, soffiando con più energia.
Funziona. Incredibile.
(Non tanto incredibile a dire il vero, ed ecco che tutto è spiegato, compresa la ruggine).

Bene. Bastano pochi minuti di gioco a questo The Simpsons per riaccendere del tutto il mio odio, ma poco importa perché il motivo di questa riesumazione è che da qualche giorno è uscito Plaguemon; esattamente il 30 settembre 2018, ovvero 20 anni esatti dopo l'uscita di Pokemon Rosso e Blu sul mercato nordamericano e australiano.
Cos'è Plaguemon? Plaguemon è un ROM hack di Pokemon Versione Rossa; un'incarnazione psichedelica, acida, demoniaca, erotica e scabrosa del capolavoro Nintendo.

 

plaguemon cartuccia etichetta vinile

Qualche cartuccia di Plaguemon, con etichette in vinile olografico

 

Una cartuccia maledetta, che ti intima sin dalla prima schermata di spegnere il gioco, in cui i personaggi di Pokemon Rosso sono rimasti confinati per 20 anni, sopravvivendo ad un'apocalisse atomica e giungendo alla follia; per avere un'idea: il professore ti accoglie con la tuta anti radiazioni e ti invita a scegliere uno tra i tre Plaguemon starter, indirizzando così il tuo percorso verso la via della droga, del sesso o del satanismo.
Il creatore del gioco è Plague Labs, un brand dietro cui si cela Michele Hiki Falcone, artista a dir poco poliedrico, che si è già cimentato in passato con i videogames (Space Weed, Super Suora Destruction) e che con la sua ultima opera ha attirato intorno a se un interesse internazionale. Sui social, Hiki ha registrato con frequenza i progressi della sua impresa titanica: design, programmazione, musica, tutto il gioco è 100% opera sua.

 

plaguemon fight

Se non si fosse capito, il gioco è denso di riferimenti e simbolismi

Mi domando se Plaguemon non sia davvero un gioco stregato: nell'ottobre 2017, un allagamento in casa costringe Hiki a staccare la corrente e passare alcune ore davanti al pc, durante le quali prova a inserire un Gengar personalizzato nel gioco. Da quel momento in poi non si è più fermato, fino alla fatidica data del 30 settembre scorso, in cui ha lanciato sontuosamente l'uscita del gioco direttamente da Tokyo.
In questo momento, una copia di Plaguemon: Lost Diaries (questo il nome completo) è esposta in una vetrina del Super Potato, ad Akihabara, probabilmente il negozio più importante per la cultura videoludica nipponica e, quindi, mondiale.

Ho seguito con molto entusiasmo il progetto da quando ne ho avuto conoscenza; il modo in cui si inserisce nel contesto delle creepypasta (sorta di leggende metropolitane a tema horror nate e proliferate sul web) lo rende un classico istantaneo; non a caso, le creepypasta a tema pokemon (Pokemon Creepy Black e La Sindrome di Lavandonia, per citarne due tra le più famose) sono state la fonte d'ispirazione primigenia di Hiki.

Si trattava quindi di un successo annunciato: le copie fisiche del gioco sono andate esaurite in meno di un giorno, così come le successive prevendite; al momento, a circa tre settimane dall'uscita, se volete una copia dovrete aspettare e monitorare i profili di Plaguemon e di Hiki. In alternativa, si può scaricare gratuitamente la patch da qui (potete inoltre unirvi alla chat Discord per entrare nella community, mentre qui potete supportare il progetto Plague Labs e acquistare la cartuccia quando riapriranno i pre-order).

La mia filter bubble è impazzita attorno a questo importante momento della storia videoludica italiana (ecco una emblematica testimonianza di pacata catarsi che vi invito a non perdere), per cui è stato quasi un dovere porre qualche quesito a Michele. Siccome le interviste su Plaguemon stanno pullulando, ho cercato di schivare le domande più tediose e gettonate, prima fra tutte quella sul copyright. (Giusto nel caso in cui non leggiate niente oltre Nerdcore: l'utilizzo di materiale registrato fatto con Plaguemon dovrebbe ricadere nella zona grigia e semi-tutelata del genere satirico, e quindi sfuggire alla proverbiale simpatia con cui Nintendo affronta queste situazioni). (In realtà, a detta dello stesso Michele, tutto dipenderà da quanto clamore solleverà il gioco, e finora non è certamente passato inosservato; staremo a vedere).

 

1- Ciao, Hiki. Vorrei iniziare chiedendoti cosa puoi dirmi di 66 demonietti, una serie di tue illustrazioni di cui rimangono poche tracce online. Esiste un qualche collegamento? I demonietti si sono poi incarnati nei Plaguemon?
Salve N3rdcore,
Il collegamento credo sia il  più evidente possibile. Il character design. Credo sia la professione che mi ha da sempre appassionato.
Da bambino, inconsciamente, avevo già intuito che era ciò che avrei voluto fare da adulto probabilmente. Facevo dei disegni orribili su paint ad 8 anni, li stampavo, li incollavo sul cartoncino ed animavo delle avventure con quest' ultimi. Col tempo l'attitudine non credo sia cambiata di molto, in fondo cerco scuse per disegnare mostri e personaggi a caso, dai 66 demonietti ai Plaguemon. Mi piacerebbe, in un ipotetico futuro, entrar a far parte del gotha delle grandi serie sui mostri, dai kaiju di 'Ultraman' ai 'Monsters in My Pocket' di Mattel.
michele hiki falcone 66 demonietti violenza

Il demone della violenza

2 - Volevo sapere tutto il possibile riguardo alla formula di un vero rituale satanico che hai inserito nel gioco, e poi chiederti se ci sono altre chicche simili che puoi spoilerarci.

Durante lo sviluppo, ho raggiunto apici di follia e di ricerca che, così su due piedi, non saprei più emulare, anzi quasi mi ritrovo a schernire il mio lavoro perché ho già rimosso la mole di stanchezza che affrontavo ogni giorno. Ho letto veramente di tutto.
Fra queste continue ed insaziabili ricerche, ho trovato appunto, fra gli appunti di una Bibbia LaVeyana, il rituale di apertura, l'omelia iniziale del sacerdote, di un reale rito satanico.
Non l'ho trovata per caso, l'ho cercata per ore, forse giorni. Se incontrata in-game e letta ad alta voce, credo possegga, né più né meno, l'effetto opposto di scandire un Ave Maria dalla prima all'ultima parola. Invita a non farsi possedere dalle cose, ma a possederle.
Poi ci sono una serie di messaggi criptati, dal binario al braille, piccole sequenze bineurali e tanta altra roba che se spiegassi perderebbe il suo valore subliminale.

3 - C'è una sequenza del gioco in cui viene illustrata la ricetta per ottenere il fulminato di mercurio (un esplosivo primario), prendendo le informazioni direttamente dall'Anarchist Cookbook di William Powell. Con un post su fb ti sei dilungato a spiegare gli intenti di questa operazione, e cito la frase più rappresentativa: "Se la ricetta di una bomba diventasse una barzelletta da bar, anche la guerra, piano piano, potrebbe diventarlo." Volevo chiederti se hai affrontato altre delle tematiche di Plaguemon con in testa un preciso messaggio da trasmettere al giocatore, ed eventualmente quanto ti preoccupa che quest'ultimo riesca a recepire questi input.

L' obiettivo di Plaguemon è quello appunto, di spaventare. Nel senso più buono possibile.
Quello che si rivede non è altro che lo specchio di una realtà, sicuramente selezionata, che comunque, per definizione stessa, esiste, è reale. Dai congegni IED in Iraq, al satanismo acido di Manson fino ad Andrea Volpe, la violenza è parte integrante del tessuto della specie umana.
Se magari farne una cernita, un archivio, una raccolta, che appunto viene riproposta fino al disgusto, un po' come il tentativo di rinsavire Alex DeLarge con il trattamento Ludovico in Arancia Meccanica, magari, può diventare col tempo, con molto tempo, soltanto un ricordo da enciclopedia.
L'era violenta dell'umanità.
Immagino già un ipotetico 14000 d.C. dove esseri con occhi enormi e corpi piccolissimi, s'incontrano in un etereo bar di un bianco folgorante e discutono in maniera collettiva per via telepatica, di quanto eravamo gretti ed ancora preistorici, noi umani, prima di aver completato lo sviluppo evolutivo della nuova ghiandola dell'appagamento sensoriale posta fra tronco encefalico e cervelletto, nel 9000 d.C.
Sì, i bar esisteranno sempre.
Ma sto divagando e/o delirando.
Per quanto riguarda il 'come' venga recepito, raramente è la qualità del seme a determinare la crescita di una pianta, piuttosto che il terreno in cui essa cresce.

4 - Sembra che tu sia molto interessato ad esplorare le possibilità del medium videoludico sotto l'aspetto concettuale; sto pensando soprattutto a Fluttua. Anche in Plaguemon, ci sono numerosi spunti di riflessione e suggestioni sulla natura del videogioco; ad esempio, il dettaglio del battito delle ciglia, per dare maggior vita al protagonista, la cui aggiunta ha peraltro richiesto uno sforzo tecnico da parte tua non indifferente; o ancora, il Professore che impazzisce quando si rende conto di essere nient'altro che uno script dentro il gioco. Trovi che, nei tuoi videogame, questa componente di significato sia più importante (o meno importante) rispetto all'esperienza più propriamente ludica, oppure ritieni le due parti inscindibili?

Per quanto fossi ancora acerbo quando feci Fluttua, ed in vista di esperienze ancora più intense mi sento di esserlo tutt'ora, mi approccio al mondo videoludico come farebbe un artista concettuale. Preferirei essere esposto al MoMa, piuttosto che presenziare all'E3.
I miei studi si sono sempre svolti in ambiti artistici, piuttosto che circoli ingegneristici.
Per quanto sia sempre stato appassionato di cultura digitale, solo crescendo ho iniziato ad affacciarmi al lato tecnico più estremo, come l'estetica di un microchip o un condensatore.
Il mio obiettivo non è quello di vendere migliaia di copie, ma invece creare opere uniche con cui scolpire un percorso di coscienza estetica che verrà un giorno riassunto come una coerente, mi auguro, evoluzione di un artista.
Non riesco a giocare come si deve ai videogames, perché mentre ammiro i dettagli dello sprite di un boss in pixel art, vengo costantemente trucidato nel peggiore dei modi.
Se il retrogaming ancora esiste, è perché la velocità dell' evoluzione tecnologica, non ci ha dato il tempo di assaporare ancora tutto quelle emozioni che possono essere espresse al meglio, con una grafica bidimensionale.
Mentre con gli eSport si tenta di fare entrare sempre più il mondo videoludico nella quotidianità pagana, addirittura comparandolo ad una disciplina olimpica, ciò che ormai viene in parte dimenticato, viene riciclato da qualche artista o hacker, che dir si voglia, per farne qualcosa di nuovo.
Un po' come chi fa i robottoni con pezzi di auto presi nelle discariche, o i bootleg con i suoi vecchi giocattoli, il mio è sostanzialmente un tentativo disperato di riciclare l'infanzia all'infinito, per poterne giovare ancora. E ancora. E ancora.

 

plaguemon game bar a button tokyo

Hiki che ufficializza l'uscita del gioco direttamente dal Game Bar A Button, a Tokyo

 

5 - Grazie per le risposte, Hiki. Hai già qualche idea per i tuoi prossimi lavori?

Figurati.
Per il resto, lascio decidere al tempo in quale, fra i bivi di migliaia di flussi esistenziali diretti al futuro, toccherebbe tuffarsi.

 

 

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