STAI LEGGENDO : Crocevia di Punti Morti, lo shitposting come racconto degli orrori di provincia

Crocevia di Punti Morti, lo shitposting come racconto degli orrori di provincia

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Tre persone e una entità misteriosa in una storia di orrori, destino e magia nascosti nella provincia italiana, tra shitposting e romanzo generazionale

Qualche anno fa la blogosfera, parola che adesso sembra fuori tempo come grammofono, era il nuovo eldorado dove cercare penne divertenti, spiritose e originali da lanciare nel mondo dell’editoria. Oggi Matteo Grilli col suo Crocevia di Punti Morti. Quattro anime in un Pozzo credo sia il primo autore a dimostrare che oggi gli agenti letterari dovrebbero dare un’occhiata agli shitposter.

Aspetta, ma cosa è lo shitposting?” è una pratica in giro ormai da qualche anno, diciamo abbastanza tempo da essere ormai pronta a diventare parte del mainstream. È stata la parola digitale dell’anno per la  American Dialect Society e come tutte le cose nate su internet e legate alla memetica la definizione che sto per dargli potrebbe già non avere più senso. Immaginate il flusso di coscienza di Joyce che si mescola ai neologismi intenettiani, alle discussioni senza senso che facciamo su Facebook, ai meme di bassa qualità, a una ricerca consapevole del minimo comune denominatore letterario, a storie che partono raccontando il risveglio e finiscono in deliri di finte teorie complottistiche, al bisogno di far deragliare una conversazione iniziando a postare tutto ciò che vi viene in mente. È il rimescolamento nostalgico dei meme buffi sulla provincia italiana e la vaporwave, le storie di ordinario squallore lavorativo e la voglia di retrogaming e poi è niente di tutto questo.

Se volete farvi un’idea potete farvi tranquillamente un giro nella testa di Matteo Grilli leggendo ciò che scrive su Pagliare hhhhpostijng, dove potete trovare cose tipo “le dinamiche sociali cambiano si ma nel profondo restano un cazzo di shonen ipertrofico accelerato infinito tra esponenti del liceo classico, scientifico, artistico e industriali che si rivedono dopo anni, disintegrati dallo stare al mondo ma interagendo attraverso vecchie prese per il culo rivisitate e fascinazioni aliene verso quello che non riescono a capire e in tutto questo le vere forze del caos osservano preparandosi a distruggere tutto, i veri pazzi finiti che hanno scelto di immolarsi all’orrore primigenio della natura, ovvero quelli che hanno fatto il biologico e l’agrario

“Sì, ma il libro?” ecco il libro è assolutamente legato allo shitposting e allo stile che avete appena letto. Crocevia di Punti Morti è uno "shojo urban horror" ch racconta una storia di provincialismo, disillusioni e realtà liminali attraverso quattro punti di vista, anzi, tre punti di vista e un flusso di parole, bestemmie, e flusso di coscienza lisergico.

Banalizzando, la storia è quella di tre persone: Celeste, una ragazza che vive di relazioni orribili, droga, retrogaming, esami non dati e la consapevolezza di non valere niente. Massimo, che si è trasferito a Roma per fare lo sceneggiatore ed è diventato parte di un ingranaggio che odia e Leonardo, anche lui si è trasferito a Milano per cercare di diventare un essere umano funzionante, ma ha palesemente fallito. Tutti e tre stanno tornando al Pozzo, paese indefinito del centro Italia che diventa rapidamente l’idea platonica di tutti i paesini da cui la gente scappa portandosi dietro i mostri che ci ha trovato. E poi c’è K, figura indefinibile che vive nel Pozzo e si sente in connessione con tutte le storie che lo hanno attraversato e con l’entità che ci vive sotto, un drago, o meglio, la sua carcassa.

Crocevia di Punti Morti si ispira palesemente all’epica provinciale di IT, citato apertamente, ma a differenza del romanzo di King qua i mostri non sono allegorie di abusi, razzismo e bulli, non sono il male personificato ma un concetto più sfumato che mescola una sorta di realismo magico provinciale e quel senso di appartenenza feroce che infesta chi è nato in piccoli paesi, lontano dalle narrazioni delle grandi città, da Roma, Milano, Napoli, da chi ha misurato la sua esistenza in posti sempre identici, fatti di poche case, solite facce e prospettive azzerate da un orizzonte degli eventi che va poco oltre il drogarsi, scopare, andare veloce in macchina e poi sposarsi, cercare un lavoro di merda e morire. Il paradosso di luoghi che detesti con tutto te stesso, ma che ti infestano, ti restano dentro e che finisci per amare, come un ragno che vive in una ragnatela piena di carcasse da divorare. La parte più bella è la sua capacità di smontare la nostalgia, anche quella verso i vecchi videogiochi, identificandola come meccanismo magico che incatena al passato e ti impedisce di godere del futuro. Il Pozzo, una vecchia console, le tue memorie da bambino felice, tutto questo dev'essere in un certo modo distrutto o usato con la consapevolezza che un vecchio gamepad può essere un oggetto magico terribile.

Se non si è avvezzi a un certo tipo di linguaggio generazionale Crocevia di Punti Morti può essere un bel reality check su come si dovrebbe scrivere oggi un romanzo. Addio a tutti i modi di dire visti e rivisti, tanti saluti alle allegorie, alla retorica e alle idee stantie del romanzo generazionale, Grilli possiede una capacità camaleontica , riesce a mutare ritmo, stile e linguaggio in base ai quattro punti di vista senza perdere mai la propria identità, ti stuzzica con immagini affilate, disorienta in lunghi paragrafi senza neppure una virgola, ti trascina in una storia che passa dall’horror alla perfetta descrizione di come pensa, vive e respira una generazione strana, sensibile, apatica e in crisi. Il risultato è un libro che tra le righe ha la precisione di un documentario raccontato da un Alberto Angela che ha appena leccato una rana. In alcuni suoi passaggi è palese quanto lo shitposting e il rifiuto delle convenzioni letterarie permettano a Grilli di raggiungere un nuovo livello di consapevolezza da cui guardare la storia e i personaggi per raccontarne l'essenza scarnificata.

Potreste mandarmi affanculo dopo poche pagine per avervi consigliato di leggerlo, ma credetemi se vi dico che Matteo ha creato qualcosa che vale la pena di essere letto e raccontato, totalmente fuori da ogni binario letterario, forse grazie alla sua incapacità di vivere in quei binari. Non c’è posa, non c’è trucco, non c’è voglia di far capire al lettore che “guardami quanto cazzo sono bravo e adorami”. Matteo pare dotato della capacità unica di collegarsi uno spinotto al cervello e schizzare le sue cervella sulla pagina di Word e se in qualche passaggio non sentite il tocco freddo dei vostri mostri personali che vi appoggiano le unghie sulla spalla mentre leggete beh, vuol dire che i mostri siete voi.

“Ora lasciami andare, per favore, che ho una città infestata da esplorare .”

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