La perfezione della prima scena di Star Wars: Episodio IV
La prima scena di Star Wars era fondamentale per catturare gli spettatori e raccontargli in pochissimo tempo il tema della saga, eppure fu l'ultima scena a essere girata
Se i primi minuti di un film fossero una stretta di mano quella di Star Wars sarebbe una presa vigorosa e rassicurante, con lo sguardo fisso nei tuoi occhi e un sorriso che promette avventura.
La scena iniziale di Una Nuova Speranza mostra tutte le capacità visive e narrative di George Lucas, trae forza dalla sua voglia di mostrare il movimento, di raccontare per immagini, dai soprusi vissuti quando cercava di entrate nello star system hollywoodiano e da effetti speciali che non si erano mai visti prima. Uno spettatore che arriva al cinema un po’ in ritardo, perdendosi le iconiche scritte gialle che si perdono all’orizzonte e il potentissimo attacco del tema principale riuscirebbe comunque a capire che sta succedendo.
Tutto pare in medias res: siamo nello spazio, immersi nella sua vastità galleggiamo come il bambino di 2001, le note delicate di John Williams ci inducono sensazioni di mistero e attesa. È un momento di calma fondamentale per preparare ciò che arriverà dopo. Poi l’inquadratura scende verso un sistema di pianeti. Non è la Terra. Da spettatori capiamo subito che ci aspetta un’avventura in luoghi sconosciuti, la musica cresce d’intensità, si aggiungono i tamburi e i tamburi inconsciamente ci parlano di guerra.
Ecco infatti un’astronave che improvvisamente irrompe sulla scena mentre il commento sonoro vira verso l’epico. È grande, ma non poi così tanto e il suo aspetto è particolarmente indifeso e goffo: i grandi motori posteriori cozzano col resto dello scafo. Non sembra fatta per combattere e qualcuno le sta sparando contro.
La Tantive scorre sullo schermo seguita dai laser e mentre ci stiamo ancora domandando che diavolo sta succedendo ecco apparire dall’alto dello schermo una forma triangolare grigia che si allarga sempre di più, sempre di più, sempre di più, fino a occupare tutto lo schermo. Spunta una baia di carico nella parte posteriore che è perfetta per fornirci un punto di riferimento che rende l’astronave ancora più grande e infine, dopo qualche secondo in cui siamo frastornati dal suo rumore, arriviamo agli enormi motori che da soli sono più grandi della Tantive IV.
La forma a triangolo rende questa cosa enorme un messaggio: è una freccia, una punta di lancia, è aggressiva, è nata per combattere, sembra uno squalo che punta la sua preda, una spada che si conficca lentamente nel suo bersaglio.
A differenza della nave precedente, questa è perfetta, trasuda efficienza, ma anche grigiore burocratico.
Non sappiamo ancora cosa sia uno Star Destroyer, non sappiamo cosa siano l’Impero Galattico, Darth Vader o la ribellione, ma una cosa è chiara: stiamo assistendo all’ennesima rappresentazione del forte contro il debole, del bene contro il male, del piccoletto che viene menato dal bullo grande e grosso.
La musica cresce d’intensità, gli ottoni ruggiscono il canto di guerra, non sappiamo cosa ci aspetta, ma siamo già rapiti e sappiamo che combattere contro questa enorme astronave triangolare sarà una sfida epica, ma siamo pronti.
Non è passato neanche un minuto, ma Star Wars è tutto qua.
La cosa buffa è che questi primi secondi furono una delle ultime cose a essere girate.
La gestazione di Star Wars fu, come spesso accade, fu un ottovolante di imprevisti la cui lavorazione andò fuori budget e fuori tempo massimo, con l’aggravante di un’atmosfera abbastanza scazzata perché, a parte Lucas, nessuno ci credeva e tutti si aspettavano il fiasco. E mentre Lucas scriveva, riscriveva, cancellava e ripartiva la Industrial Light & Magic doveva inventarsi qualcosa per stare dietro alla sua visione.
Dopo l’ennesima bocciatura da parte di Lucas il team si ritrovò con sei mesi di tempo e il budget dimezzato per poter fare tutto. Per fortuna John Dykstra riuscì a creare il primo sistema di riprese computerizzato, il Dykstraflex, che aiutò tantissimo nel produrre movimenti di camera fluidi e dinamici per le scene di combattimento nello spazio, soprattutto quelle nei tunnel della Morte Nera. Tuttavia, mancava ancora la scena iniziale.
Per prima cosa fu costruito lo Star Drestroyer, era grande 90 centimetri e pieno di piccolissimi dettagli che avevano lo scopo di far sembrare la nave ancora più grande. Poi fu modellata la piccolissima Tantive IV, di soli 10 centimetri, riutilizzando i progetti scartati di quello che doveva essere il Millennium Falcon. Ovviamene ne fu creata anche una versione più grande per i dettagli ravvicinati.
Al suo interno, invisibili all’occhio umano perché mai inquadrati, ci sono microscopico paginone centrale di PlayBoy appeso a una parete, accanto a un poster di Star Wars. Modellisti burloni.
A quel punto il modellino della Tantive fu fissato su una graffetta allungata che a sua volta era incollata sotto lo Star Destroyer e il movimento fu filmato con una lente particolarmente efficace sui dettagli ravvicinati.
Tutto funzionava alla perfezione e così doveva essere, perché questa non solo era la prima sequenza di Star Wars, il suo biglietto da visita, ma era anche quella più lunga con gli effetti speciali. Il pubblico avrebbe avuto tutto il tempo per notare eventuali errori e perdere entusiasmo.
Beh, direi che non è andata poi così male.
https://www.youtube.com/watch?v=yHfLyMAHrQE