Tango, la danza delle storie di Risuleo e Pronostico
Tango di Risuleo e Pronostico, pubblicato da Coconino, porta il fumetto in nuovi territori di sperimentazione della sua natura interattiva.
"Tango" è un nuovo lavoro fumettistico di Risuleo e Pronostico, pubblicato da Coconino, e come vedremo si presenta come qualcosa di davvero interessante.
Nel 2019 lo sceneggiatore Fulvio Risuleo e il disegnatore Antonio Pronostico erano stati i protagonisti, con “Sniff”, di un esordio sorprendentemente riuscito nel fumetto italiano, premiato al Boscarato 2020 con due distinti premi, per sceneggiatura e “autore rivelazione” per il disegnatore.
Da un lato “Sniff” si inseriva nel filone intimistico affermatosi con il boom del graphic novel italiano nel corso degli anni 2010 (dopo l'introduzione del concetto ad opera di Igort negli anni 2000), soffermandosi sul tema dell'incomunicabilità dei rapporti di copia tipico non solo del fumetto, ma anche della letteratura e del cinema italiano recenti. Dall'altro, però, l'opera dimostrava la capacità – spesso assente anche in opere anche impeccabili per realizzazione – di interpretare il tema in modo sorprendentemente originale sia per trama che per resa grafica, in un connubio strettamente intersecato.
Non anticipo nulla di questo esordio, e consiglio di recuperarlo senza eccessive anticipazioni in modo da poter gustare appieno gli elementi di sorpresa su cui la storia è costruita. Rimando, in seguito, il lettore eventualmente interessato a quanto ne ho scritto qui.
Questa seconda opera si apre quindi nel segno di una aspettativa di alto livello, che viene direi mantenuta. La copertina ci mostra come – pur spostandosi poi in varie direzioni sperimentali, di cui accenneremo – il segno di Pronostico si mantenga fedele a sé stesso, a questa sintesi efficacissima, che rimanda a certa grafica debitrice dell'astratto ma in una elaborazione totalmente personale (Fighera, nella sua analisi su LoSpazioBianco, evocava Pinter e Mattotti: per certi versi, ci trovo anche Depero, ma come detto il gioco dei riconoscimenti è in questo caso relativo, poiché la sintesi mi pare appunto derivare in modo autonomo da quella dell'astratto, tra cubismo e futurismo).
Anche il titolo (“Tango”, la più classica metafora del rapporto di copia tra affinità e conflitto) e gli elementi che ci vengono presentati fanno percepire, di nuovo, il tema del fallimento relazionale, dove la macchina distrutta (che ritorna nella trama... ma, anche, non ritorna, a seconda dei casi) diviene metafora nuovamente evidente di una relazione incidentata irreparabilmente, e da rottamare. Forse.
Ci si poteva quindi attendere in Tango uno sviluppo sperimentale di un tema classico, già percorso dagli autori. Ed è esattamente quello che troviamo: solo che la sperimentazione si fa ancora più ardita di quanto potevamo pensare, e va con eleganza a intersecarsi in modo ancor più strutturale con il linguaggio del fumetto. “Sniff” era retto da una elegantissima metafora narrativa, ben sviluppata, che costringeva allo sviluppo di numerosi raffinati espedienti per far funzionare appieno l'idea originale di fondo.
In Tango invece l'innovazione sta appunto nel modo di narrare la storia, che è estremamente innovativo soprattutto nella prima sezione. Il racconto è strutturato su pagine di colore diverso: quelle azzurre introducono la storia di cornice della coppia che si reca a scegliere una nuova casa.
A partire da ciò, una prima sezione ci porta a una sorprendente storia a bivi, un elemento presente nel fumetto (sperimentali quelle del Diceman inglese, spin-off della rivista “2000 AD”, nei primi anni '80: e qui da noi le “storie a bivi” di Bruno Concina su Topolino, a metà della decade) ma pochissimo sfruttato, finora.
Ed è un peccato: non solo perché si tratta di una modalità estremamente interessante, una direzione ancora relativamente nuova che apre vaste possibilità espressive, ma anche perché si tratta di quella più moderna che si offre al fumetto in quest'epoca sempre più dominata, come forma espressiva prevalente, dal videogame.
Se in passato il confronto col “gemello diverso”, il cinema (ma anche, in autori come De Luca, con il teatro) ha offerto indubbiamente stimoli per il fumetto nel momento in cui era questo, di fatto, il medium dominante nell'immaginario del '900, oggi il fumetto può trarre spunti anche dal rapporto con le modalità videoludiche, che hanno incarnato la modalità della letteratura potenziale.
Non si tratta di una modalità esclusivamente fumettistica: in letteratura già Borges, Cortàzar, l'Oulipo, Rodari e ancor prima Marinetti e certo teatro sperimentale anni '30 avevano accennato a tale possibilità (non manca chi trova nel settecentesco "Jacques il fatalista" di Dideròt un remoto antesignano di questa “letteratura potenziale” a biforcazioni, forse con un po' di forzatura).
Essa è però rimasta confinata, in ambito letterario, quasi a pura ipotesi teorica (accanto a una fioritura, oggi di nicchia, di librogame commerciali negli anni '70-'80, spesso di buona fattura, il cui successo è andato in parallelo alla grande affermazione appunto del videogame).
Alcuni anni fa, con “Bandersnatch” (2019), era apparsa una applicazione anche telefilmica di tale narrativa potenziale per immagini, all'interno di Black Mirror, su Netflix: ma il tentativo, pur accolto da una generale fascinazione, non ha avuto finora reiterazione.
In qualche modo (e salvo altri esempi) questo è uno dei primi casi di applicazione della letteratura potenziale pienamente intesa al graphic novel, e ciò lo rende particolarmente interessante. Lo scopo non è più il puro intrattenimento del lettore in una “imitazione a basso costo” del videogame (che, pure, ha prodotto esperimenti interessantissimi) ma una piena indagine del potenziale della tecnica della narrazione a bivi nel linguaggio fumettistico.
Per certi versi, l'esito di questa prima sezione dell'opera (che si conclude con una mappa ripiegata che ci consente di navigare perfettamente indietro nei nostri percorsi di scelta) ha alcune affinità con “Bandersnatch”: come là, il concetto pare più quello di una certa irrilevanza della scelta. Indipendentemente dalle direzioni che scegliamo, alla fine confluiremo nelle due sezioni successive, e quindi le scelte fatte ci mettono di fronte, sostanzialmente, alla vanità di ogni scelta.
La relazione, in effetti, pare deteriorarsi indipendentemente dalle indicazioni da noi date sullo sviluppo della trama, e ci limitiamo (che è comunque molto interessante) a esplorare vari possibili aspetti di questa disgregazione della coppia.
Difficile dirsi se questo aspetto deriva da una scelta filosofica degli autori (comunque coerente anche con il mood del fumetto precedente, tradizionalmente sequenziale) o dalla difficoltà di far irraggiare delle scelte “reali” da una trama di partenza: probabilmente un mix di entrambe le cose, esattamente come in fondo nel citato “Bandersnatch”.
La recensione di N3rdcore, ad opera di Fantoni, ha la particolarità di essere, a sua volta, una recensione "a bivi".
Le altre due sezioni di "Tango" usano parimenti un linguaggio sperimentale, anche se l'innovazione più grande ci pare quella della prima sezione. Nel secondo capitolo, a vivaci colori, seguiamo un documentario televisivo sulla natura nella savana assieme ai due protagonisti, che punteggiano la narrazione con rimandi sarcastici alla loro relazione, sulla scia dei brillanti e caustici dialoghi della prima sezione. Curioso che la citazione finale del barbiere assume diverso (e minore) significato se non abbiamo completato la prima sezione, dove similmente appare un barbiere significativo nella storia. Se lo sappiamo, le ragioni freudiane del sogno di Lele ci appaiono più evidenti: altrimenti, ci pare una semplice deviazione surreale.
L'ultima sezione di "Tango", su carta rosa, adotta una terza via ancora per narrare la vicenda: i protagonisti appaiono inseriti nella cartina dell'appartamento che hanno acquisito, man mano che si spostano all'interno di essa, documentando il progressivo, ulteriore degradarsi della relazione. La cartina, non a caso, identifica sei locali, corrispondenti alla griglia 2X3 tipica del fumetto italiano (rispettata nella prima sezione, mentre la seconda è giocata su due vignette per tavola, a riprodurre il maxischermo televisivo). Un espediente elegante, che sottolinea la claustrofobia della tavola da cui i personaggi non possono evadere, così come sono rinchiusi nel loro pur elegante appartamento che diviene la prigione di questa relazione soffocante (eppure, così come l'inferno non è perfetto senza una finestra sul paradiso, non priva di guizzi di intesa in oceani di astio e indifferenza): meno forte, però, della scelta introduttiva, che è il vero punto di forza dell'albo.
La scelta di non condurre tutta la narrazione in forma di storia a bivi è però interessante: sia per la scelta più originale, sia perché introduce un uso possibile di tale tecnica anche in futuro, in altre opere degli autori o di altri che vorranno sperimentare in questo senso, come strumento per rendere “aperto” anche solo un segmento limitato del racconto fumettistico.
Per intanto, questo “Tango” di Risuleo e Pronostico conferma la validità dei due autori, nell'attesa di vedere in che ulteriore direzione prenderà il loro brillante sperimentalismo nella prossima opera.