Oggi è il giorno di Disney+, la piattaforma di streaming di Mickey Mouse che arriva finalmente sul territorio nostrano. Il nuovo servizio porta con sé un catalogo vastissimo che comprende film e serie tratte dai cataloghi di Marvel, Fox, National Geographic e (ovviamente) Star Wars.
Ed è proprio da quest’ultimo universo che arriva quella che non posso non definire la serie di punta di Disney+, The Mandalorian. La storia di Mando è il centro perfetto per Disney, la prova definitiva che l’universo di Star Wars non solo ha ancora molte storie da raccontare, ma può farlo fuori dal grande schermo, direttamente nelle case dei fan.
In USA e nel resto del mondo il successo di The Mandalorian è stato così travolgente che per un mese è stata la serie TV on-demand più richiesta, superando anche giganti come Game of Thrones e Stranger Things. Su internet lo scorso novembre non si faceva altro che continuare a postare meme con i personaggi della serie; su Amazon ed eBay le t-shirt di Mando andavano a ruba. Non parliamo poi della richiesta di merchandise generico, dato che la domanda di toys raffiguranti un certo esserino verde ha superato di gran lunga quella per i giocattoli basati su Episodio IX.
Ma il vero, grande risultato di The Mandalorian è stato raggiungere un obiettivo ben più ambizioso di vendere giocattoli o rimanere in cima alle classifiche delle serie TV. Mando è infatti riuscito a riunire nuovamente la fanbase di Star Wars, divisa dalla nuova e controversa trilogia, sotto lo scintillante simbolo Kry’bes dei mandaloriani. Il consenso dei fan su The Mandalorian è quasi unanime: agli appassionati di Star Wars la serie piace moltissimo. Probabilmente anche di più di molti altri prodotti dell’era Disney/Star Wars. Mi dispiace, JJ.
Ma qual è la ricetta segreta di The Mandalorian? Di sicuro, il successo di questa serie non sta nel marketing martellante o nel tentare la formula (forse poco felice) del “subverting expectations” utilizzata da Rian Johnson. No, il vero cuore pulsante di The Mandalorian sono i suoi due autori, Jon Favreau e Dave Filoni. Entrambi hanno una cosa in comune: sono grandi fan di Guerre Stellari.
Favreau è un fuoriclasse della scuderia Disney: regista del primo Iron Man e del Re Leone, aveva già doppiato il mandaloriano Paz Vizla nella serie animata di Clone Wars, oltre che aver interpretato il pilota Rio Durant in Solo: a Star Wars Story. E Dave Filoni... Beh, ha diretto Avatar: la Leggenda di Aang, lavoro che gli fece guadagnare la stima di un tale chiamato George Lucas nel 2005. Il caro George mise nelle mani di Filoni le sue Clone Wars: il regista dal cappello da cowboy aveva una visione coerente e ambiziosa per la serie animata, e infatti in pochi anni Clone Wars è diventata una delle più amate iterazioni di Star Wars di sempre. Più avanti Lucasfilm gli affiderà la creazione (e la direzione) di un’altra serie animata, Star Wars Rebels, dopo l’acquisizione da parte di Disney.
Questi due geni dell’intrattenimento starwarsiano hanno deciso di unire le forze e creare qualcosa che quel mondo ancora non aveva visto: una serie un po’ western e un po’ samurai movie (e un po' videogioco). Ma ancor più importante, qualcosa che esplorasse l’universo di Star Wars senza andarne a compromettere la mitologia. Non è un caso che Favreau abbia chiamato George Lucas sul set di The Mandalorian, (anche conoscendo l’importanza che il papà di Star Wars attribuisce al personaggio di Yoda). Ma la presenza di George durante la produzione della serie non era solo una questione di rispetto per la fonte originale o di consulenza per un nuovo personaggio. Era un messaggio ai fan.
“Ehi, state tranquilli: stiamo facendo questa cosa nel modo giusto.” Non so voi, ma io ho sentito questa frase in testa, forte e chiara. Ed in effetti è stato proprio così: la prima puntata di The Mandalorian è stata diversa da quanto mostrato nelle recenti produzioni Lucasfilm/Disney. Dialoghi risicati, tanto deserto, tanti alieni, qualche colpo di blaster e sparatorie degne di un film sull’O.K. Corral. Bella? No. Era una bomba.
Ehi, state tranquilli: stiamo facendo questa cosa nel modo giusto.
Su internet sono subito impazzate le teorie dei fan, gli elogi a Favreau e Filoni, gli scaricamenti pirata delle puntate e persino la ricerca della colonna sonora. Quest’ultima è stata composta da Ludwig Goransson, che ha tirato fuori dal cilindro dei brani ricordano quelli degli spaghetti western. E anche questo non è un caso: il compositore si è ispirato al nostrano maestro Ennio Morricone e alla sua abilità di evocare un personaggio o un evento particolare con un solo suono. Ed in effetti quando Mando spara si sente il suo inconfondibile tema riecheggiare nel silenzio.
Anche il cast è fantastico: oltre al granitico mandaloriano di Pedro Pascal troviamo l’indimenticabile Gina Carano, dalla quale tutti vorremo essere presi a pizze in faccia; un Carl Weathers che sembra non invecchiare mai e Werner Herzog che ci ricorda la passata gloria dell’Impero. E poi cameo, omaggi e citazionismo a non finire. Il piatto perfetto per chi è affamato di Star Wars.
La serie, da oggi disponibile per tutti, è riuscita a riportare i fan nella Galassia Lontana Lontana immaginata da George Lucas senza creare divisioni nella fanbase e senza andare a intaccare la sacralità di quella che è probabilmente la “modern mythology” più importante degli ultimi cinquant’anni.
E potete stare certi che questo è un risultato non da poco. A notarlo è stata anche l’alta dirigenza Disney, che ha ordinato immediatamente una seconda stagione per The Mandalorian già a dicembre (e dove vedremo, pare, Rosario Dawson nei panni di Ahsoka Tano), ancor prima della messa in onda dell’ultimo episodio. Non solo; il merchandise tratto dallo show è finalmente in arrivo (nonostante si sia perso il boom natalizio) e presto saremo inondati da statuette, magliette, LEGO e Funko Pop a tema. Non è meraviglioso?
The Mandalorian è la prova definitiva che il franchise di Guerre Stellari non è morto né morente; ma soprattutto, non esiste nessuna Star Wars Fatigue. Il pubblico e gli appassionati vogliono vedere ancora avventure, colpi di blaster e salti nell’iperspazio in un universo che ha saputo catturare l’immaginario collettivo di oltre tre generazioni.
È la nuova evoluzione del brand, che si slega finalmente dal grande schermo, dai numeri episodici di una saga sempre più distante per arrivare ad essere più intimo, personale ed emotivo con i suoi fan. E non vedo l’ora di sapere cosa ci riserverà il futuro con la serie di Obi-Wan Kenobi e, ovviamente, la seconda stagione di The Mandalorian.