

Quella volta in cui Aristotele esagerò con la Tassoni e inventò Tik Tok
Cosa c'entra la Tassoni, Aristotele e Tik Tok? Probabilmente niente, ma nel mondo digitale rincorrono gli stessi elementi che Aristotele aveva così ben delineato secoli e secoli fa in uno dei suoi testi più famosi: la Poetica.
Arti mimetiche... o memetiche, che sballo all'Acropoli
Che sballo all'Acropoli in quella non-data del 334-330 a. C., le spiagge del Pireo intasate da bagnanti persiani in ferie o venditori di cocco della Bactriana. Era un'estate calda, i calippo completamente esauriti ma le ghiacciaie con le nevi del Parnete gelavano Tassoni dal giallo fosforescente, per Zeus. Un'estate attica da paura. Proprio lì i fra' del Peripato bazzicavano alla buon'ora flexando tra le cariatidi dell'Acropoli d'Atene: Teofrasto ha un freestyle impazzito dove snocciola così tanti elementi di botanica da far impallidire Linneo ancora non nato, Menone ( o Memone?) è literally il Doctor House greco che cura qualsiasi individuo con occhiatacce sexy e dannate e Eudemo da Rodi sa a memoria tutte le tabelline, promesso. Aristotele? In ritardo, come al solito da quando si è fatto la nuova toy-girl giovanissima di nome Erpillide e bada al piccolo Nicomaco. Poi eccolo sopraggiungere, barba impastata di giallo tassoni, mentre urla corbellerie metafisiche urlando "TIK TOK! TIK TOK", ebbene lo sanno tutti i boys del Peripato, Aristotele ha finito di scrivere la Poetica.
Che tu sia un fan di Homelander, uno strenuo sostenitore della mitomania di Rick Sanchez o semplicemente un lettore assiduo, fai tutti i giorni i conti con quello che si era bevuto (Tassoni) Aristotele quando scrisse la Poetica, si anche se ti droghi di Tik Tok, Instagram o Tinder. La letteratura, o meglio lo storytelling, è un processo permanente di imitazione, tutto quello che raccontiamo è arte mimetica. Che tu faccia storia (mimetica del particolare) o poesia (mimetica dell'universale) sei ancorato per forza a uno strenuo meccanismo emulativo, sei fregato bello mio. Sei incatenato alla rupe dove Prometeo si fa divorare il fegato dall'aquila della semantica, e indovina, finché esisti sei nel vortice dei significanti.
Già nel secondo libro della Fisica Aristotele enunciava una verità sacrosanta, se la natura non sa tradurre in realtà alcune cose sarà compito dell'arte attuarle, o in casi avversi l'arte imiterà la natura per provvedere a congenite lacune. Ma poi arriva... la Poetica, e il mondo di comprendere tutto il resto cambia davvero. Beh parliamo del primo testo della letteratura occidentale che analizza la comunicazione, mica male.
Tik Tok, l'oppio della Z Generation?
Niall Ferguson (storico-giornalista inglese) ha demolito (demonizzare sarebbe lieve) Tik Tok su un articolo di Blomberg, che ho potuto leggere il mese scorso. Secondo il saggista britannico il social sarebbe un oppio digitale per i giovanissimi. Tra le più patetiche critiche mosse dal nostro professore ne appare una di questo tono "anche gli inetti sanno usarlo", beh io lo trovo molto complicato (se vuoi farli bene), ma di sicuro Facebook, come insegnava Eco, ha dato libero accesso a vere legioni di imbecilli. Tuttavia Ferguson, davvero in rage mode, demolisce tutti gli altri socials, e va beh, dicendo che sono meglio le droghe vere a questo punto (DOUBT).
Tuttavia oltre il gap generazionale manca davvero una patina punk al mondo accademico odierno, quasi disilluso che dei ragazzini abbiano così tanto successo nelle loro reti comunicative. Certo anche io invidio il tizio che ruttando ha 100k di followers mentre io che parlo di libri ne ho 2k, ma se il mondo ha bisogno di rutti, chi sono io per lottare contro tutto questo? Tik Tok è uno spazio virtuale, poi spiegheremo anche perché ha una valenza aristotelica, che amalgama strati sociali e generazionali diversi in una community, certo a volte infantile, ingenua, disarmante. Ma come sarebbero stati gli anni 90 se avessimo avuto accesso alla stessa tecnologia? Io vedo comportamenti beceri anche tra utenti di 50/60 anni su Facebook, è colpa dei socials o degli individui? Non è semplice fare finta che prima si stava sempre meglio? Beh il presente non auspica a essere migliore, ma a essere il presente, con tutte le fobie, le idiosincrasie e le degenerazioni del caso. Le utopie non sono mai esistite, da quando siamo stati bannati dall'Eden perché usavamo i cheat. Nemmeno io amo Tik Tok, ma non posso fare a meno di rimanerne affascinato.
Tik Tok, tra mondo accademico e digital marketing
Clara Mazzoni in un pezzo di Rivista Studio dice: "all'inizio il cervello dell'adulto prova un sottile ma persistente senso di fastidio" quando entra in contatto con l'app di videosharing. Tuttavia, ripeto, non penso sia un problema di età, ma di educazione tecnologica o socials, non credo che una persona "adulta" abituata a usare il PC o altri socials sia intellettualmente negata per Tik Tok. La banalizzazione è disarmante.
In un paper saggistico, Tik Tok come incubo, il ricercatore del dipartimento di sociologia Aberto Brodesco definisce il social "una distopia warholiana, un labirinto di specchi [...] una dimensione ibrida di show e esibizionismo puro e semplice", o citando Jean-Luc Godard "“la gente fa film su internet per mostrare che esiste, non con lo scopo di guardare alle cose”. In un'epoca di edonismo e narcisismo virtuale trovo normalissimo questa volontà di apparire costantemente. Secondo Brodesco, parafrasando Susan Santong, bisogna avere un'ecologia dell'immagini. Tuttavia tutto questo accanimento quasi grottesco, come se le mode non siano un comun denominatore delle epoche e per forza simboli totemici dell'egoismo. Beh buon giorno a tutti, anche vedere un capolavoro o leggere Proust equivale a soddisfare l'egoismo interiore.
Di altro avviso, e per fortuna, è la piega del digital marketing che non ha paura di cambiare volto e filosofia investendo in un'economia liquida e diversificata. A testimone di questa variabilità c'è il libro Tik Tok Marketing di Ilaria Barbotti ed edito da Hoepli, che cerca di rispondere alle stasi di altre piattaforme, quelle di Zuckerbeg in sintesi, che non rispecchiano i trand del marketing odierno. Anche se a mio avviso, con i reels Instagram abbia guadagnato una nuova popolarità che fa riflettere. La Barbotti, digital pr, ammette anch'essa di aver avuto un brutto primo impatto con l'app cinese, eppure ne ha scovato le potenzialità e le funzionalità implementando nuove strategie che rendono qualcosa di estremamente virale e magari soltanto "ludico" in un'occasione di profitto. L'autrice afferma cose importanti, bisogna avere ironia, strutturare un alfabeto idoneo al contesto, e soprattutto avere qualcosa da dire.
Aristotele, Poetica della comunicazione digitale
Prendetelo come esercizio o memestetica generalizzata, ma io trovo davvero una connessione tra Aristotele e Tik Tok. La Tassoni è solo un elemento pittoresco che amalgama tutto.
"L’epopea e la tragedia ed ancora la commedia e il ditirambo ed anche gran parte dell’auletica e della citaristica, tutte, prese nel loro assieme, si trovano ad essere imitazioni"
Credete davvero che la poesia e qualsiasi app di condivisione audiovisiva siano così diverse? Ognuna di esse comunica al mondo, agli altri, per meccanismi linguistici e con i medesimi filtri, figlie illegittime di una realtà che viene artefatta. L'imitazione delle strutture naturali e "reali" è tanto un elemento comune delle forme letterarie e drammaturgiche quanto del cinema, della TV e di Tik Tok; si innescano diversi meccanismi sociologici che connettono lo spazio virtuale-ideologico al fruitore, il quale gode di contenuti modellati in maniera artificiosa da terzi. Certo, cambiano i messaggi, i "content creators", la qualità del tutto; ma cambiano davvero le nozioni ataviche? No, il tutto è riconducibile alla volontà di sopperire a quello che non abbiamo imitando altri o altro.
"Dato che come alcuni imitano molte cose rappresentandole con i colori e con le figure (chi per il possesso dell’arte e chi invece per semplice pratica), mentre altri per mezzo della voce, così, anche per le arti sopra dette, tutte quante producono l’imitazione nel ritmo, nel discorso e nell’armonia"
Nella Poetica Aristotele continua con il suo freebie sui tik tok (non sai cosa è un freebie? azzi tuoi), consiglia addirittura che è tutta una questione di voce, ritmo, retorica di un'armonia generale. Come vedete i ragionamenti a posteriori che vengono elaborati da tanti tik toker si applicavano già ai tragediografi ateniesi.
"Essendo dunque l’imitare conforme a natura e così pure l’armonia e il ritmo (è infatti manifesto che i metri sono parte dei ritmi), fin da principio quelli che erano a ciò nativamente più disposti, progredendo a poco a poco, diedero origine alla poesia partendo da improvvisazioni"
Legandomi al concetto poc'anzi esposto si denotano i meccanismi dell'improvvisazione, coincidenti sia con la poesia improvvisata con il genuino e a volte trash tik tok /video creato tanto per ridere. L'improvvisazione è il primo avvicinamento al mondo della poesia, dello storytelling e si modella proprio tramite il mondo della natura. L'uomo/tik toker si adatta, crea una personale evoluzione digitale, vede quello che ha avuto successo e si conforma a quel trend, si adatta all'ecosistema social e continua imperterrito su quella strada. Così come in natura organismi e animali vivono in contatto con certi ambienti o altri esseri viventi proprio perché hanno sviluppato un'autonomia indipendente, hanno avuto un successo evolutivo.
"Ma la poesia si spezzò a seconda dei caratteri propri di ciascuno, giacché gli uni, i più seri, si diedero ad imitare le azioni nobili e quelle di persone cosiffatte, mentre gli altri, più modesti, le azioni della gente spregevole, componendo da principio invettive, come i primi inni ed encomii"
Aristotele continua, tutti noi siamo freeboter uno dell'altro, un po' come i sofisti ateniesi a dispetto dei filosofi del Peripato. Imitando o "memando" altre persone con video, post, etc... andiamo ad attuare altre istanze della Poetica aristotelica, il che mi fa pensare davvero che Aristotele abbia inventato Tik Tok.
Le app di condivisione foto e video rispondono soltanto al bisogno di raccontarsi della collettività middle-young (senza escludere altre fasce). Non si può precludere, ridicolizzare, ghettizzare i fruitori di Tik Tok (cfr. roba aristotelica). L'uomo è un animale linguistico (Arnold Gehlen) che usa i sistemi di percezione e i segni motori per trasmettere necessità, stati d'animo, o volontà comunicativa; relegare il tutto a "stupidaggini" da teenagers abbassa la portata antropologica della bellezza di coloro che vogliono comunicare. Perché basta "scrollare" e trovare contenuti validi, consigli alimentari, fotografici, condotte contro il razzismo e l'omofobia, profili che creano elementi artistici o momenti di inclusività. I video stupidi li facciamo tutti, Aristotele conferma.