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MODOK - Perché non ne stiamo parlando abbastanza?

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MODOK è la nuova serie hulu disponibile su Disney+ che ci ricorda di come una Marvel diversa dal MCU è ancora possibile.

Mentre il pubblico di Disney+ era completamente focalizzato su Loki, il nuovo e fondamentale pezzo dell’MCU, pietra angolare sulla quale si baserà il futuro del cinema e delle serie tv dei prossimi 10 anni della Marvel, sul servizio di streaming della Casa di Topolino, con la solita calma da cadenza settimanale usciva una serie animata che i più definirebbero immeritatamente come minore.

No, non sto parlando di Solar Opposite, sto parlando di MODOK e se non ci avete pensato subito leggendo il preambolo vuol dire che siete persone orribili.

 

MODOK è un iconico villain della Marvel, avversario di Iron Man e dei Vendicatori (prima apparizione in Tales of Suspence n. 93 del 1967), un tecnico dell’AIM trasformato dagli scienziati in un’intelligenza di grado superiore (qualcuno direbbe simile ad un Mentat di Dune), sfuggito al controllo dei suoi creatori a causa delle sue tendenze omicide fino a scalare i ranghi dell’AIM e prendere un posto di tutto rispetto nel panorama criminale dell’universo Marvel.

Sul grande schermo non ha ancora fatto nessuna apparizione (essere il villain del videogioco Squarenix degli Avengers non fa testo), non è stato oggetto di easter egg, quindi la sua serie arriverebbe quasi di punto in bianco se non fosse uno dei progetti “collaterali” al MCU sviluppato da Hulu.
Purtroppo per lei.
La verità è che MODOK sfuggendo alle logiche che muovono le importantissime serie del MCU riesce a ritagliarsi uno spazio suo giocando in un campionato completamente diverso, quello dell’animazione per adulti.

NO, non quell’animazione per adulti.

Non è un segreto che il vuoto di potere lasciato dalla capacità di divertire dei Simpson sia stato raccolto da una nuova generazione di animazione “satirica” che ha visto tra i suoi più importanti rappresentati Bojack Horseman, Rick e Morty, Tuca e Berty, Midnight Gospel, Solar Opposite, Archer… è come se tutta una generazione cresciuta con le creature di Matt Groening arrivata a non riconscersi più in quel progetto, andato effettivamente troppo in là con gli anni perdendo parte della sua carica eversiva, abbia cercato altrove quel mix di satira sociale e ironia meta consapevole che non era solamente una risata crudele ma una mediazione ironica, e spesso cinica, alla complessità del presente.

In queste serie, per ogni puntate che “fa ridere” ce ne sono altrettante che tra una risata e l’altra ti assestano un pugno nello stomaco forte, proprio nel punto dove fa più male.

MODOK è scritto da Jordan Blum (Community e American Dad) e Patton Oswalt (una lista di show su IMDb che scansatevi) e segue le vicende del supervillain qui rappresentato come padre di una famiglia disfunzionale, costantemente diviso tra il suo proposito di dominazione del mondo attraverso l’uso amorale della scienza e il bisogno troppo umano di una vita di affetti stabili con una famiglia felice.
Una figura tragica che già fa ridere così.
Il tutto realizzata con la stop motion (da Seth Green già produttore di Robot chicken) che rende la situazione se possibile ancora più surreale non facendosi scrupoli nel mostrare smembramenti e deformità grottesche.

Doppiato da un cast di voci di primo livello con proprio Patton Oswalt in testa, Aimee Garcia (Lucifer), Ben Schwartz, Melissa Fumero (Brooklyn 99).

La serie è un gioiellino di comicità nonsense e crudeltà, che proprio come le serie “adulte” che ho citato sopra infila in scioltezza alcuni colpi al cuore memorabili, per avere un metro di paragone incredibilmente più a fuoco della prima stagione di Solar Opposite, per citare un’altra serie Hulu che arriva a cadenza settimanale il venerdì su Disney+. E questo senza voler fare nessun cenno al finale che riesce ad essere oggettivamente sorprendente, divertente e doloroso allo stesso tempo, da alzarsi in piedi e applaudire.
Una serie che, tra gli altri, vede tra i suoi estimatori il nostro Davide Costa, che mi ha fornito l’assist per la creazione di questo pezzo che non vuole essere solo una celebrazione di una serie oggettivamente riuscita.

È che ad un certo punto, nella nostra chat super segreta dalla quale tiriamo le fila del sito, ci siamo guardati virtualmente in faccia e ci siamo accorti che nessuno sta parlando di MODOK e non riusciamo a farci capaci di questa cosa.

Oppure sì e le motivazioni le sappiamo e purtroppo non ci piacciono.

La Disney/Marvel, con la creazione della macchina a moto perpetuo che è l’MCU è diventata una specie di buco nero che fagocita tutte le ip che si muovono nella sua orbita ma che non fanno parte della sua massa supercompatta. Quando esce un nuovo progetto a tema Marvel Comics e si vuole vederlo fallire basta uscire con una dichiarazione che lo colloca fuori dal MCU.

Sembra, e spero di essere smentito da voi in chat, per messaggio, come commento al post di questo articolo, che non ci sia spazio nel vostro palinsesto televisivo per qualcosa che non vi viene comunicato come l’ennesimo pezzo fondamentale della grande narrazione sempre uguale del MCU, e mi pare anche che la stessa malattia abbia colpito Black Widow.

E ce le spenderei giusto due parole su Black Widow.

(Faccio spoiler perché se non lo hai visto fino ad ora, è evidente che non te ne frega niente di Black Widow)

Un inizio fulminante che pare uscito da una delle migliori puntate di The Americans; una Florence Pugh in bomba totale che si mangia anche l’interpretazione di Scarlett Johansson; un primo tempo da film d’azione vero dichiaratamente ispirato al Greengrass più cinetico; approfondimento psicologico a dare spessore ad uno dei personaggi più iconici della Marvel; la caratterizzazione di Red Guardian che per certi versi è la parodia di Captain America e per certi versi la maschera tragicomica di uno che è stato deluso dall’ideale in cui credeva, usato come cavia e poi buttato via (una cit. tra tutte: KARL MARX); un’altra ottima sequenza “intima” attorno ad un tavolo, checcè se ne dica, questo tipo di scene sono diventate i momenti in cui i registi e attori chiamati a lavorare a queste fantapupazzate si sfogano; un finale tra il bondiano anni ‘70 e mission impossibile ambientato nella versione costruttivista dell’air carrier dello SHIELD… e il pubblico si indigna perché poi “il film non porta da nessuna parte”.
È un film, mannaggia tutto, dove deve portare?!

E parlo da uno che la fenomenologia dell’MCU la guarda con un sano distacco, prende quello che gli piace, non mi danno se qualcosa mii piace meno, non salgo sulle cassette di arance fuori ai cinema con un cartello per invocare il secondo avvento della Nouvelle Vague a mondare i nostri peccati cinematografici.

Il punto è che il pubblico è letteralmente fagocitato da una comunicazione martellante (di cui anche noi facciamo parte, attenzione) e per la tensione di affermare esistenza facendo parte dell’evento collettivo del momento si fionda con i paraocchi su quella che viene evidenziata come LA NEXT BIG THING solo per poi arrivare scazzata, sdegnata, addirittura delusa su finali che, ancora una volta, non risolvono nulla, lasciando in bocca quel sapore inconcludente, amarostico, di cui inconsapevolmente non riesce a fare a meno per la natura concatenante di questo genere di produzioni.
È il motivo per il quale è difficile lanciare un film a grosso budget senza necessariamente voler avviare un franchise.
È il motivo per il quale attori, registi e sceneggiatori pluripremiati per ottenere grossi budget finiscono a fare l'ennesimo proto spin off side origin story riscritta di un personaggio Disney (un saluto agli amici di Cruella).

È che al pubblico (e diciamolo, spesso anche a noi che siamo comunque spettatori) piace troppo stare lì a sezionare, analizzare, ponderare tremila tesi che quando si presenta una serie che non si presta a questo crudele gioco del cluedo la lascia cadere come se fosse di seconda, se non terza, fascia.

Come se poi ad aver indovinato una svolta narrativa ci fosse una sorta di merito, una medaglia da appuntarsi al petto per far vedere agli altri quanto più dritti di loro siamo.

Ed è un peccato perché MODOK, lo ripeto, è un vero gioiellino di scrittura, animazione ed interpretazione. Chiariamoci, non siamo di fronte al nuovo Bojack e nemmeno ad un Rick Sanchez di plastilina però il suo lavoro di mischiare il dolce e il salato lo svolge maledettamente bene, talmente bene che per me è stata l’attesa compagna fissa del venerdì pomeriggio, con buona pace dell’anonimato cosmico di The Bad Batch, e non vedo l’ora di vedere come questa storia completamente fuori di testa proseguirà, appunto perché fuori da tutti gli schemi (o binari) nei quali si muovono i progetti MCU.

Fatevi un piacere, guardate oltre l’MCU, superate la FOMO, che spesso è solo una forma di ansia sociale, fregatevene della paura degli spoiler e godetevi MODOK, una serie che non si pone il problema di voler essere di più di quello che è.

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