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Black Panther: Wakanda Forever come i diamanti, ma occhio alla purezza

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Black Panther: Wakanda Forever riesce a riportare il trono del Wakanda in rilievo, ma è ancora la corona a interessarci?

Mandare avanti la macchina commerciale quando viene a mancare un pilastro come Chadwick Boseman è davvero dura, e non lo intendo in senso ironico o di scherno. La scomparsa della Pantera Nera è stato un duro colpo per tutti ma, più di tutti, è stato l'MCU a finire sotto i riflettori. "Chi sarà il suo sostituto? Chi vestirà i panni di Pantera Nera andando avanti? E, soprattutto, come affronteranno la scomparsa di T'Challa?" Solo alcune delle domande che sono piovute dai social e arrivate negli articoli dei tabloid di tutto il mondo. Aggiungiamoci poi il COVID, le molte montagne russe che la produzione del film ha affrontato e i guai passati da Letitia Wright.

 

Una gestazione difficile ma che non rallenta la nuova fase del Marvel Cinematic Universe e infatti Black Panther: Wakanda Forever è finalmente arrivato al pubblico, nel momento in cui il passato sta facendo posto al futuro dell'universo e dei suoi eroi. Proprio su tale passato apre Wakanda Forever, mettendo lo spettatore davanti a una scena che riuscirà a portare il silenzio in sala fin da subito, gelando perfino. Personalmente sono rimasto molto colpito dalla scelta d'apertura, un omaggio sentito ma anche crudo, un pugno nello stomaco. In quei primi minuti ho completamente rivalutato le mie aspettative su Wakanda Forever: mi trovavo di fronte a un prodotto serio, che stava affrontando tematiche altrettanto serie e aveva già improntato l'evoluzione dei suoi personaggi su piani non banali. Dalla regina, interpretata da una Angel Bassett stellare in ogni suo attimo, fino a Shuri e Okoye, era impossibile non sentire il peso che veniva caricato sulle loro spalle scena dopo scena, sia in termini metaforici per l'eredità da vestire, sia in quelli puramente narrativi della trama del film.

Il tono gravoso si sussegue in un inaspettato paragone con l'occidente avido delle risorse dei paesi che non siano l'occidente, provando a mettere gli artigli sugli elementi più preziosi nel momento di estrema debolezza. Per quanto non sia poi così tanto approfondito nel voler portare avanti questa lotta, focalizzandosi poi su una battaglia morale e intestina, Wakanda Forever basa tutto su quello che è il rapporto del paese con gli altri, specie perché grazie agli Avengers il Vibranio è stato sdoganato in ogni sua forma. Ed è la corsa a tale materiale ad aver coinvolto il regno isolazionista di Namor, il quale finisce in conflitto con il Wakanda proprio a seguito di un "incidente diplomatico", se così vogliamo chiamarlo.

 

Il film, tradendo il suo stesso nome, passa a focalizzarsi sulla storia di Namor e il suo popolo, conducendo la sua narrazione tramite la performance di Tenoch Huerta che, a mio giudizio, è il miglior personaggio del film a mani basse. Si sentono le motivazioni della sua rabbia e dei suoi intenti, ma non è neanche un folle che è alla ricerca della pura malvagità: ha ragioni condivisibili, le propone con lungimiranza e si percepisce la sofferenza che la sua gente rischia di patire se si sconvolge un particolare equilibrio. Il Wakanda, raffrontandosi a lui, finisce per essere uno specchio delle proprie decisioni future e passate affidando alla regina e a Shuri il compito di infrangere tali riflessi e decidere cosa fare.

La scelta però viene fatta ricadere unicamente sull'eredità della Pantera Nera, facendo pesare fin troppo quella che è la scomparsa del suo Re (che ricordo essere già avvenuta con Thanos). Infatti non c'è quasi mai un momento in cui si esplorano le maglie sociali e culturali del Wakanda, a differenza del primo film. Anzi, potremo chiamarlo Namor Forever perché effettivamente tutto quello che si vede e viene fatto sentire allo spettatore è la lotta alla sopravvivenza della popolazione subacqua, la quale non solo vede in Namor la sua massima figura, ma viene espansa attraverso personaggi secondari quasi "silenti" ma che hanno una storia visiva ben più importante di Okoye, sebbene qualche sua scena sia eccellente. I wakandiani vengono invece divisi in quattrocento storie da seguire: quella della regina, quella di Nakia, quella di Shuri, quella inspiegabile di Martin Freeman fin troppo allungata, quella della sorella di Okoye e per finire Riri Williams, o meglio Iron Heart. Sono così tanti personaggi da esplorare in queste due ore e quaranta che il film non tiene il passo, perché decide che la maggior parte del tempo sullo schermo sia affidato o a Shuri o a Namor, con la prima che viene oscurata per la sua diffusione in tutte le storyline accessorie.

 

Il peccato maggiore è l'aver introdotto Iron Heart, che sembra forzata sia nella storia che nel collegamento con la tecnologia Stark. Viene letteralmente detto che ha utilizzato tecnologia Stark per ricreare l'armatura di Iron-Man. Stop. Nessuna motivazione, nessuna esplorazione del background, nessun collegamento reale con i wakandiani se non per via della trama e ovviamente neanche una menzione di Tony. E a quel punto mi sono chiesto: "perché c'è Riri in questo film?" e la risposta è stata, banalmente, quella di essere lì solo per spingere la futura serie su Disney+

A un certo punto però, la storia di Shuri prende una svolta nell'accettare il mantello di Black Panther e in quel momento Wakanda Forever riprende le redini, calca la mano con gli effetti speciali e crea battaglie spettacolari soprattutto grazie ai volteggi di Namor contro la tecnologia wakandiana. Shuri viene colpita nel vivo, l'evoluzione iniziata al principio del film raggiunge un climax e una scelta che la principessa è costretta a compiere nonostante i suoi continui rimandi e perdite di tempo palesi (e da qui la durata del film). A quel punto il film fa arrivare un colpo di scena che mi ha sorpreso molto più di tanti altri colpi di scena nell'MCU, direi pure più di alcune cose di Endgame. Si tratta di una scelta eccezionale, azzeccata e soprattutto congrua con quello che Shuri prova davvero nonostante si racconti il contrario, la personificazione dei suoi sentimenti e della sua natura differente da quella del fratello.

 

Purtroppo però è dopo aver raggiunto questo picco che il film naufraga in un atto finale deludente, annaspante e più che banale, con alcune scene veramente imbarazzanti e fuori tono. Se Wakanda Forever avesse tenuto ancora più fede a quelle che erano le premesse lanciate prima dello scontro finale avrebbe raggiunto un finale eccellente, anche coraggioso. Invece si è scelta la strada facile e confusa, un siparietto che annulla la strada difficoltosa per giungere a esso. E poi, ancora più grave, per me è stata la rivelazione dopo i titoli di coda, un colpo definitivo che annulla perfino l'intento di omaggio e ritorna, come la migliore macchina capitalista, alla produzione voluta dal padrone.

 

Se non fosse stato per questi numerosi passi falsi quelli invece giusti e decisi avrebbero venduto da soli Black Panther: Wakanda Forever. Tutta la parte iniziale, la spiegazione delle ragioni e il peso del lutto erano colonne eccezionali su cui costruire storie di spessore, atipiche e capaci di dar lustro alla regalità wakandiana che nel primo film era così fiera e definita. Ci sono scene e musiche iconiche, combattimenti all'arma bianca puri e coreografati al punto giusto, roba che regala esaltazione vera. Ma non abbastanza, non abbastanza da dimenticare la confusione oltre gli omaggi.

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