I dolori del giovane Tex Willer
Tex Willer festeggia l'eterna giovinezza dei suoi settant'anni con un interessante ritorno all'origine e una serie di storie ben azzeccate.
Pochi personaggi, nel fumetto mondiale, possono vantare la vitalità di Tex Willer, giunto quest'anno al suo settantesimo compleanno. La testata ammiraglia della Bonelli prende forma infatti nel 1948, in contemporanea con l'Italia moderna che nasce dall'entrata in vigore della Costituzione e delle elezioni politiche che danno avvio alla prima repubblica, con la scelta di campo per l'America nel clima della nascente guerra fredda. E il grande successo del western di quegli anni testimonia l'importanza che gli USA, e lo spirito di frontiera della "land of opportunity", assumono nell'immaginario italiano: la cosa interessante di Tex, al centro delle numerose analisi che circondano il personaggio - ma sempre minori, forse, della reale importanza del suo ruolo - è la sua capacità di sopravvivere così a lungo, certo modificandosi nel corso dei tempi (innanzitutto nel passaggio strutturale dalla striscia al formato quaderno, che renderà, prima e più di tutti, il "formato Bonelli), ma restando fortemente fedele a sé stesso.
E in attesa del numero 700, che sommerà in qualche modo una doppia ragione celebrativa, il settantennale texiano è celebrato anche da questa nuova serie inedita dedicata a Tex, il cui numero zero è stato allegato al numero 697, uscito a Novembre. Tex Willer n.1, intitolato "Vivo o morto!", in uscita il 16/11/2018, ci riporta al Tex giovane, ancora fuorilegge, sia pure per un nobile e sacrosanto desiderio di giustizia. Soggetto e sceneggiatura sono, quasi inevitabilmente, di Mauro Boselli, che ha avuto in questi anni un ruolo fondamentale come curatore (dal 2012) nel mantenere la - imponente - tradizione senza farla scadere nella routine. In questo caso, la sfida è ancora più delicata, perché l'autore torna a lavorare sulle origini del personaggio, affiancato da un disegnatore del calibro di Roberto De Angelis, che ha le sue radici nell'horror e nella fantascienza (contribuendo in modo centrale, tra l'altro, a creare l'immaginario nathanneveriano, in Bonelli), mentre la efficace copertina è di Maurizio Dotti.
La scelta di parlare di un Tex giovane permette di esaltare la componente di guascone scavezzacollo (sia pure ovviamente di incredibile abilità nel combattimento di ogni tipo) e meno la malizia scafata del ranger di lungo corso che ha ormai Tex nelle avventure della sua lunga maturità come personaggio: un Tex quindi, se possibile, ancor più dinamico, immerso in sequenze d'azione western mozzafiato, anche in virtù della maggior brevità dell'albo, a 64 pagine, come molte nuove testate bonelliane (il secondo corso, ad esempio, di Morgan Lost). De Angelis dà il suo meglio, in particolare, nelle scene a forte contrasto chiaroscurale che ne hanno fatto la fortuna di autore di horror e di fantascienza cupa - come il cyberpunk neveriano: Boselli probabilmente non a caso, dopo una comunque ampia sequenza en plein air, sotto il sole implacabile del deserto americano, gli offre una sparatoria giocata sul terreno ombroso di una miniera abbandonata, più rischiosa per il giovane eroe, ottimale per il disegnatore.
Tex a Manhattan.
Molto interessante è anche "Manhattan!", il 697 della serie regolare, dove troviamo Tex in una ambientazione inconsueta come la metropoli newyorkese. Non sono mai mancate occasionali escursioni del ranger nelle città dell'America di fine Ottocento dove si trova ad operare; tuttavia in questo caso la trasferta - orchestrata sempre da Boselli, su disegni di Maurizio Dotti - è particolarmente interessante: specialmente, forse, per chi, come me, trova particolarmente intriganti le "variazioni sul tema" tipiche del bonelliano "genere attraverso i generi". In particolare, poi, Boselli è magistrale nel mescolare il livello dell'affabulazione della narrativa popolare (meglio ancora se, come sul suo Dampyr, nel fantastico) con precisi e minuziosi riferimenti storici. Oltre a una figura di primo piano come Buffalo Bill, molte delle figure che appaiono in questa New York texiana sono riprese dalla storia, e tutto lo scenario, comunque, è fedelmente ricostruito. Soprattutto il confronto con un reale capo della come Byrnes è interessante, perché mette in confronto un ranger duro - ma sempre corretto - come il Tex odierno con un poliziotto davvero brutale, ma con cui il ranger deve comunque collaborare, pur non condividendone totalmente i metodi.
Non manca uno sguardo ironico ai grandi classici di questa ambientazione urbana, così distante dallo scenario tipico dell'eroe: la lotta tra bande nella violenta New York dell'epoca fa pensare a Gangs of New York (2002) di Martin Scorsese, mentre l'alone quasi sovrannaturale dell'antagonista della storia (parte di un ciclo: il finale è ancora aperto), il Maestro, e la sua collaborazione con la criminalità cinese, fa pensare quasi a Daredevil, anche nella recente trilogia seriale di Netflix. Non mancano ironie raffinate, come la menzione del nome di "Gotham" attribuito giornalisticamente a New York (di questi tempi di collaborazione con la DC Comics, possiamo addirittura fantasticare di un futuro crossover con un Batman da if stories), o l'evocazione di "Giosafatte Ballerino" da parte di Kit Carson, che ci evoca subito il bonelliano londinese, Dylan Dog (che, nell'idea iniziale del 1985, avrebbe dovuto operare negli USA).
Conclusioni.
Insomma, Tex conferma la sua vitalità, nella capacità di tenersi stretto l'esercito di fan accumulati nella lunga carriera con una intelligente fedeltà a sé stesso difesa dal suo gruppo di autori: la modalità scelta in questa nuova serie texiana è quella di un ritorno alle origini aggiornato ma rispettoso. Un altro possibile sviluppo per interessare una più vasta platea che si legge in controluce in storie come "Manhattan" appare quello di interazioni col reale western storico (o addirittura con un '800 coevo più o meno vicino, quale appunto New York), riletto dall'identità forte della testata. In questo, è interessante un parallelo con l'ultimo nuovo personaggio entrato in casa Bonelli in questo 2018, Deadwood Dick: albi da 64 pagine, nuovamente, a partire da un personaggio storico rielaborato a livello letterario da un autore - internazionale, per la prima volta - del livello di Joe Lansdale, esperimento di cui bisognerà prima o poi tornare a parlare. E in quest'ottica, forse, più che Batman o Dylan (per non parlare del confronto Superman-Tex su cui da sempre si favoleggia...), un incontro tra queste due figure del West post-guerra civile sarebbe plausibile e molto interessante.