L’egemonia culturale di Titanic Lorenzo Fantoni 8 anni fa Perché a distanza di anni ancora alziamo le braccia se siamo sulla prua di una nave Nel 1998 internet era una cosa abbastanza buffa a cui ti connettevi con oggetti che facevano uno strano rumore chiamati “modem” e che i ragazzi usavano quasi solo per scaricare informazioni da usare nei compiti. Occasionalmente parlavi su Messenger con qualche amico illuminato, ma era una landa desolata fatta di pagine statiche, siti in flash e poco altro. Non esisteva la cultura della visibilità, non sapevi cosa facevano gli altri se non te lo dicevano o vedevi le foto stampate, i cellulari servivano per giocare a snake e fare gli squillini. In questo contesto sociale esistevano tre cose che ti dicevano cosa ti sarebbe piaciuto: i genitori (imperativo disprezzare ciò che apprezzavano) gli amici (fondamentale amare ciò che amava la gente a cui volevi piacere) e la televisione. Beh poi c’erano anche le riviste, ma i ragazzi non hanno letto e non leggeranno mai, al massimo qualche copertina di Ciak o TV Sorrisi e Canzoni per i più acculturati. All’epoca se volevi parlare agli adolescenti non stavi su una timeline o nei video di YouTube, stavi su MTV, almeno io stavo su MTV, l’accendevo appena tornato da scuola e la spegnevo la sera dopo cena. Se dovevo studiare o giocare abbassavo il volume, così se passava un video che mi piaceva potevo alzarlo al volo. Tutto ciò fu praticamente impossibile per circa sei mesi, da gennaio a giugno del 1998, senza passare per una Cura Ludovico a base di Celine Dion. A qualunque ora del giorno e della notte ogni tre video il quarto era My heart will go on, non c’era speranza, non c’era pietà, solo OOOONCE MOOOOOORE YOUUUU OOOOPEN THE DOOOOR. Perché all’inizio di quell’anno Titanic arrivò nei cinema italiani come tutti gli altri grandi blockbuster usciti prima e dopo di lui, ma a differenza di quasi tutti gli altri film rimase in programmazione per sei mesi. Un sacco di gente lo vide più di una volta, con i genitori, con gli amici, poi con altri amici, poi da soli e così via. Sei mesi? Vi rendete conto? Secondo me non vi rendete conto. Oggi viviamo in una cultura fatta di mode che hanno un impatto incredibile ed effimero, per qualche settimana monopolizzano il panorama come enormi torri di babele che gettano la propria ombra su qualunque cosa per poi crollare e venire sostituite da nuove torri ancora più alte. All’epoca i ritmi erano un po’ più lenti ma non molto diversi, ciò nonostante Titanic riuscì a imporsi come una sorta di grande egemonia culturale in qualunque ambito della società. Non potevi ignorarlo, potevi solo farci i conti. Alla fine lo avevi visto anche senza averlo visto, quando anni dopo passo in TV e finalmente mi tolsi il dente sapevo già tutto per osmosi. Avete presente quando prima dell’uscita di Episodio VII anche le arance portavano il marchio di Star Wars? Beh Titanic riuscì a fare molto di più senza gli infiniti mezzi di Disney e senza i social network ad amplificare tutto. Ogni ragazzina ne parlava, i poster di Di Caprio erano più di quelli di Kim Jong Un che ora tappezzano la Korea del Nord, tutte sognavano di piangere il proprio ragazzo mentre quello moriva assiderato vicino al circolo polare artico. Come ogni diciassettenne sano di mente dell’epoca odiavo tutto questo, innanzitutto perché monopolizzava la mia rete di riferimento con gli striduli acuti di una cantante canadese, secondo poi era una storia d’amore sdolcinata, patetica che un ragazzo cresciuto a base di Kenshiro, Starship Troopers e Carmageddon poteva solo rigettare come veleno. Lo stesso ragazzo piangerà però lacrime sincere per la morte di Aerith in Final Fantasy VII, ma non è questo il punto. Per anni mi sono chiesto cosa ci fosse dietro quella follia collettiva, come mai in Italia milioni di persone per mesi non videro altro. Oggi, rendendomi conto che era l’anniversario della prima italiana, mi sono messo a rimuginare sul film e ho finalmente scoperto l’acqua calda. Titanic era il film perfetto. Se eri una ragazza difficilmente potevi restare indifferente di fronte al faccino di Di Caprio e al suo caschetto biondo copiato da molti ragazzi, non io, io avevo i capelli mori e casuali, ma ricordo un compagno di classe che c’ha vissuto di rendita per un intero anno scolastico. E che dire della storia d’amore? Appassionata, disperata e moralmente perfetta. Coi ricchi cattivi, i poveri buoni, coi cattivi che muoiono male e i buoni che lo fanno con onore. Poi c’era tutta quella parte dedicata ai maschi costretti a vederlo per poter mettere una mano sulla spalla della fidanzata nel buio del cinema. Quelli che si allenavano a rimanere impassibili nella scena di nudo con Kate Winslet e quelli che cercavano di evitarsi mesi e mesi di prese per il culo con “Va beh però ha dei grandi effetti speciali e la seconda metà col naufragio è figa”. Il fatto è questo: avevano ragione. Se oggi ancora la gente va sulla prua delle navi e alza le braccia è perché Titanic è stato forse uno dei film più trasversali della storia. In cui tutti potevano trovare qualcosa di interessante da vedere. C’era tutto, l’amore, i tizi che cadono urlando, lo spettacolo di un’enorme nave che si spacca a metà e l’assurda e patetica idea che una ragazza ricca avrebbe seriamente considerato un poveraccio. Titanic, avevi ragione tu, però non ti perdono ancora Celine Dion.