STAI LEGGENDO : Assassin's Creed - Mirage - Ricomincio da tre

Assassin's Creed - Mirage - Ricomincio da tre

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Assassin's Creed Mirage è l'ennesima iterazione di un franchise collaudato che per una volta abbandona l'intento espansivo per focalizzarsi su un'esperienza più compatta.

La tendenza dell'ultimo periodo vuole esperienze più snelle e asciutte. Non mi piace chiamarla dietologia videoludica ma pare proprio che, dopo essersi espansi in lungo e in largo, gli sviluppatori si sono accorti che la tecnologia poteva effettivamente espandere i loro giochi in troppe le direzioni.

La battaglia contro le classificazioni, le etichette, i generi non sono stato io ad inventarla, ma la categorizzazione kantiana si è rivelata estremamente poco accurata dal momento è impossibile mettere a paragone tutti gli esempi di una categoria e trovarli esattamente coincidenti tra loro. C'è sempre qualcosa che sposta il genere, una piccola ibridazione, un innesto, qualcosa che somiglia a qualcos'altro, che mette tutto in un flusso che straripa dai vasi troppo stretti dei generi.

Quando poi non è una scelta strettamente personale a definire i parametri dell'esperienza di gioco, come dire "ho fatto tutto in stealth", "me ne sono uscito sempre a chiacchiere": frasi che indicano come la flessibilità dell'esperienza sia spesso al centro di molti giochi.

E Assassin's Creed una struttura flessibile ha imparato ad averla, essendo passato da un gioco pseudo stealth (i puristi non la vogliano a male questa definizione, ma credo di non star parlando con nessuno perché dubito che i puristi dello stealth si mettano a leggere un testo su Assassin's Creed) fino ad assimilare elementi da gioco action più spicciolo, gioco di ruolo, gestionale in un grosso (qualcuno direbbe anche troppo) open world.

Ma la gestione espansiva potrebbe non essere la sola via percorribile cosicché è arrivato Mirage con l'intento di riportare la serie su una scala più umana.

Sapevate che Patrice Désilets ha studiato a Napoli per un periodo?

 

Mirage si pone l'obiettivo di ridurre l'esperienza di Assassin's Creed a quelli che sono i suoi tre punti essenziali e sul quale il gioco si basava quando venne sviluppato, smettendo di essere un sequel di Prince of Persia.

Il credo dell'assassino non è stato il centro dell'esperienza da, tipo, il primo capitolo della serie.

Già il secondo episodio ha delineato quella che sarà la traccia di cui gli episodi successivi seguiranno i movimenti a grandi linee, un percorso di vendetta à la Conte di Montecristo con il nostro eroe maltrattato dalla relativa iterazione dell'ordine dei Templari che abbiamo l'obiettivo di sgominare, partendo dalle fondamenta fino ai vertici, recuperare il lucente mcguffin dell'Eden di turno che sblocca qualcosa in qualche caverna misteriosa, piena di segni misteriosi luminosi che ti sparano nel cervello immagini casuali di una cultura ormai scomparsa per motivi che, se sono stati chiariti, io non ho mai voluto approfondire.

In Mirage siamo di nuovo un Assassino in senso lato del termine: Basim è un ladro di Bagdad che dopo il fattaccio del primo atto viene addestrato alla fortezza di Alamut mentre è ancora in costruzione (collocando temporalmente il gioco prima del primo Assassin's Creed).

La scelta delle origini del personaggio ha una ripercussione sensata sul gameplay che quindi non sarà votato al combattimento, non potremo risolvere le situazioni caricando a testa bassa e se venissimo accerchiati e non riuscissimo ad eliminare rapidamente un numero di avversari congruo affinché lo scontro torni in equilibrio, sarebbe game over diretto.
Tutto ciò è portato avanti con una serie di scelte di design che possono piacere o meno.
Non ci sono più i livelli da gioco di ruolo, niente barra dell'esperienza, niente accumulo di punti. C'è un albero delle abilità "minimo" ma la progressione al suo interno è mediata dal fatto che i punti per acquistare le abilità si sbloccano con il progredire della storia o delle missioni secondarie: recuperare oggetti, bandiere, svelare punti interrogativi sulla mappa non ricompensa direttamente il giocatore in termine di exp.

C'è una gestione dell'inventario ma questo non è affetto da lootmania: poche armi, studiate, potenziabili investendo risorse dal fabbro, dotate di abilità caratteristiche. Oltre alla lama celata (non potenziabile) ci sono spada e coltello. Niente armi lunghe, mazze, doppie spade, asce, che invadevano l'inventario dei capitoli precedenti e che, insomma, nelle mie esperienze hanno sempre lasciato il tempo che trovavano.

Similmente l'armatura: niente più pezzi a la Diablo, completi dritti, abilità caratteristiche che favoriscono la scelta di uno o l'altro, ma non valori di Classe Armatura e cose così.
È evidente che alla base il gioco permetterebbe tutta una serie di parametrizzazioni ruolistiche ma che per un momento di discernimento nel voler proporre un esperienza di gioco diversa è stato tutto tarato sul minimo.

Il modo più facile per sopraffare i nemici è quindi l'assassinio con destrezza, lanciandosi da una sporgenza, aggrappati ad un cornicione, nascosti dietro un cespuglio, e il loop è quello di ripulire il percorso che vi separa dall'obiettivo nel modo più efficace possibile prima di proseguire perché non c'è nessuna bilancia morale, nessun sistema fulton per rapire soldati e trasformarli in alleati et similia.

A concorrere a questa monodirezionalità dell'azione il fatto inequivocabile che il combattimento è il punto oggettivamente più debole di tutta l'esperienza: scontri poco interessanti, varietà dei nemici al minimo sindacale e una interpretazione della barra della stamina con la criminale tendenza a svuotarsi nei momenti meno opportuni.

Forte di ciò, l'effetto non è paragonabile all'esperienza del primo Assassin's Creed, più vicina al modo con la quale vogliamo ricordarla, come accade a certe conversioni di giochi di due generazioni fa, ma è evidente una riproposizione di un sistema di gioco più semplice con la tecnologia con la quale si realizzano adesso.

C'è anche un ritorno agli elementi di disturbo che sembra l'evoluzione di quanto visto in Brotherhood, con la possibilità di spendere una delle valute di gioco per assoldare mercenari o musici o per corrompere funzionari governativi, ce ne sono di diversi tipologie e tutte sono indirizzate ad una categoria specifica di NPC, non ho molto approfondito, il gioco le chiama "opportunità" ma io per fare il tipo ho sempre ignorato queste "facilitazioni".

Chi si è sentito sperduto nella mappa troppo vasta degli ultimi giochi (a me è capitato con Odissey) in Mirage troverà una dimensione compiuta e umana dell'ambiente di gioco. Bagdad è l'unica città grossa della mappa, è divisa in settori concentrici e radiali che ne indicano un progressivo aumento della difficoltà riportando l'azione su scala perlopiù urbana.

Bagdad è una scelta affascinante, considerando che la ricostruzione minuziosa degli ambienti di gioco è il motivo principale per il quale mi dedico a questi giochi (da quando ho riconosciuto la corretta riproposizione dell'impianto ippodameo di Alessandria d'Egitto in Origins). Della Bagdad raccontata dal gioco non esistono quasi tracce e l'operazione di ricostruzione si è fatta a partire da fonti storiche indirette coniugate alle necessità di level design, facendo il solito ottimo lavoro in sede di caratterizzazione degli ambienti e nella loro varietà.

Le dimensioni "contenute" dell'esperienza fanno sì che è impossibile perdere la bussola della storia principale, l'esplorazione della città ha uno sviluppo accessorio e mai impositivo, non veniamo mai assaliti dalla pioggia di icone in sovrimpressione e questo rende vivere Assassin's Creed Mirage molto più piacevole, liberatosi dall'accumulo compulsivo di attività secondarie totalizzanti.

Mirage è un tipo di esperienza open world che deve piacere, gli Assassin's Creed, per il discorso di cui sopra, fanno quasi genere a parte. Non stravolgerà le vostre convinzioni su Assassin's Creed ma se possibile rinsalderà il vostro rapporto con la serie, dal momento che è un prodotto confezionato con la solita cura maniacale e con una ispirata direzione artistica che combinate portano in tavola l'Assassin's Creed che mancava, quello con l'ordine degli assassini di nuovo al centro della storia.

 

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