Il Videogioco e la stanza buia senza “congiunti”
Dopo mesi di quarantena, forse è arrivato il momento dei "congiunti". Ma chi non ha affetti stabili o il cuore spezzato può trovare rifugio nei videogiochi?
In queste ore si discute tanto di "congiunti": cosa sono, cosa potrebbero essere, cosa sicuramente non sono. Eppure, la questione continua a essere osservata da un solo punto di vista, quello di amici e amanti. Ma cosa succede, ad esempio, in caso di ex?
Molti concordano che la quarantena prolungata rischi di produrre effetti dannosi sulla psiche. In effetti, per una persona appena uscita da una relazione, chiusa in casa, le distrazioni scarseggiano e il dolore può amplificarsi. L’ultimo decreto sembrerebbe gratificare i bisogni di chi condivide affetti stabili ma, chi sentisse il bisogno di vedere, parlare, confrontarsi con qualcuno che non vi rientri, un ex o un legame instabile, sarebbe in diritto di farlo?
E, soprattutto, cosa c’entra tutto questo con i videogiochi? N3rdcore intende scoprire se videogiocare può essere, o diventare, un’ancora di salvezza per chi, in quarantena ma non solo, si trova isolato da o privo di congiunti e nel pieno di una crisi emotiva.
Amore, droghe e videogames
Si dice che l’amore sia una droga, per l’adrenalina e l’entusiasmo iniziali, la follia resa normale, per il down quando finisce, la sensazione di non riuscire più a provare le emozioni di prima. Almeno finché non ci si “droga” di nuovo. Anche i videogiochi sono spesso, in modo piuttosto miope, paragonati alla droga. Principalmente perché, come ogni altra forma di intrattenimento, si può farne abuso e sviluppare una dipendenza (ma lo stesso rischio esiste con libri, film e serie TV).
Ammessa e non concessa la metafora, l’amore è una sostanza dal costo e dalla reperibilità particolari. Una volta che si convince un partner, la si assume insieme a lui. Entrambi si è al contempo spacciatori e clienti. Anche da soli si può, ma è assai meno soddisfacente. Inoltre, l’amore non fa male fintanto che non si esaurisce. Perciò, presumendo che non finisca e assumendone dosi massicce, è facile sviluppare una dipendenza.
Succede, però, che la dipendenza si interrompa. A volte bruscamente, a volte a poco a poco. L’effetto può essere terribile, sia per chi la interrompe, sia per chi ne subisce l’interruzione. Ci si sente vuoti, deboli, senza energia. Si cerca una distrazione a tutti i costi ma si ottiene spesso il risultato contrario. Non è un momento facile. Quindi, per vincere una crisi d’astinenza, capita di ricorrere a una diversa fonte di serotonina; processo volgarmente detto del "chiodo-scaccia-chiodo".
Come un videogioco ti distrae
Questa è la parte più facile, quindi anche la più banalizzata. "Da quando si è lasciato, si è chiuso con la PlayStation!": mai sentito una frase come questa? Il meccanismo, però, è reale e positivo. Non succede per caso o per qualche tipo di regressione. Anzi, è una pro-gressione.
È intrattenimento, in dosi generose. Lo stesso identico tipo di intrattenimento che offre, cambiando medium, una serie Netflix qualsiasi o la sua ampia offerta di film. Inoltre, è intrattenimento co-attivo, ovvero richiede la partecipazione attiva dell’utente, per funzionare. Non ci si può annullare sul divano e affidarsi a un videogioco, non si può spegnere il cervello. Si è comodi? Sì. Rilassati? Certo. Ma si deve giocare.
Se poi il gioco ti piace, allora, da intrattenimento, l’attività si traduce in divertimento. Sia che la trama sia più allegra e leggera, sia che tocchi contenuti intensi, drammatici e più conflittuali. Fiumi di parole sono stati spesi su "quali canzoni evitare dopo un break-up", così come quali film e telefilm. Avete notato che la stessa lista non è mai stata stilata con i videogiochi? E perché no?
Come un videogioco ti aiuta a elaborare
La risposta si trova parzialmente nello stigma culturale che, ostinato, considera i videogame figli di un dio minore, specie in seno all’informazione di massa. Ma è anche perché ogni gioco, di qualsiasi tipo, richiede una partecipazione attiva e tale partecipazione impedisce al giocatore di subire gli effetti di una storia triste o dal contenuto sensibile, diversamente da quanto succede con canzoni e pellicole. Se partecipi alla storia, non la subisci.
Meccanismo estremamente simile è quello del teatro, medium non ostracizzato come quello videoludico, anzi, talvolta vittima della sua stessa aura di sacralità. A teatro, come pubblico, di rado si partecipa attivamente allo spettacolo, ma il confine tra scena e spettatori è molto più labile di uno schermo cinematografico o televisivo. Si potrebbe quasi dire che, per la durata di uno spettacolo, attore e pubblico siano "congiunti" (motivo per cui è urgente affrontare la questione artistica, in questa quarantena).
Ecco perché non si sconsiglia di assistere a Romeo e Giulietta dopo una rottura o all’Otello se si soffre di gelosia. La catarsi fa sì che lo spettatore si immedesimi a tal punto da rielaborare ferite irrisolte. Non è un processo matematico, il tempo e la ripetizione sono requisiti necessari… però funziona.
A teatro, la quarta parete è invisibile e intangibile, puramente convenzionale; ma anche il videogioco è catartico: a scomparire è lo schermo della televisione o quello del computer. Ti siedi (non sempre), ti viene raccontata una storia e, senza che tu te ne accorga, ti ritrovi a farne parte. Entri in un nuovo mondo, con regole proprie: una stazione spaziale, un passato di guerra, un presente distopico. Come prima di partire per un viaggio, porti qualcosa con te e lasci qualcos’altro indietro. Eccedere è sempre sconsigliato, così come fuggire in un videogioco può essere controproducente, ma viaggiarci?
Non paragonereste mai un viaggio a una droga. Talvolta si fatica a viaggiare con la mente oppure, e in questo il presente è drammaticamente maestro, non si può farlo, per legge, con il corpo. La regola dei congiunti costituisce una strada da percorrere, se si è in difficoltà. Ma chi è in difficoltà proprio per l'assenza di quei congiunti? Senza cinema, musica dal vivo, incontri all'aperto, che strade gli restano da percorrere?
Parafrasando Silente con licenza e rispondendo a una domanda con un'altra: se un viaggio avviene nella vostra "PlayStation", perché mai dovrebbe significare che non è vero?