Peanuts, il saggio di Massi per inaugurare PopCorner
Elena Massi inaugura la collana Pop Corner e va a indagare aspetti poco noti dei Peanuts, gettando nuova luce sul capolavoro di Schulz
Con questo saggio sui Peanuts e uno su Batman, di cui abbiamo avuto anche modo di trattare, lo scorso 12 febbraio la casa editrice Alter ego ha inaugurato una nuova collana dedicata alla saggistica. Il titolo, Pop Corner è come avevamo detto un calembour che mette insieme l'idea del popcorn e l'idea di uno spazio, un "corner" riservato al Pop in modo specifico.
La casa editrice, infatti, parla di saggi "ibridi", che - come nei primi due esempi usciti in questi giorni in libreria - sembrano particolarmente interessati a miti così potenti da divenire crossmediali: "Questi libri, pensati per i gusti e gli interessi di chi ha un’attenzione particolare alla contemporaneità, amplieranno la ricerca sull’uomo contemporaneo che la casa editrice conduce già da anni con la narrativa, strizzando l’occhio a musica, cinema, letteratura e tutto ciò che abbraccia la sfera del popular, per intrattenere e ispirare il lettore." Continua la presentazione dell'editrice.
I Peanuts, come già Batman, sono un grande archetipo della cultura fumettistica tracimati da qui nella pop culture generale. Non a caso, i Peanuts sono centrali nel celebre "Apocalittici e integrati" (1964) di Umberto Eco, che li definisce il primo fumetto giunto a un pieno livello di arte, pari ai massimi vertici della letteratura.
Questo saggio di Elena Massi trae il suo titolo, "Era una notte buia e tempestosa", dall'eterno incipit del romanzo che Snoopy scrive nel corso della serie. "Società, valori e cultura nei Peanuts", recita il sottotitolo, che ne chiarisce il taglio che sarà assunto all'interno: una rigorosa e, almeno per il pubblico italiano, piuttosto inedita disamina del contesto socio-culturale in cui i Peanuts si formano e si evolvono, con considerazioni interessanti e originali. Il rimando al romanzo snoopyano perennemente incompiuto è anche rivelatore del taglio che emergerà nel corso della trattazione: un'attenzione agli aspetti "bui e tempestosi" dei Peanuts, appunto, un "lato oscuro" poco noto che mostra e problematizza alcuni aspetti dell'opera, che come ogni capolavoro senza tempo ha una sua notevole, intricata complessità.
Elena Massi è una saggista specializzata nella fiaba e nella narrativa per l'infanzia, dottore di ricerca in scienze umane e collaboratrice e collabora col centro di ricerca sulle Didattiche Attive di Bologna. Tra i suoi saggi fumettistici, alcuni scritti per "Marvel and Tales", rivista internazionale del fiabesco, dove ha indagato Art Spiegelman, Francoise Mouly, Gianni Rodari.
Nel capitolo I, l'origine dei Peanuts, si indaga la nascita della fortunatissima serie, soffermandosi fin da subito su una questione molto interessante, quella del nome, poco gradito a Schulz per alcune sfumature ambigue che il nome portava con sé: egli avrebbe preferito Lil' Folks, "gente piccola" o direttamente Charlie Brown, dal nome del protagonista.
La scelta per i Peanuts era legata a un programma televisivo in voga allora che aveva una Peanuts Gallery riservata al pubblico infantile in studio: una scelta quindi passiva e influenzata dalla televisione (inoltre, la Peanuts Gallery era il nome dello spazio segregazionista nei teatri e nei cinema).
La scelta del nome, quindi, rivela le contraddizioni insite nella natura di fumetto d'arte proprio dei Peanuts - come essi sono, come riconosciuto da Umberto Eco nel suo "Apocalittici e integrati" forse per primo, con uno status pari alla grande letteratura - e la loro natura di prodotto industriale.
L'autrice si sofferma poi sulla graduale costruzione dell'immaginario di questo universo narrativo con precisione e notevoli dettagli interessanti: "Skippy" di Percy Crosby (1925-1945) viene identificato come un possibile modello, intermedio tra i più generici enfant terribles del fumetto delle origini (da Yellow Kid, punto d'origine convenzionale dei comics, ma anche prima, nella letteratura disegnata per l'infanzia ottocentesca, Max Und Moritz e dintorni). "Skippy" è ispirato dal Monello (1921) di Chaplin, e introduce uno studio più sottile sulle emozioni alle gag slapstick facili prevalenti nei fumetti precedenti.
Schulz lavora però a un segno più "modernista", bidimensionale, dove Skippy era meno iconico e tridimensionale (la somiglianza è difatti più evidente nelle prime strip). Un segno che si essenzializza nel tempo, di pari passo con la stratificarsi di complessità dei personaggi (all'inizio Snoopy è tutto sommato un "vero" cane, sia pure colto in situazioni umoristiche: gradualmente diviene la figura affascinante, poliedrica, complessa che è). Sotto il profilo visivo, molto interessante il parallelo che viene suggerito con alcune opere di Paul Klee degli anni '30, un iconismo che Schulz trasforma in una "maschera rovesciata" in grado di catalizzare meglio del realismo l'empatia del lettore, come riconosciuto da Chris Ware (ma anche da Scott McCloud, nei suoi studi teorici del fumetto, quando stabilisce il celebre "triangolo semiotico" tra iconismo, realismo e astrazione artistica).
Ne "La doppia notte del grande cocomero" si ricostruisce l'importanza dei fumetti nell'immaginario progressista USA, anche partendo da un'interessante articolo redazionale de L'Espresso del 1958 che spiega il loro valore nel combattere il maccartismo (così come oggi l'ostilità di satira, ma anche del fumetto ha dato del filo da torcere a Trump): nonostante che Schulz fosse un repubblicano, per quanto moderato. Lil'Abner di Al Capp - satira dei redneck bonaria e affilata al tempo stesso - Pogo di Walt Kelly - la strip più apertamente "intellettuale" e poi i Peanuts (in virtù di un enorme successo).
Più avanti si cita Feiffer, che porterà una sintesi acuminata in strip satiriche rivolte ormai solo più a un pubblico adulto. Stephen King, curiosamente, parla dei bambini di quell'epoca come perfetti per la paura, allevati nel grande circo spettacolare della tv tra intrattenimento, benessere e minaccia comunista e nucleare: e il circo cui fa riferimento è probabilmente "Howdy Doody", lo show per bambini da cui è tratto il termine "Peanuts".
Schulz quindi prende per mano quella generazione e con il suo ineffabile umorismo rovescia la paura in una critica sottile ma efficacissima.
L'intellettuale di riferimento dei Lil' Folks diviene il Dottor Spock, non il vulcaniano ma il pedagogista progressista di quegli anni. Lucy inizia anch'ella a dare supporto psicologico, a modo suo; mentre Linus riforma addirittura il rito di Halloween con l'introduzione del culto del Grande Cocomero, che sotto gli aspetti umoristici mostra bene le sottili inquietudini di quell'epoca.
La musica di vecchi bambini continua ad ampliare questa approfondita analisi di Schulz e il suo tempo, partendo questa volta dal parallelo di Vittorini che lo avvicinava, analogicamente, a Salinger. Il capitolo esamina possibili valenze del parallelo ma anche la distanza tra questi interpreti del loro tempo, nel modo differente di interpretare il disagio sociale dei '50. C'era una volta una ragazzina coi capelli rossi invece affronta il modello ineludibile dello studio di Eco, rispetto al quale si ridimensiona (un po' in tutto il saggio) la dimensione del lirismo di Schulz (componente che sta più ancora in uno dei fumettisti che Schulz più amava, George Harriman di Krazy Kat) in favore dell'analisi sociale puntuale che l'autore fa del suo periodo tramite la sua opera, come ben ricostruito finora dal saggio.
Si continua così il ragionamento sulla ricezione italiana partita con le considerazioni di Vittorini (che qui tornano, anche in relazione al noto dibattito fondativo di Linus che vedeva i due interloquire con Oreste Del Buono) per poi giungere alla conclusione in Sulle strade di Slumberland. Se la citazione del titolo è ovviamente a Little Nemo (il primo fumetto forse riconosciuto con uno status "d'arte"), si riprende - facendola in larga parte propria, con nuovi accenti e argomentazioni - la lezione di Art Spiegelman su Schulz.
Insomma, questa analisi si rivela un'utilissima mappa per cogliere in modo accurato il contesto storico in cui nasce il lavoro di Schulz, portandone in luce un (relativo) "lato oscuro" che fornisce spessore e profondità ai personaggi e all'opera dell'autore.