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Perle di Regia: I movimenti di macchina ne "Il Colore dei Soldi"

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Quando fai un film attorno al biliardo come puoi evitare di riproporre sempre le stesse inquadrature? Non puoi evitarlo, ma poi entra in gioco il genio di Scorsese

Intuile girarci intorno: il film di Scorsese è un congegno perfetto. Racconta una storia di biliardo rimanendo sempre sul panno verde, con solo qualche occasionale parentesi in ammuffite camere d’albergo.

Fare un film ambientato tutto intorno allo stesso tavolo, seguendo gente che gioca a 9-ball è una sfida niente male. Come puoi evitare di riproporre sempre le stesse inquadrature? Scorsese capisce sin da subito che la risposta è: non puoi evitarlo. E quindi fa della ripetizione la cifra stilistica del film. L’iterazione costante dello stesso movimento di macchina, degli stessi tagli di montaggio. Scorsese sceglie la strada del loop, del mantra filmico. Ma ogni volta alza il volume, stratifica, accentua il ritmo per poi diminuirlo di colpo. Questo perché “Il Colore dei Soldi” è un motore. I pistoni girano sempre allo stesso modo, ma è il pilota, beh, a fare tutta la differenza.

Il film è pieno zeppo di scene fantastiche. Ne prendo una, non perché sia la più bella o la più potente (non lo è), ma perché è esemplificativa dell’approccio di Scorsese a questo tipo particolare di messa in scena basata sulla ripetizione. Che succede a livello di storia?

Fare un film ambientato tutto intorno allo stesso tavolo, seguendo gente che gioca a 9-ball è una sfida niente male. Come puoi evitare di riproporre sempre le stesse inquadrature? Scorsese capisce sin da subito che la risposta è: non puoi evitarlo

“Fast” Eddie Felson (interpretato da un Paul Newman che, per questo ruolo, vincerà l’Oscar), sta tramandando i segreti del mondo del biliardo al giovane fenomeno Vincent Lauria (Tom Cruise). Il giovane è davvero bravissimo ma, come da prassi, è anche una testa calda, uno sbruffone. Newman gli ha svelato che la chiave del successo è volare basso, accettare di passare per perdente per riuscire a fottere i grandi al momento giusto, cioè quando meno se lo aspettano. Dopo qualche cocente sconfitta Cruise cede e si mette in mostra sfidando direttamente Moselle (interpretato da Bruce A. Young), il giocatore più forte in una sala da biliardo di terz’ordine. Fast Eddie lo viene a scoprire, sale sull’auto e cerca di riparare al potenziale disastro, ma è troppo tardi.

Una parentesi velocissima: questa sala da biliardo non è un set. È un luogo reale: si chiama "Chris's Billiardse sta a Chicago. Tutte le coreografie degli attori e della macchina da presa sono state realizzate, quindi, senza l’ausilio di pareti semoventi. Per quello che sta per accadere è un dettaglio non da poco.

Vediamo cosa fa Scorsese.

Scorsese decide di aprire la scena inquadrando Cruise alle spalle. Perché? Perché in questo modo Moselle, il ‘campione’ della sala, viene mostrato per quello che è: solo una figurina pacchiana con il suo cappello da texano. Cruise incombe su di lui. Poi la macchina da presa avanza facendo perno sullo sguardo sbruffone di Vincent.

Moselle termina la sua partita e recupera i soldi dallo sconfitto. Vediamo bene che è un po’ uno sfigato e che Vincent lo distruggerà. Moselle si avvicina alla macchina da presa e ci sovrasta. Osserva la strana valigetta di velluto e chiede:

MOSELLE
What you got in there?

Scorsese fa rispondere Vincent fuori campo. Mantiene l’inquadratura sull'unico elemento importante: la valigetta.

VINCENT
Here?

Sempre mantenendo la camera fissa, la valigetta si apre: all'interno la preziosissima Balabushka! La macchina da presa panoramica verso l’altro fino ad inquadrare il volto tronfio di Vincent. Noi (pubblico) sappiamo che sta per mettersi nei guai, quando risponde

VINCENT
Doom.

Moselle lo squadra e butta li un poco convinto: “Let’s play.” Cruise accetta.

STACCO

Siamo in macchina con Paul Newman. “Werewolves of London” di Warren Zevon satura la colonna sonora. È importante sottolineare che, in questa inquadratura, la canzone è extradiegetica, cioè non è quello che sta ascoltando Newman in auto, ma poi …


STACCO

… rieccoci di nuovo dentro la sala da biliardo. La partita è già in corso. C’è un’ellisse temporale e, per farcelo capire, Scorsese mette una piccola folla intorno al tavolo. Vincent sta vincendo, sta facendo lo sbruffone e sta sputtanando tutta la bella strategia di Felson/Newman. Il pezzone di Warren Zevon continua con il suo groove trascinante, ma ora lo sentiamo riverberato nella sala. Tutti, adesso, stanno ascoltando questa canzone.

Ora, guardate cosa fa qui Scorsese. Dal minuto 0:58 segue le mosse di Vincent con un piano sequenza su carrello. Ricordiamoci che ci troviamo in un ambiente reale, con colonne a poca distanza dal tavolo di gioco. Siamo nel 1986, potrebbe benissimo scegliere la steadycam. L’ha già usata e la sfrutterà tra un paio di anni per il folgorante incipit de “Quei bravi ragazzi”, ma qui sceglie il carrello. E non solo il carrello, ma anche lo zoom. Perché? Perché, per Scorsese, il biliardo è un gioco di geometrie, di parallasse, di angoli. E la macchina sul carrello è la più precisa trasposizione di questa interpretazione. Ammirate! Per oltre trenta secondi la cinepresa danza con Vincent. Si muove al ritmo dei colpi. Fa quello che al cinema non si fa mai: va avanti, ritorna indietro, poi di nuovo avanti. Si ripete. Esattamente come si ripetono questi sintagmi visivi per tutto il film. Dicevamo un mantra, no?

Il mini piano-sequenza finisce (addirittura!) con un carrello in avanti sul volto raggiante di Vincent. Dico addirittura, perché questo cambio di tragitto ci fa capire che la mdp non si muove sui binari, ma solo sulle ruote gommate del carrello. Libere! E, in questo modo, beccare i punti precisi per i fuochi diventa ancora più rischioso! E nel momento esatto in cui Vincent sta per scoccare il colpo …

… la porta del club si apre ed entra Newman. Viene verso di noi, scambia un’occhiata con il gestore, poi arriva fin sotto macchina. Leggiamo tutto lo scoramento in quegli occhi.

Torniamo al tavolo. Nuovo piano sequenza. Cruise fa il gradasso mentre mette in buca una palla dopo l’altra. La macchina da presa continua con la sua danza reiterando movimenti, amplificandoli. Una coreografia circolare che segue le bocce, poi Cruise, poi le buche. Un nuovo piano sequenza di quarantotto secondi. Questa volta non c’è lo zoom, ma ci sono un paio di cose che vale la pena di far notare. Cruise fa dei colpi precisi dal vivo, senza controfigura. Dopo il primo colpo Vincent fa ruotare la mazza come fosse un nunchaku. La macchina da presa lo segue e abbandona il tavolo. Perché lo fa? Perché qualcuno, fuori campo, sta allineando la palla bianca per il tiro seguente. Se guardate bene noterete che la posizione della sfera all’inizio del secondo colpo è leggermente diversa rispetto alla conclusione del primo. Ma la bravata di Cruise giustifica che la macchina da presa non segua più il tavolo. Forte, vero? Beh, c’è ancora di più. Dopo questo secondo colpo, Cruise canta:

VINCENT
(singing)
"His hair was perfect”

In sincrono con la strofa nella canzone. Ma la musica, nel montaggio finale, parte molto prima e i tagli che abbiamo visto sono precisi sui beat del pezzo. Quindi tutto questo piano sequenza (e il precedente) sono stati pensati e coreografati al secondo spaccato! Bravi. Bestie!

C’è da dire, che lo shot è talmente complicato che non tutto va per il verso giusto. Dopo il terzo colpo Cruise si alza troppo lentamente e, nonostante il macchinista ritardi l’arrivo, il carrello si trova troppo a ridosso di Vincent quando questo si appresta al quarto colpo. Quindi, a 2:25, la macchina da presa è costretta ad inquadrare un faretto (in alto a destra). Siamo in un’epoca in cui non esiste la post produzione digitale e non c’è modo di nasconderlo.

Ma la scena è talmente perfetta che lo shot rimane nella versione finale, così com’è. Anzi! Sai cosa pensano Scorsese e Thelma (Schoonmaker, la sua montatrice di sempre)? Pensano: “Ma sticazzi, a questo punto usiamo anche la coda di questo ciak, facciamolo vedere di nuovo ‘sto faretto del menga.” Ed infatti, dopo la reazione di Newman, torniamo su Cruise, il carrello finisce il suo giro e il faretto è li, alle sue spalle, pienamente in campo.

Ci tengo a sottolineare questo piccolo errore, per mostrare come il cinema non sia solo tecnica. Non sono solo inquadrature perfette. Scorsese dimostra che quando c’è pancia, ritmo, energia anche un faretto in campo diventa totalmente invisibile agli occhi di un pubblico ammaliato.

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