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Mercurio Loi: fumetto seriale, fumetto sperimentale.

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Dopo dodici albi ripercorriamo i motivi che rendono Mercurio Loi uno dei fumetti più interessanti che potete trovare oggi in edicola

Mercurio Loi è giunto in questo mese al dodicesimo numero, che completa una prima ipotetica stagione dell’eroe (anche se a più di un anno della sua esistenza: nato come mensile, col 2018 è passato a bimestrale). La serie, l’ultima nata in casa Bonelli nel tradizionale formato quaderno, è indubbiamente molto interessante per le sue numerose particolarità. Innanzitutto, insieme a Deadwood Dick e all’Ispettore Ricciardi (che sono, però, adattamenti da opere letterarie pregresse), apparsi nel 2018, è un tentativo di un fumetto bonelliano for mature readers: una nuova via che ha portato alla nascita della collana Audace, che identificherà in futuro questi prodotti della casa di via Buonarroti. Una linea di sviluppo molto interessante, simmetrica alla ricerca di un pubblico giovanile perseguito con Dragonero Young, 4Hoods e Creepy Past (di cui si dovrà prima o poi riparlare).

Se Mercurio Loi, come serie, è del 2017, il personaggio nasce due anni prima, su Le Storie, nel 2015. I suoi creatori sono lo sceneggiatore Alessandro Bilotta e il disegnatore Matteo Mosca, che ne è l’ideatore grafico (in modo analogo, tale serie di storie autoconclusive è servita da incubatore per il Chambara di Roberto Recchioni e Andrea Accardi). Il personaggio, docente universitario di storia nella Roma papalina degli anni ’20 dell’Ottocento, investiga sui misteri della città contrapponendosi all’antagonista Tarcisio, aiutato dall’ingenuo assistente Ottone.

Tutti gli ingredienti, insomma, del giallo classico ottocentesco: e se molti hanno fatto riferimento allo Sherlock Holmes di Arthur Conan Doyle, che opera a fine ‘800, ancora maggiori potrebbero essere i rimandi all’Auguste Dupin di Edgar Allan Poe, ancor più vicino temporalmente. Dupin appare nel 1841, ma la sua ispirazione è il reale detective francese Vidocq (1775-1857), di cui nel 1828 erano apparse delle memorie di grande successo: perfettamente contemporaneo dunque di Loi.

Come carattere lo svagato e acutissimo Loi rimanda certo più ad Holmes (anche se sviluppa poi una sua personalissima declinazione dell’investigatore geniale, svagato e dal carattere insopportabile), ma ci sono anche delle analogie più “fumettistiche” con il Batman originario, quello di Bob Kane: oltre al rapporto Batman/Robin/Alfred che si stabilisce tra Loi, Ottone e il maggiordomo. I cattivi sono sempre sopra le righe, con nomi da supervillain e spesso travestimenti e maschere che rimandano a quell’immaginario. Mercurio possiede anche una carrozza “Mercurio-mobile”, una barca che riporta il suo logo, e così via.

Questi rimandi vengono tuttavia ripresi da Bilotta in modo molto diverso rispetto al bonelliano classico: non si tratta infatti di una serie di linee-guida utilizzate per sviluppare il personaggio, ma dei riferimenti che vengono utilizzati per una costante, consapevole ironia sul genere giallo, da un lato (Holmes e Dupin) e sul medium, il fumetto (Batman e il supereroico) dall’altro.

La raffinatezza delle trame è sostenuta dal livello molto alto del disegno, elemento indispensabile per supportare le complesse architetture narrative messe in campo. Colpisce in particolare la finezza nella resa psicologica messo in campo dai disegnatori, in grado di dare ragione dei micro-conflitti a volte sottilissimi tra i personaggi. Allo stesso tempo, ammirevole è la capacità di disseminare indizi per i piani di lettura più sofisticati senza richiamare subito l’attenzione del lettore che li potrà gustare meglio a una seconda lettura, colto il senso globale della trama.

Al di là di questi aspetti, la bellezza visiva delle tavole è già da sola un notevole punto di forza della serie, un gioia per gli occhi a partire da un copertinista “d’arte” (scelta, anche questa, innovativa in Bonelli) come Manuele Fior, per seguire, oltre all’ideatore grafico Matteo Mosca, di nomi come Casertano, Catacchio, Gerasi, Borgioli, Ponchione, Bergamo, Cattani. La natura della serie, oltretutto, permette forse agli autori una maggiore libertà grafica, che si riverbera anch’essa in questa affascinante piacevolezza visiva.

Determinante è anche il colore, su cui hanno operato, nei vari numeri, Stefano Simeone, Andrea Meloni, Nicola Righi, Erika Bendazzoli e Francesca Piscitelli. Introdotto da “Orfani” (2013) su una serie regolare, il colore viene ripreso con forza da questa testata profondamente diversa ma ugualmente sperimentale. Se in Orfani dominava una forte opposizione rosso-blu, violenza e tecnologia, qui l’asse è più spostato sull’opposizione luce-tenebra, giallo-viola (e al “colore giallo” è dedicato un numero, con un interessante lavoro metanarrativo proprio sulla colorazione).

L’importanza assunta dal colore nella Bonelli degli ultimi anni (a partire dal primo importante esperimento del Color Fest, dal 2007 in poi) è un fatto indubbiamente interessante: tra il resto, ha permesso l’emergere di talenti fumettistici al femminile – come le citate Bendazzoli e Piscitelli – in un ambiente altrimenti tradizionalmente a prevalenza maschile come quello del fumetto bonelliano.

In conclusione, il vero punto di forza di Mercurio Loi è la sua singolare sperimentalità in ambito seriale, che tocca tutti gli aspetti del prodotto e lo rende pressoché unico nel suo genere, almeno nel fumetto italiano. Se negli anni ’80 Dylan Dog aveva come slogan “Fumetto d’orrore, fumetto d’autore”, così Mercurio Loi pare coniugare fumetto seriale e fumetto sperimentale, in un connubio che lo rende più unico che raro.

Certo, non mancano naturalmente fumetti “riflessivi” nell’ambito del romanzo a fumetti o del graphic novel che dir si voglia, ma il livello metalinguistico di Mercurio Loi si sviluppa – in modo coltissimo – proprio a partire dal suo essere fumetto d’edicola: un cortocircuito di estremo interesse, probabilmente irripetibile. La maggior parte delle storie, dunque, non è incentrata sulla risoluzione del caso del mese (che resta al limite sullo sfondo) o sul blando sviluppo della trama orizzontale della serie, pur presente, ma su raffinate variazioni sul tema, a volte evidenti, a volte impalpabili e sfuggenti, che sta al lettore cogliere e decifrare.

Tra le sperimentazioni più interessanti possiamo cogliere, a puro titolo d’esempio, “Il cuoco mascherato”, dove vi è un elegante tentativo di rappresentare i sapori in un medium visuale come il fumetto; “Il colore giallo”, dove il colore stesso è reso protagonista parlante della storia; “L’uomo orizzontale”, dove si gioca alternando la consueta disposizione verticale di un albo Bonelli con un inedito formato “orizzontale” (ruotando l’albo di 90 gradi) per rappresentare l’alternarsi di fasi attive e passive del personaggio. “Una settimana come tante”, l’ultimo albo appena uscito, gioca invece sulle ripetizioni interne dei giorni della settimana (che a loro volta diventano uno specchio delle ripetizioni mensili a cui è condannato l’eroe del classico fumetto Bonelli).

Probabilmente, la sperimentazione più significativa è “A passeggio per Roma”, con cui Bilotta applica al fumetto Bonelli il modulo del librogame. Una sperimentazione al tempo stesso estremamente innovativa ma anche potenzialmente popolare, e applicabile a tutti gli eroi bonelliani. Non si tratta di una novità assoluta nel fumetto, in quanto simili esperimenti erano venuti da Diceman, una costola del 2000 AD inglese degli anni ’80, e sul Topolino italiano, nello stesso periodo, si era sviluppato un esperimento analogo. Ma è la prima volta che viene applicato in Bonelli, e in un periodo ricco di fermenti e innovazioni chissà che non arriveremo a vedere un Dylan Dog a più finali, il librogame di Martyn Mistere e magari anche di Tex.

Potrebbe essere una delle direzioni più interessanti oggi che il videogame è in modo ormai acclarato il nuovo media dominante, su cui la Bonelli, negli anni ’90, aveva anche fatto dei tentativi con alcuni arcade ed adventure di Dylan Dog e qualche altro personaggio. Oggi potrebbe essere un modo di ripensare anche questa sinergia, oltre a quella, ormai in pieno sviluppo, con la serialità televisiva. Per intanto, però, godiamoci le signorili elucubrazioni di Mercurio e di Bilotta, che potranno ancora darci – ne siamo sicuri – molte nuove intriganti prospettive sul modo di interpretare il fumetto popolare italiano.

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