The Wandering Village, la fiducia fra "mostro" e "parassita"
The wandering village è un city-builder molto particolare, gestito su più livelli, con un ritmo estremamente calmo e rilassato.
Pensando al mondo dei city-builder verrebbe quasi da pensare che sia difficile riuscire ad emergere con qualcosa di nuovo, interessante ed accattivante visti i grandi nomi che troneggiano sul genere e un mercato indipendente che spesso e volentieri punta al classico compitino mascherato da un’estetica intrigante.
Ci sono però, e per fortuna, esempi che di distaccano dal genere pur rimanendovi ancorati pesantemente che provvedono a donare nuova linfa vitale ad una tipologia di gioco che, ingiustamente, viene bistrattata dai più. Abbiamo, infatti, esempi come Stacklands di Sokpop che prova ad unire i city-builder al mondo dei giochi di carte o The Wandering Village, di cui ci occupiamo oggi, che prova ad unire i city-builder ai… city-builder.
Le premesse narrative del titolo sono già di per sé estremamente accattivanti e coinvolgenti: il mondo è dilaniato da una piaga di velenose spore mortali e la popolazione è costretta ad abbracciare lo stile nomade, viaggiando da un capo all’altro per trovare un posto in cui poter finalmente vivere.
Proprio all’interno di uno di questi viaggi ci si imbatte in quello che sembrerebbe essere l’ultimo esemplare di Ombu vivente, un colossale dinosauro sulla cui schiena vive un vero e proprio ecosistema di alberi, terreno fertile, rocce e funghi.
Proprio sulla schiena di questo giurassico Essere si colloca il nostro piccolo villaggio con i suoi abitanti e le tante cose da fare per gestire al meglio un villaggio su un bestione ambulante.
L’idea alla base del gioco è quella di gestire al meglio due cose, contemporaneamente: il proprio villaggio e i propri abitanti e la vita del gigantesco Ombu, un po’ come se fossimo i parassiti di una creatura gigante.
Il primo si gestisce seguendo i classici paradigmi del genere: si inizia con le case, le fattorie, si costruiscono le segherie, laboratori di ricerca per ricercare nuove tecnologie e così via, con aggiunte interessanti come i raccoglitori d’acqua che che si integrano con la “mobilità” del villaggio (se l’Ombu cammina su un bioma desertico l’aria è più secca e difficilmente si estrarrà acqua), strutture adatte alla gestione delle spore velenose che prima o dopo arriveranno ad intaccare la nostra pace, e strutture che vanno ad interagire direttamente con il bestione, come un sistema di comunicazione rudimentale o estrattori di bile e sangue.
Il bestione si controlla attraverso i comandi vocali impartiti da un corno gigante (da costruire) mediante il quale dare ordini basilari come “corri”, “cammina” o “fermati” o sulle direzioni da prendere nei crocevia disseminati lungo la mappa di gioco.
La cosa si fa interessante nel momento in cui, per poter convivere pacificamente con il nostro anfitrione, è necessario costruire un rapporto di reciproca fiducia: se l’Ombu muore il villaggio muore con lui, se l’Ombu viene ferito a causa di estrattori di sangue perde fiducia con i suoi ospiti, cercherà di scrollarseli di dossi (causando crolli sulle strutture) e via discorrendo.
È necessario un medico che lo assista, qualcuno che lo nutra, insomma è necessario gestire, oltre alla città in miniatura sulla sua schiena, anche la creatura che costituisce parte integrante della città.
Nonostante ci si possa aspettare un’esperienza molto punitiva sotto questo aspetto, il titolo è abbastanza clemente con i giocatori (nonostante sia richiesta comunque una certa abilità, che nella prima partita non ho avuto, nel riuscire a combinare bene gli edifici necessari).
The Wandering Village è un’esperienza estremamente rilassata e rilassante che vuole accompagnare il giocatore all’interno della sua placida tranquillità: l’Ombu cammina lentamente godendosi la vita e i suoi ospiti cercano di fare lo stesso senza arrecare (forse) troppo disturbo al bestione. Il titolo cerca di comunicare questa sua filosofia anche nel tutorial mancante: esiste un bottone da premere che apre un bel po’ di blocchi da testo da leggere per imparare a fare questo o quello.
Certo, la mancanza di una direzione vera e propria da seguire o di qualsiasi meccanismo per impararne i rudimenti sono un errore che potremmo quasi dire imperdonabile per un titolo del genere che potrebbe, e sicuramente lo è, essere poco accessibile ai novizi nonostante al suo interno non ci sia niente di troppo complesso nella gestione delle strutture.
Anzi, The Wandering Village offre una struttura di gioco proprio ridotta all’osso con giusto una manciata di edifici e una gestione dei lavoratori piuttosto rudimentale che, nel complesso, si sposa perfettamente con la tranquillità che il team di sviluppo voleva comunicare al giocatore.
Il titolo procede con un ritmo calmo e poco serrato e persino le spore velenose, che dovrebbero essere una minaccia presente e pressante, non riescono a risultare schiaccianti nell’economia di gioco.
In soldoni, dunque, The Wandering Village è allo stesso tempo un ottimo entry level per il genere e uno fra i peggiori con cui iniziare un po’ per la (pessima) gestione del tutorial e un po’ per il suo ritmo molto lento e ragionato anche se, a conti fatti, sul palato giusto (l’ho apprezzato tantissimo) è uno di quei titoli che ti lascia qualcosa addosso.