Resident Evil 3 Remake: quando la nostalgia offusca la realtà
Resident Evil 3 Remake è arrivato sul mercato tra elogi e critiche, frutto di un lavoro che a ben guardare ha più difetti che effettivi pregi.
Resident Evil 3 Remake è un bel gioco ma non basta, non dopo aver abituato il consumatore allo standard qualitativo raggiunto da Resident Evil 2 Remake. Partendo da questa precisa e netta affermazione tento, con una semplice serie di considerazioni soggettive e dunque liberamente opinabili, di far comprendere il perché questo prodotto sia stato “punito” dalla stampa specializzata/generalista e da buona parte della contemporanea community di Capcom.
Questa breve riflessione andrà a toccare numerosi aspetti quali il fattore nostalgia, il posizionamento e il prezzo di mercato e, infine, un focus su uno sviluppo influenzato da una sicurezza fin troppo evidente e deleteria. Prima di iniziare, un’ultima sentita premessa: chi vi scrive è una persona che sta analizzando Resident Evil 3 Remake spoglio da ogni partito precedentemente preso. Si tratta di un capitolo importante del brand, si, ma a volte distanziarsi dalle proprie emozioni permette una visione a più ampio spettro, utile a far ragionare - ed è proprio questo l’intento - una serie di persone palesemente ferita da questa operazione di mercato.
Nostalgia canaglia
Eh già, in prodotti del genere il fattore nostalgia può giocare brutti scherzi anche a persone ben competenti e navigate nell’industria videoludica. Perché affermo questo? Per il fatto che sia stata imputata a Resident Evil 3 Remake una longevità scarna a causa di una serie di tagli rispetto alla trama originale. Ora vi domando, sebbene siano passati vent’anni: ma vi ricordate realmente quanto durasse l’originale su PlayStation 1? Poco, vi aiuto io.
Le ore sono dunque il problema di questa rivisitazione in chiave moderna di un titolo che ha fatto la storia videoludica? No o, meglio, contribuiscono in minima parte ad altre gravi mancanze miste a pigrizie ben evidenti nel lavoro svolto da Capcom. Ma ne parleremo più in là, alla fine di questo articolo. Per ora annotiamoci un metaforico appunto: a volte l’amore viscerale per un prodotto porta a un totale annebbiamento della ragione a favore di opinioni mosse completamente dalle emozioni. Succede a tutti, non fatevene una colpa.
Il posizionamento e il prezzo di mercato
Resident Evil 3 Remake vale 70 euro? No, e affermare il contrario sarebbe completamente sbagliato. Non voglio in alcun modo far passare l’associazione di longevità del prodotto=prezzo di vendita ma qui bisogna prendere la lente d’ingrandimento, focalizzandoci sull’effettivo valore di mercato. Sebbene vent’anni fa il capitolo originale fu venduto a un simile prezzo (riferito ovviamente alle Lire di un tempo in Italia), in questo preciso momento storico è stato un vero e proprio azzardo optare per un valore di mercato da AAA quando, a conti fatti, il titolo assomiglia poco più che a un corposo DLC anziché a un titolo a sé stante.
Parole dure, me ne rendo conto, ma che mi permettono di far comprendere realmente quali siano le concrete problematiche di questa operazione commerciale. Oltre al prezzo come non si può parlare del curioso posizionamento di questo titolo? A distanza di poco più di un anno da Resident Evil 2 Remake, come si può non mettere in conto un possibile sentimento negativo riguardo questa scelta? Errata e, oltretutto, manifesto di una evidente volontà di massimizzare quanto più con un lavoro svolto, in maniera egregia, nel recente passato.
Uno sviluppo fallato e svogliato
Arriviamo dunque al cuore di questa breve riflessione che mi sono sentito in dovere di condividere con tutti voi. Resident Evil 3 Remake è il giusto esempio di cosa non fare dopo aver ottenuto grandi onori da critica e consumatori, adagiarsi sugli allori. Proprio così, questo prodotto è un arguto riciclo (perfezionato però da un RE Engine migliorato ancor più, inutile nasconderlo) di numerosi asset proposti nel precedente capitolo che danno ancor più l’idea di uno sviluppo alquanto svogliato. Per dire, è abbastanza inspiegabile quanto pensato nel riprodurre l’atrio centrale della stazione di polizia ben nota in Resident Evil 2 Remake: un misero telo atto a coprire la celebre statua-enigma non si può proprio vedere. Mi spiace.
Oltre a questo ci sono alcuni tecnicismi quale il level design a non convincermi proprio del tutto. Partendo da uno schema a binari fin troppo evidente, salvo qualche zona atta alla scoperta di collezionabili e/o armi da fuoco, fino a una ripetitività delle boss fight c’è ben poco da essere contenti dopo aver concluso il titolo. Un Resident Evil 3 Remake che ha in dote un Nemesis tanto affascinante sotto l’aspetto tecnico/grafico quanto disturbante nella sua effettiva poca paura e pericolosità percepita durante i numerosi faccia a faccia presenti nel gioco: vuoi per una Jill Valentine fin troppo agile, gestendo bene il tempismo della schivata non si avrà alcun problema contro questo ingombrante avversario, e per la scarsa epicità dei combattimenti decisamente mal gestiti pur avendo a disposizione una delle icone più amate dell’intero brand.
Ne è valsa la pena?
La risposta ha il sapore d’agrodolce. Tornare per l’ultima volta a Raccoon City nei panni di Jill e Carlos è stata una panacea all’ormai attempato cuore videoludico ma, allo stesso tempo, una sanguinolenta ferita inferta al nostro portafogli e alla nostra razionalità. Si poteva fare molto di più, si doveva fare molto di più nel rispetto stesso di un capitolo che di certo non spicca tra i più amati dalla community ma che, dopo quanto fatto per le avventure di Leon e Claire, meritava ben altra considerazione.
Credo infine, e concludo, che un inciampo del genere possa solo che far bene alla Capcom di questi tempi. Un briciolo d’umiltà in più, dopo essere stata incensata in ogni dove negli ultimi anni tra un Monster Hunter praticamente perfetto e uno stupefacente Resident Evil 2 Remake, penso proprio che possa servire nel proseguo di questo cammino che, osservandolo nell’insieme, risulta essere lodevole.