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La profezia dell'armadillo - Doppia recensione (senza spoiler)

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La profezia dell'armadillo approda al cinema. Due punti di vista, il cinefilo e il fan di Zerocalcare, in un'unica recensione.

Nove libri all’attivo, oltre settecentomila copie vendute in tutto il mondo, una candidatura al Premio Strega e una serie di record battuti, per il mondo del fumetto e non solo: era solo una questione di tempo prima che qualcuno si decidesse a comprare i diritti per un film tratto da una delle sue opere.

Sto parlando, ovviamente, di Zerocalcare, al secolo Michele Rech, talento che sfugge alle definizioni - anche perché ne ha ricevute innumerevoli - e che ha cambiato, col suo personale modo di narrare, disegnare e osservare, l’approccio al fumetto in Italia.

Il 13 settembre uscirà al cinema La profezia dell’armadillo, film diretto da Emanuele Scaringi tratto dal primo libro di Zerocalcare.

Non è facile recensire questo film perché il suo impatto e il suo significato potremmo osservarli solo con la lente del tempo, quindi non oso immaginare quanto sia stato difficile idearlo, metterlo su carta e dirigerlo.

La storia parte dagli stessi assunti del libro, raccontando uno spaccato della vita del protagonista - Zero - costretto a barcamenarsi con lavoretti di fortuna, cercando nel frattempo il senso della sua vita e il suo posto nel mondo. A scuotere questo precario equilibrio arriverà la morte di Camille, amica di lunga data e primo grande amore del protagonista. Insieme a lui, nel percorso accidentato che è la quotidianità di questo racconto, parleremo con l’amico d’infanzia - Secco - e soprattutto impareremo le lezioni sulla vita che ci darà l’armadillo, coscienza e spirito critico di Zero.

Durante la visione del film, ho avvertito, dentro di me, due parti in conflitto e sono arrivato alla conclusione che guardare (e quindi recensire) questo film in maniera oggettiva sarebbe stato pressoché impossibile. Ecco perché ho deciso di tenere due punti di vista separati e, di conseguenza, scrivere due commenti distinti. Il primo, che troverete di seguito, è lo sguardo del cinefilo che ha provato a godersi il film senza alcun paragone con i libri o con tutto quanto Zerocalcare ha prodotto (o ha rappresentato) per il mondo del fumetto italiano. Se preferite, invece, leggere direttamente il secondo commento, quello del fan del fumettista di Rebibbia, vi invito ad andare direttamente al paragrafo “Il commento del fan di Zerocalcare”.

La profezia dell'armadillo

Lo sguardo del cinefilo

La profezia dell’armadillo è una storia di formazione, crescita, consapevolezza e accettazione. È questo, infatti, il percorso che il protagonista Zero - interpretato da Simone Liberati - è chiamato a compiere durante l’arco narrativo del film.

Da questo punto di vista, il regista è riuscito a inserirsi perfettamente nella tradizione italiana di genere, mettendo tutte le componenti cinematografiche - la sua regia, la fotografia, i costumi, la recitazione - al servizio della storia. Emanuele Scaringi, nella sua opera d’esordio, si limita a costruire una buona storia, aggiungendo pochi tocchi personali che spiccano e senza provare a caratterizzare maggiormente la sua mano (se non negli stacchi tra un piano temporale e l’altro - ad esempio - resi in maniera tutto sommato originale).

Sicuramente le buone performance di alcuni degli attori hanno aiutato, in questo senso: tra tutti spicca Pietro Castellitto nella parte di Secco, l’amico cinico e disincantato di Zero. La sua recitazione ruba la scena al protagonista, in più di un passaggio, e gli scambi di battute tra i due, nelle notti romane, sono particolarmente riusciti. Laura Morante, nella parte della madre del protagonista, è l’altra comprimaria maggiormente presente in scena e quindi caratterizzata. I momenti in cui la vediamo alla prese con il suo computer o con la pulizia della casa del figlio dimostrano ancora una volta la tendenza del cinema italiano ad affibbiare ad alcune attrici solo alcuni tipi di parti. La Morante in scena è sempre nervosa, tesa, spigolosa,come tante altre parti nei film a cui ha lavorato negli ultimi anni. Il che non vuol dire che non sia brava, tutt’altro, ma solo che non si distacca dalla sua zona di comfort (e che non c'entra un cazzo con la madre Lady Cocca NdLorenzo).

Il film, in estrema sintesi, prova a condensare lo spirito di una generazione senza riuscire a farne un manifesto, anche perché racconta di un personaggio - Zero - la cui integrità è merce particolarmente rara (non solo tra i giovani e giovanissimi).
Poco meno di due ore decisamente godibili, se siete appassionati al genere.

La profezia dell'armadillo 2

Il commento del fan di Zerocalcare

Gli sceneggiatori, i produttori e il regista di questo film hanno provato a compiere un’operazione che in qualche modo - alla lontana - può ricordare quella di Persepolis, la stupenda graphic novel di Marjianne Satrapi e il lungometraggio animato che ne fu tratto alcuni anni dopo la pubblicazione. Il film Persepolis, infatti, pur raccontando la stessa storia del fumetto, sceglieva di soffermarsi solo alcuni episodi originali, dando così modo di godere della visione sia al lettore del libro che allo spettatore casuale.

La profezia dell’Armadillo parte dagli stessi presupposti: sceglie alcuni spezzoni del libro e li intervalla con momenti in cui i protagonisti fanno cose completamente nuove rispetto al materiale di partenza. Un dentro e fuori le pagine che potrebbe anche piacere, almeno all’inizio.

I nodi vengono al pettine man mano che la storia procede, facendo notare tutto il limite della trasposizione di una graphic novel verso il linguaggio cinematografico: il primo libro di Zerocalcare, infatti, era una raccolta di scenette tratte dalla quotidianità dei suoi personaggi, intervallate da capitoli in cui la continuity veniva sospesa per raccontare qualcos’altro. Il tentativo di rimanere fedele al materiale di partenza, anche in questa struttura, rende però il film farraginoso e discontinuo.

A questo va aggiunto che La profezia dell’armadillo - il film - parte da Zerocalcare e va oltre, provando a raccontare, soprattutto nella seconda parte, una storia che prende una piega diversa da quanto scritto nel fumetto. Provando ad andare oltre, però, Scaringi sembra tradire lo spirito dei personaggi dei fumetti, facendogli compiere scelte che difficilmente avremmo visto tra le pagine della graphic novel.

Il difficile rapporto tra cinema e fumetto è rappresentato anche dalla mancanza della miriade di personaggi che animano le pagine di Zerocalcare e che rappresentano le sfaccettature del suo carattere: che fine hanno fatto Vandana Shiva, Terrence Mallick, Indiana Jones e così via? Semplice, sono stati cancellati da un colpo di spugna dovuto al budget. Ricordiamoci sempre che il fumetto ha questo vantaggio: tra il disegnare un’astronave e quattro persone intorno a un tavolo c’è molta meno differenze di quanto ne abbia fare la stessa operazione al cinema. E quindi, diciamo pure addio ad alcune delle scenette più gustose (e caratterizzanti) della scrittura zerocalcariana.

Il vero nodo dolente, che mette d’accordo il cinefilo e il fan di Zerocalcare, è lui: l’armadillo. Nonostante l’innegabile bravura di Valerio Aprea, ogni ingresso in scena della coscienza del protagonista è un duro colpo per gli occhi: l’animale antropomorfo, infatti, è ricreato con un costumone arancione pesante e ingombrante, che limita i movimenti e toglie ogni possibilità espressiva all’attore. Per fortuna, sotto tutte quelle protesi c’era la voce di Aprea che, da sola, è riuscita a rendere quasi accettabile la trasposizione dell’armadillo.

È un film da dimenticare, quindi?

Assolutamente no, anzi. Il cinema italiano ha guardato al mondo del fumetto con alterne fortune: ricordatevi di Paz, delle varie trasposizioni di Dylan Dog (Dellamorte Dellamore, film fanmade, orrori americani, serie tv appena annunciata) e così via. Lo ha fatto, però, sempre con tempi molto dilatati: se, solo negli ultimi anni abbiamo assistito a un dialogo più serrato tra i due linguaggi lo dobbiamo a una nuova generazione di autori che ha fatto della crossmedialità uno dei propri cavalli di battaglia. Il ragazzo invisibile è un altro esempio di questi dialoghi o, ancora, il recente (e riuscito!) Ride.

E quindi ben vengano anche questi esperimenti, ben venga provare a raccontare Zerocalcare anche al cinema, se serve a far avvicinare a uno dei due media qualche altro spettatore.

In uno slancio di ottimismo, possiamo sperare che queste operazioni siano solo l'inizio di un nuovo corso per il cinema e il fumetto italiano, fatto dalle nuove generazioni di autori per le nuove generazioni di spettatori e lettori, con buoni incassi per entrambi i settori, influenze reciproche e contaminazioni dei rispettivi linguaggi.

 

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