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International Karate Plus: uno e trino

Qualche giorno fa è morto Archer MacLean, nome che a molti dirà pochissimo ma che è legato a un’era dei videogiochi in cui era abbastanza normale che una persona facesse tutto e ne uscisse fuori roba buona. MacLean fu infatti l’autore, tra le altre, cose di International Karate Plus. Come spesso accade, la morte degli altri è un ottimo momento per riflettere sulla nostra vita, momenti in cui guardi particolarmente a fondo nello specchietto retrovisore e pensi “ma come facevo?”.

 

Ma come facevo a buttarmi sui tiri quando giocavo in porta nei campetti di terra e sassi?
Ma come facevo a passare una giornata al mare sotto il sole giocando a calcetto, beach volley, biglie e poi andare in bici e avere ancora energie per star fuori la sera?
Ma come facevo ad alzarmi di scatto da una sedia?
Ma come diavolo facevo a fare il doppio calcio volante in spaccata a International Karate Plus e e vincere?

Per chi non sapesse di cosa sto parlando, International Karate Plus è un gioco del 1987, seguito di International Karate e probabilmente massimo esponente di una certa scuola di intendere i picchiaduro: quella basata su tizi qualunque in karategi in cui non ci sono barre di energia ma vince chi tocca per primo. Un genere che tira i suoi primi calcetti volanti con Karate Champ, e non a caso furono proprio gli sviluppatori di Karate Champ a tentare di bloccare con una causa di plagio il primo International Karate, finché una corte gli ricordò che non si possono accampare diritti su uno sport.

 

La storia di International Karate Plus è uno di quei casi in cui parti scavando in cerca di un ricordo e ti trovi di fronte a una piccola grotta di tesori e storie assurde che partono con il publisher del gioco: System 3.

System 3 viene fondata dal programmatore Mark Cale nel 1982 e oggi non solo è ancora attiva ma può fregiarsi di essere l’ultimo publisher indipendente britannico. Se siete abbastanza vecchi da dovervi controllare la prostata o fare una mammografia forse li ricorderete anche per la saga di The Last Ninja. Tuttavia, nel 1985 fu soprattutto nota per un piccolo scandalo al Personal Computer World, una fiera londinese dedicata all’informatica.

 

Cale, che era senza dubbio avanti sui tempi per quanto riguarda la promozione dei videogiochi, aveva infatti organizzato un piccolo show tra il piccantello e il circense per promuovere dei giochi che sarebbero dovuti uscire su Commodore 64 con culturisti, ballerine sexy ed esperti di arti marziali. Per accompagnare l’annuncio di Twister – Mother of Harlots, infatti, fece salire sul palco alcune ragazze poco vestite che spinsero gli organizzatori della fiera a minacciare la cacciata della System 3.

 

Tra i giochi annunciati c’era anche International Karate, ma Cale disse che purtroppo non c’era niente da vedere perché alcuni ladri erano entrati negli uffici della System 3. La verità è che di International Karate nel 1985 c’erano a malapena alcune righe di codice sconclusionate.

Dello sviluppo avrebbe dovuto occuparsene Jon Hare, che già stava lavorando a Twister (che uscirà solo per Spectrum col sottotitolo Mother of Charlotte, per evitare ulteriori casini. Harlot vuol dire “meretrice”, se non l’avete ancora capito) e che probabilmente conoscete meglio come componente di Sensibile Software e creatore di Cannon Fodder, Sensible Soccer e così via.

 

Prima di fare la storia dell’Amiga, Hare mette nei casini System 3 mollando lo sviluppo di International Karate (pare per questione di soldi, come al solito) e qua entra in gioco MacLean, il quale viene chiamato per fare un po’ di animazioni per il gioco ma si accorge rapidamente che fa prima a ripartire da zero che a cercare di aggiustare la situazione. La decisione si rivela decisamente azzeccata.

Quando International Karate esce nel 1986 è immediatamente un successo. È un gioco fluido, veloce, preciso, pieno di colori e ambientazioni. Il sistema di controllo basato su un solo bottone e sul movimento del joystick permette di colpire l’avversario con precisione e screma subito chi preme tasti a caso. Ben prima di Street Fighter è un gioco che ti porta a spasso per il mondo e penso che sia stata la prima volta in cui ho visto il famoso teatro dell’Opera di Sidney.

 

A rendere il tutto ancora più epico ci sono anche le grida campionate da lottatori reali che sottolineano colpi e urla di dolore proprio come in un film di Hong Kong. Nonostante la causa legale con Data East che per un po’ blocca la distribuzione le vendite vanno così bene che a MacLean viene subito chiesto un seguito, ma la situazione non è così semplice come sembra.

International Karate è un gioco molto asciutto, è arte marziale spogliata di ogni fronzolo, è un gesto puro ripetuto mille volte finché non diventa parte di te. Come migliori la semplicità?

 

Non la migliori, svolti verso la follia, è questa la geniale intuizione del buon Archer.
International Karate Plus ha infatti una caratteristica che a memoria non ho visto replicata da nessun altro gioco: si gioca in tre, tutti contro tutti. Considerando quanto, soprattutto in quegli anni, ogni minimo dettaglio di successo fosse immediatamente copiato dalla concorrenza, fa strano pensare che negli anni successivi non ci siano degli emuli.

 

La semplicità non la migliori, la svolti verso la follia

 

L’ingresso del terzo lottatore rendeva quello che era un duello western a chi estraeva per primo una sorta di triello con alleanze e rivalità inserite in un panino di caos, reso ancora più gustoso da un sistema di impatti e controllo efficiente e rodato già col primo capitolo. Se poi ci mettiamo la colonna sonora di Rob Hubbard, uno dei pilastri della composizione audio su Commodore 64 ai tempi, facciamo filotto.

 

Per quanto possa fare affidamento sui miei ricordi dell’epoca, lo ricordo come una delle cose più belle mai apparse sul mio schermo, soprattutto perché “picchiaduro” in quel periodo voleva dire giochi macchinosi, bruttini, anzi, non voleva dire niente perché il concetto di uno contro uno era praticamente ai primordi, il primo Street Fighter arriverà in sala giochi più o meno nello stesso periodo e, onestamente, non gli legava manco le scarpe come precisione e fluidità, precisione e immediatezza.

Ammetto tuttavia di non ricordare se lo giocavo su Commodore 64 o su Amiga, l'ipotesi più probabile è: su entrambi, e se potessi me lo giocherei oggi su PlayStation 5.

C’era poi una componente fondamentale ed essenziale per fare presa sui giovanissimi: l’umorismo di fondo. Con i suoi salti, le spaccate, il rumore secco dei pugni nello stomaco, i tizi per terra storditi, le capriole e soprattutto, la possibilità di far cadere i pantaloni ai lottatori con una combinazione segreta di tasti, International Karate + riusciva a posizionarsi perfettamente al confine tra il marziale e il comico, un po’ come Jackie Chan.

 

E indovinate di quale famosissimo attore, acrobata e lottatore MacLean ricalcò i movimenti sul televisore, fotogramma per fotogramma, per ottenere delle animazioni realistiche, soprattutto nella capriola all’indietro?

International Karate + è l’ennesima testimonianza di quanto i giochi siano cosa “viva” che sobbolle nel calderone delle culture popolari che emerge per un mix di casualità e ingegno. Ma soprattutto che il buon game design non muore mai, a patto di preservarlo. Oggi non esistono remake ufficiali del gioco e neppure un porting per PC, potete giocarvelo solo online su qualche emulatore un po’ scomodo.

 

Peccato, perchè sia McLean, scomparso il 17 dicembre 2022, sia il gioco meriterebbero una conservazione più accurata, ma d'altronde ha economicamente più senso fare un'altra versione di Skirim o Resident Evil 4.

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