Emma Wrong, intervista a Lorenzo Palloni e Laura Guglielmo
Abbiamo intervistato lo sceneggiatore Lorenzo Palloni e l'illustratrice Laura Guglielmo per addentrarci in Emma Wrong, il nuovo ed esplosivo fumetto uscito proprio oggi per Saldapress. Una spy story atomica che vi ruberà il cuore.
Emma Wrong, spy story dell'amor perduto
In continuo gioco di inganni, scontri, tragedie e rivelazioni finirete nel lasciare il vostro cuore tra la sabbia rovente del Nevada
Intervista allo sceneggiatore e all'illustratrice
Nerdcore: Emma Wrong è una spy-story ma soprattutto una storia d'amore, per questa graphic novel hai scelto una protagonista “difficile”, una donna nell'America del dopo guerra e per giunta asiatica, in un periodo in cui il razzismo verso il “nemico giallo” era ben radicato. Come mai hai seguito questa strada per raccontare Emma?
Lorenzo Palloni: Per dirti il perché di queste scelte devo fare un passo indietro: mi annoio un casino e ho un po’ di cose da dire sulla realtà che ci circonda. Questa è la base del mio processo creativo. Quindi devo trovare un sistema perché il processo stesso non mi annoi. Comincio sapendo il nucleo della storia, il messaggio (nel caso di EMMA WRONG qualcosa come: “l’amore è dentro di te, nessun altro può dartelo, e combattere per esso ha senso”). Poi si accumulano idee, percezioni, idee di azione, e contemporaneamente il genere - fondamentale per dialogare con il lettore - e il vettore principale della storia, il personaggio. Emma doveva essere un personaggio estremo, contro tutto e tutti, doveva avere una vita complicatissima. Il mondo intero, segreto e non, doveva essere contro di lei. Quindi ho lavorato per sottrazione: lì ho pensato al fattore razziale. Che fosse donna, al tempo stesso. Il mondo di oggi è mille volte più facile da vivere per un maschio (bianco), figuriamoci negli anni ’50. Il patriarcato andava alla grande, a quei tempi. Mettermi nei panni di una mezza spia asiatica del boom economico, durante la scrittura, è stata una delle sfide professionali più esaltanti che mi siano mai capitate. Più la situazione è disperata, più la cavalcata sarà emozionante, tanto per i lettori quanto per i narratori.
N: La sceneggiatura, anche grazie ai disegni, ha un'anima cinematografica, strizzi molto l'occhio a belle pellicole cult e pulp, dalle grandi saghe di James Bond agli intrighi e le trappole del Tarantino di The Hateful Eight con i personaggi che nascondo perennemente la propria identità. Quindi domanda doppia! Quali sono le ispirazioni per questo tuo lavoro e soprattutto quanto è stato difficile ingannare il lettore in un fumetto, che ha spazi e modalità diverse dal cinema o dai romanzi corposi?
LP: Sono letteralmente cresciuto con le spy-story di Fleming, Ludlum, La Carré sul comodino. Bond, soprattuto. E anche con i film, certo, ma una volta che azzanni i libri, quelle storie stilose e al contempo sporchissime, con il marciume del mondo segreto delle spie che viene a galla e quei finali ambigui, non puoi staccare i denti. Volevo quell’insieme di eleganza e ferocia che Fleming stendeva su tutto come un tappeto verde da biliardo, liscissimo.
E prima ancora volevo scrivere una storia d’amore a modo mio, e c’è un libro in particolare che ha innescato l’idea: “Il Minotauro” di Benjamin Tammuz. Una spia vede una ragazza su un tram, si innamora, passa una vita a proteggerla in segreto senza mai palesarsi. L’opposto esatto della storyline di EMMA WRONG, se ci penso bene.
A livello di regia mi sono studiato da capo tutto Hitchcock, e mi sono riletto “Dieci piccoli indiani” di Agatha Christie per capire l’atmosfera di una partita a scacchi con l’ignoto, di un giallo in un contesto circoscritto - ma senza delitto della camera chiusa, e anzi proprio senza delitto, se non dopo un bel po’.
E con il fumetto il gioco è più facile, rispetto al cinema: gestisci tempo e spazi di lettura, nascondi elementi fondamentali nello spazio bianco, puoi permetterti più gioco con elementi evidenti e richiami palesi. In questo senso la regia è fondamentale, e rispetto al solito - lascio quasi sempre carta bianca al disegnatore - a Laura ho dovuto suggerire posizioni di camera e palesare necessità grafiche. Abbiamo lavorato in concerto, benissimo, e si capisce perché il libro ci piace un sacco.
Puoi ingannare il lettore in un milioni di modi, ma è molto più bello se lo inganni alla luce del sole, tenendo la preda in secondo piano ma quasi sempre in campo, e puntando la luce sui personaggi che gravitano attorno al protagonista e che rubano la scena. Un trucco di magia narrativa, semplicissimo ma molto soddisfacente. Onesto.
N: Spesso chi vive “fuori” dal mondo dei fumetti è solito giudicare queste opere con un'ottica semplicistica, meri prodotti infantili o dal facile intrattenimento. Per fare cambiare idea a questi giudizi preliminari farei leggere proprio Emma Wrong perché la tua scrittura raggiunge momenti lirici e altamente evocativi e viene arricchita da citazioni, canzoni e altri rimandi. Pensi che il fumetto possa finalmente integrarsi come mezzo culturale nel panorama italiano?
Il fumetto in Italia è stato pop negli anni ’60, mezzo intellettuale in sordina e poi arma della contestazione nei ’70 e ’80, mainstream nei pigri e giudiziosi anni ’90; poi nei 2000 è arrivata Coconino che ha cominciato a scavare iniziando a far parlare di “graphic novel”, rendendo il libro a fumetti pieno di stile, e negli anni ’10 è arrivato Zerocalcare, che ha permesso di farsi largo nelle librerie e che mi permette di risponderti alla tua domanda così: è già un mezzo culturale, lo è sempre stato, ma senza mai completamente essere trasversale come ora.
La potenza mediale che percepiamo adesso è dovuta anche all’effetto dei “meme”, veri e propri webcomics che aiutano l’abitudine alla lettura dei ragazzi. Conta anche cheggi abbiamo Sio e Labadessa che lavorano ai fianchi e in modo obliquo tutta una generazione di lettori del futuro, e Fumettibrutti sta cambiando la percezione del fumettista/intellettuale, cambiando veramente il mondo. Penso che il credito guadagnato in questi anni porterà ad ulteriori anni di interesse culturale.
Poi ci sono i tavoli ministeriali, MeFu, i bandi. E personalmente, in piccolo: il mio lavoro, sotto pandemia, è triplicato. Ho sentito tanti altri colleghi dire lo stesso.
Sento che qualcosa si muove sopra a placche tettoniche che già si muovevano prima, solo che ora è più evidente.
N: I personaggi si riuniscono in un motel in Nevada per assistere allo scoppio di un ordigno nucleare/atomico che funge da spettacolo pirotecnico. Come mai hai pensato a questo setting particolare ? C'entrano i colori che volevi usare per raccontare la storia o hai un fascino per i deserti del Nevada e di quell'estetica sabbiosa di storie in cui si nascondono i segreti nella polvere macchiata di sangue.
LP: Comincio con il dire che oltre ad annoiarmi in poco tempo, sono molto pigro nel disegnare. Disegno perché devo, perché certe storie me lo chiedono e perché paga tre o quattro volte in più rispetto a scrivere una sceneggiatura, ma mi consuma - mentre scrivere mi ricarica. Questo perché EMMA WRONG dovevo disegnarlo io, ho ancora il dossier del progetto fatto nel 2015. Terribile. Nel senso: la storia era la stessa, ma quel segno grossolano a pennarello non si sposava per un cazzo con il racconto. E qui entra in ballo la pigrizia: non avevo voglia di disegnare milioni di situazioni differenti per 150 pagine, e avevo molto altro lavoro a quel tempo, quindi ho pensato “perché non usare un’unità di tempo e luogo? Disegnerei meno”. Così è nata l’idea del giallo al contrario e mi sono andato a rileggere la Christie. Questa è una cosa che non penso nemmeno Laura sappia.
Quasi tutto quello che penso è un aggirare la mia pigrizia, e un tentativo di soluzione originale per permettermi di lavorare al meglio con minor sforzo possibile. Poi non è mai vero, lavoro come un mulo, ma a quel punto sei nel pantano della storia e solo tu puoi tirarti fuori.
Quando mi sono imbattuto nel lavoro di Laura, quella delicata ferocia che cercavo era tutta lì. La palette di colori è idea di Laura, e anche come farli interagire. Tutta farina del suo sacco, perfetta per quello che dovevamo infornare.
N: Una delle mie scene preferite appare verso la fine quando un'auto distrugge i manichini da esposizione che sono davanti alle case in vendita. Sembrava una scena surreale e distopica, un mondo di fantasmi e mentalità artificiali, burattini, che viene spaccato dall'impetuosità devastante della storia d'amore di Emma Wrong e dell'uomo che insegue da quindici anni. Possiamo fantasticare e dire che l'amore è un sentimento così viscerale che mette a nudo le costruzioni asettiche del nostro mondo?
LP: Sì, quella scena in particolare l’ho scritta avendo in mente un significato simbolico forte, ma che al tempo stesso dovesse avere senso. La città-bersaglio delle bombe atomiche - viste in milioni di film - sono non-luoghi fantasma, insensatamente immobili e vuote, com’è vuoto il sistema che le controlla, e aspettano solo che qualcosa le distrugga. Il pensiero è allucinante.
I manichini sono le spie, inquietanti e dormienti, ma sono anche i borghesi di una vita di plastica: tutto quello che Emma non sarà mai, né mai vorrà. Con un gesto doveva (SPOILER) ritornare dalla tomba e certificare che, sì, cazzo, non vuole niente del mondo che la circonda, se non può avere Michael, e che per questo distruggerebbe il mondo, e infine che l’amore che Emma prova sarà più forte di una società finta pronta per finire in polvere.
L’amore, per come lo vivo io, è deflagrante, nel senso che spazza via il mondo che credevi fosse totalmente solido prima. Cambia prospettive, percezioni, sensazioni, obiettivi. A livello intellettuale so che non esiste, che è un costrutto biologico e sociale diverso per ognuno, ma chi cazzo se ne frega: è così bello distruggere mondi, soprattutto il proprio, e poi patteggiare, costruire nuovi mondi che saranno buttati giù, e così via.
N: Ciao Laura, grazie anche a te per avermi concesso il tuo tempo. Mi ha davvero colpito molto il tuo tratto e ti faccio complimenti vivissimi.
Ciao Cristiano, ti ringrazio davvero tanto!
N: Che dire, se ho amato Emma Wrong è anche grazie alla matrice artistica che si deve a te, cara Laura. Hai avuto delle direttive specifiche o dopo aver letto lo script avevi già in mente un certo tipo di immaginario estetico?
Laura Guglielmo: Lorenzo mi ha lasciata molto libera in tal senso, penso anche perché sin da subito abbiamo avuto una sorta di immaginario condiviso sull'atmosfera che questa storia doveva avere, e sull'alfabeto di influenze che dovevamo incorporare. La collocazione storica ha ovviamente aiutato molto: quando una vicenda è ambientata in un tempo e un luogo veri si deve inventare molto di meno e basta fare un po' di ricerca per andare a individuare quali elementi, anche semplici, possono evocare con chiarezza il contesto giusto.
N: La scelta dei colori è stata perfetta, secondo me, secondo te la stessa storia con una palette cromatica diversa avrebbe avuto lo stesso impatto visivo? Io sono rimasto molto sorpreso e non riesco a smettere di farti i complimenti...
LG: Grazie!! Questa scelta di colori è veramente l'unico elemento di Emma Wrong che non cambierei per niente al mondo. Questo libro, a cui sono molto affezionata perché è stata la mia prima prova di romanzo grafico lungo e non scritto da me, è stato disegnato ormai qualche anno fa: purtroppo sono il genere di persona che butterebbe via tutto per rifarlo ogni 3 mesi, ma sui colori rimango inamovibile. Sono quelli giusti, e non penso che con una palette diversa o proprio un tipo di colorazione differente (qualcosa di un pelo più realistico, con sfumature e idee pittoriche) avremmo potuto raggiungere questo stesso risultato narrativo. Sono sinceramente contenta che questa scelta stia venendo apprezzata sia dai lettori francesi che quelli italiani, perché è stata un po' una scommessa! L'idea iniziale era fare questo libro in bianco e nero...
N: Riallacciandomi alle domande di prima, ti sei ispirata a qualche illustratore vintage o old school per dare vita alla sceneggiatura di Lorenzo o c'è stato un diverso tipo di studio o è un tratto distintivo della tua cifra stilistica?
LG: La ricerca dello stile giusto per questo lavoro è stato un percorso ibrido: non ho avuto una singola influenza artistica anche perché ho sempre molto paura che, se mi mettessi a studiare l'opera di un singolo autore, finirei per copiare invece che farmi venire idee originali. Mi sono quindi concentrata sull'assorbire uno “spirito estetico” generale e un linguaggio di proporzioni e contrasti dalla pubblicità dell'epoca, perché una serie di principi del genere è più facile da tradurre efficacemente con un tratto più contemporaneo come quello che volevo utilizzare per disegnare il tutto. La palette limitata è invece stata per molto tempo una mia predilezione personale: ho la mia formula magica per creare palette da 6 colori (2 colori scelti per contrasto che siano protagonisti, due colori scelti per accordo ai precedenti, 2 colori neutri) che veramente AMO usare e che per anni è stata la mia scelta automatica per colorare i fumetti. Ultimamente sto sperimentando un approccio completamente diverso, ma non abbandonerò mai del tutto questa modalità!
N: È una storia d'amore atipica quella di Emma Wrong, mentre disegnavi questa protagonista senti di essere entrata in contatto con lei ? O sei stata più pragmatica e distaccata? E visto che ci siamo, quale altro personaggio hai amato disegnare e caratterizzare?
LG: Sono un persona molto pragmatica e poco sentimentale, e il personaggio di Emma, per quanto interessante da esplorare, è così diametralmente opposto al mio modo di sentire che i nostri punti di contatto sono stati soprattutto nelle scene action! L'altro mio personaggio preferito è stata Mrs. Peytorn...non voglio rovinare troppo la sorpresa ai lettori, ma diciamo che è una tipa piuttosto vivace e piena di sorprese, e protagonista di alcune delle mie sequenze super preferite. A livello di design i miei preferiti sono i tre musicisti afroamericani: il fatto che dovessero essere sia un'unità che tre individui distinti mi ha permesso di divertirmi veramente tanto con le forme, e in un certo senso mi ha fatto tornare in mente il periodo in cui lavoravo soprattutto con l'animazione.
N: In conclusione, quale è stata la tavola che hai amato di più disegnare? A me sono rimaste molto impresse tutte quelle che orbitano intorno alla piscina. Hanno una potenza visiva impressionante, più di un fungo atomico.
LG: La doppia splash che riassume i viaggi di Emma!!! Avrei voluto disegnarne 40 così! Tutte le tavole che mi hanno permesso una griglia atipica (o proprio nessuna griglia) sono state molto divertenti e mi hanno aiutata a formare lo stile di regia che sto coltivando adesso, in cui il ritmo della narrazione cerca di essere più fluido e naturale di quanto facessi un tempo.