STAI LEGGENDO : Sonic - Il Film e il piccolo miracolo post-patch

Sonic - Il Film e il piccolo miracolo post-patch

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Sonic - Il Film arriva nelle sale tra dubbi e incertezze, ma in questa recensione vi spieghiamo perché non c'è davvero proprio nulla di cui aver paura.

Sonic non ha certo bisogno di presentazioni: icona SEGA ormai immortale, protagonista di numerose iniziative in qualsiasi media e grande presenza della vita videoludica di migliaia di persone. Come il sottoscritto, che ricorda con nostalgia le giornate passate su Sonic Heroes o Sonic Advance. Sì, ho iniziato tardi con Sonic rispetto a molti altri appassionati, ma tutti possiamo concordare sull’universale attrattiva del personaggio, capace di farsi piacere da qualsiasi tipologia di pubblico anagrafico.

Il che era anche un po’ l’obiettivo della nuova pellicola di Jeff Fowler, al suo debutto cinematografico come regista, forte del riconoscimento ottenuto con il corto Gopher Broke. Il nuovo Sonic è infatti un ottimo varco per un’audience più giovane che ancora non è arrivata ad apprezzare il porco spino blu, non per sua colpa in fin dei conti. Ultimamente il nome di Sonic è stato sempre associato a iniziative videoludiche abbastanza negative, partendo da Sonic Free Riders, passando a Sonic Boom e arrivando a Sonic Forces, i quali possono essere definiti come disastri commerciali sotto ogni punto di vista.

Un destino che sembrava decisamente vicino anche per il nuovo film di Paramount Pictures e il design iniziale prontamente scartato, considerato così brutto da aver creato più movimento digitale di qualsiasi altra iniziativa nettamente più seria. Generalmente le lamentele non vanno a inficiare sulle decisioni creative di uno studio, ma in questo caso credo che Sonic passerà alla storia come il primo film che è stato “patchato” prima della sua uscita (mentre l'orribile Cats come quello che la patch l'ha avuta dopo), costando numerose risorse, asset alla compagnia produttrice e all’ormai ex studio di Vancouver di MPC (azienda famosissima e produttrice di effetti visivi di qualità, di cui abbiamo parlato nel nostro speciale sul making of di Godzilla).

Questo ha generato numerose domande sulla realizzazione finale del film, pur trovandosi di fronte a un design finalmente più fedele alle idee estetiche che hanno contraddistinto da sempre il personaggio. Vogliamo togliere subito l’elefante dalla stanza e dirvi che sì, il film di Sonic non solo è uscito bene, ma potrebbe arrivare perfino a sorprendervi. Il miracolo è stato quindi compiuto e l’anima di Sonic è rimasta intatta in ogni sua più piccola parte, specialmente perché il rispetto alla storia del porcospino blu è evidente fin dalle prime scene.

Rivedendo il trailer del debutto adesso e conoscendo la pellicola nella sua interezza, è abbastanza interessante vedere come le scene chiave siano esattamente le stesse, suggerendo che alla fine della fiera la storia del film sarebbe stata identica a prescindere dal design scelto. Però, come scoprirete in sala, il bello di questo lungometraggio è proprio quello di vedere un Sonic che ha carisma da vendere, una verve visiva impagabile e un’espressività che sarebbe stata altrimenti impossibile se si fossero mantenuti quei due occhietti ridicolmente piccoli. Non a caso MPC – seppur con un team diverso - si è occupata anche del design di Detective Pikachu: pellicola che è molto vicina alla filosofia visiva di questo Sonic.

Partiamo però dall’inizio: Sonic ci viene presentato nel suo scenario iconico, senza però esserne effettivamente un abitante normale. Grazie a un misterioso personaggio che i fan più sfegatati riconosceranno, mentre gli altri penseranno sia una comparsa da Il Regno di Ga’Hoole, scopriremo che l’esistenza di Sonic e dei suoi poteri deve rimanere segreta e che nel caso in cui venga trovato dovrà forzatamente usare i famosi Anelli d’Oro per scappare in dei varchi dimensionali.

Per questa ragione a inizio film Sonic si troverà sulla Terra già da un bel po’ di anni, emigrato in una cittadina rurale americana dal nome Green Hills. Un centro abitato come tanti, ricco di drive-in, pazzi che vivono nelle foreste, sceriffi con mancanza di personale e il baseball come unico passatempo per gli adolescenti. Ma a Sonic tutto questo sembra la migliore parte del mondo, forte di un’atmosfera così familiare da farlo ambientare nello stile di vita americano nonostante debba patire la solitudine per evitare di cambiare nuovamente casa dimensionale.

Da questo osservare da lontano è alla fine nato l’affetto per il poliziotto Tom (James Marsden) e sua moglie, le persone più cordiali con gli animali della città. Nessuno di loro è però a conoscenza dell’esistenza di Sonic, fino a quando i suoi poteri non finiscono fuori controllo e avviano i protocolli di difesa del governo più diplomatico e razionale del mondo.

Dopo una breve scena con il classico tavolo pieno di generali pluridecorati, Robotnik alias Jim Carrey arriva in città e approfitta dei suoi insulti al cameo di Neal McDonough per farci capire che il suo personaggio sarà quello che ci terrà incollati allo schermo grazie alle consolidate faccette dell'attore di The Mask (e numerosi altri). Robotnik è un genio totale e non manca di rimarcarlo in ogni interazione sociale, sebbene non cada affatto nello stereotipo dello scienziato pazzo o del cervellone fanatico di armi. Il dottore meccanico ha infatti un estro spiccato, filtrato dalla volontà di conoscere il conoscibile attraverso ogni mezzo e calcolo.

L’umanità è troppo fallace per stare al passo della sua mente, perciò si rifugia nei suoi animaletti d’acciaio per eseguire ogni compito importante e che non preveda errori, sfoggiando la sua superiorità intellettiva in ogni aspetto della sua vita. La caccia a un alieno blu dall’energia potenzialmente sfruttabile rappresenta per Robotnik una sfida, trasformata in scocciatura nel momento in cui uno sceriffo tutto muscoli e dalla bellezza disarmante ostacola la cattura dell’esemplare.

Ma Robotnik è un dipendente statale ligio al suo dovere e di certo non ha intenzione di lasciarsi sfuggire una preda così importante, costringendo inevitabilmente Tom e Sonic a fare un bel tour fino a San Francisco mentre tentano di liberarsi dalle invenzioni geniali di Carrey. In questo roadtrip di un giorno circa, la coppia disfunzionale impara a volersi bene e a costruire un legame d’amicizia, basato principalmente sull’affetto che entrambi provano per la città di Green Hills e che Tom, in cerca di una carriera più stimolante, rifugge a malincuore.

In queste interazioni troviamo una leggerezza tipica dell’impostazione comica, che evidenzia quanto questo film non voglia portare chissà quali grandi messaggi al suo pubblico se non quello del potere dell’amicizia. Il risultato è quindi una vacanza scandita da battute a volte cheesy, robot assassini e mete turistiche delle zone meno abitate dell’America, viste dagli occhi di Sonic e dal suo estremo desiderio di integrarsi in un nucleo familiare che non ha mai avuto.

L’arrivo a San Francisco sarà ovviamente lo snodo centrale del film, quello in cui oltretutto potrete notare tutto il grande lavoro degli effetti speciali dietro la pellicola. L’impegno sul fronte spettacolarità è palpabile e del resto fa il suo bel lavoro nel mostrarci le prodezze di Sonic nei momenti che contano, insieme a quelle delle idee geniali di Robotnik. Ma oltre i luccichii e le esplosioni è stato bello vedere come l’interpretazione di Carrey abbia permesso a Eggman di apparire contemporaneamente malvagio e logico, convinto del fatto che le ricerche che sarebbero scaturite dall’analisi “profonda” di Sonic avrebbero giovato enormemente all’umanità.

Come intuibile, non manca qualche velato riferimento alla sperimentazione animale e al voler bene alla fauna, seppur siano talmente celati nelle battute da non farli neanche lontanamente passare come morale del film.

Ma è in questi piccoli dettagli e spunti tematici che Robotnik ribadisce il suo essere la perfetta nemesi per il porcospino alieno, perché essenzialmente il vero nemico del personaggio di Carrey non è altro che l’ottusità di chi non riesce a vedere oltre il proprio QI mediocre, bloccando le possibilità di progredire in favore dei sentimenti che lui non potrà mai capire.

In soldoni, il ruolo di Carrey è quello più umano possibile proprio perché incarna la pulsione di sfruttare qualsiasi elemento naturale per il suo vantaggio, non curandosi della sua storia o delle sue condizioni pur di tirarne fuori anche l’ultima goccia di risorse. Non a caso, Tom è sia uno sceriffo che il protettore degli animali di Green Hills, mentre la moglie è una veterinaria.

Al netto di questi bilanciamenti, la star del film rimane indubbiamente Sonic ed è stato sinceramente bello vederlo protagonista di un film così gradevole da farmi ridere in più di un’occasione, ricco sia di scene tenere che di puri omaggi alla velocità dell’icona di SEGA. Allo stesso tempo però l’impressione che Sonic lascia è quella di non essere un film che prende in considerazione l’animo videoludico come colonna portante su cui basare la caratterizzazione, tanto che di videogiochi non si parla neanche mai.

Per quanto possa sembrare assurdo dirlo, a mio giudizio questa è davvero la chiave vincente per riuscire a fare pellicole degne di questo nome, ovvero capire che i personaggi non sono per forza legati con le catene ai pixel che li hanno fatti nascere, piuttosto devono essere interpretati come tele in cui poter lavorare a una storia fresca e originale, evitando il disastro di Pixels e la sua stucchevole nostalgia di cui si sarebbe fatto volentieri a meno.

Se Sonic merita di essere chiamato buon film (e non nel senso di Scorsese) è proprio perché guarda la futuro senza farsi fermare dalla storia passata delle vecchie console, creando un animo filmico tutto suo e rimanendo al contempo nel rispetto di tutti gli aspetti che hanno plasmato il riccio blu più veloce della rete.

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