Il Castello Invisibile e le poltrone scambiate
Una poltrona diversa da quella assegnata dal biglietto può cambiare la visione di un film? E se il film è in sala solo per tre giorni?
Inizio con un’affermazione forte, che creerà fastidio ad alcune persone: se cambiate posto al cinema prima che il film sia iniziato, aspettando un ragionevole lasso di tempo per assicurarvi che il posto a cui mirate per davvero non sia già stato venduto a qualcun altro, non possiamo essere amici.
Sono una tipa un po’ fiscale su certi aspetti della vita, anche in modo un po’ stupido, e quindi pronta a sacrificare quella famosa flessibilità di pensiero che contraddistingue i più coraggiosi fra noi. Ma che volete farci.
Questa riflessione è sorta quando la poltrona assegnatami dallo stanco commesso del cinema era già stata occupata.
Non volendo far spostare la famigliola di tre con conseguente piccolo dramma, chi mi accompagnava mi ha convinta a sedermi altrove. Combattendo un po’ contro il pensiero dei miei principi profanati e la modica ansia di dovermi spostare a mia volta nel caso in cui qualcuno si fosse presentato a reclamare, di diritto, i nuovi posti, è iniziato il film.
I biglietti erano per la proiezione evento de Il Castello Invisibile. Era il 13 settembre, l’ultimo giorno dei tre in cui c’era la possibilità di assistere allo spettacolo. L’ho scoperto per caso, mentre ero intenta a scovare gli orari di un altro film ben più famoso e con una programmazione smodatamente più longeva.
Vista la circostanza e la mia curiosità per la letteratura giapponese tramutata in filmografia, ho deciso di stravolgere i piani e sono andata a vederlo.
Meno male!
La trama è semplice e ti viene spiaccicata in faccia nei primi 15 minuti di film. Una studentessa delle medie ha difficoltà ad andare a scuola. Si alza la mattina con nausee e fastidi vari e la mamma fa quella telefonata stranamente familiare dove avvisa che la figlia non sarebbe entrata in classe.
Mi suona una campanella nello stomaco.
Sì. Nello stomaco.
La piccola Kokoro passa le giornate rinchiusa nella sua stanza, evitando il più possibile di interagire con l’esterno. Un giorno, mentre trascorre fiacca queste ore solitarie, lo specchio della camera si illumina. Incuriosita, lo tocca e viene gettata in un altro mondo.
Qui, incontra una misteriosa bambina dalla maschera di lupo e altri sei tra ragazzi e ragazze, tutti studenti delle medie come lei, arrivati nello stesso modo.
La bimba, chiamata Venerabile Lupo, annuncia che essi sono stati scelti per partecipare a un gioco e cercare una chiave magica, che permetterà a chi la troverà di esaudire un desiderio. Hanno un anno di tempo.
Ecco fatto. Tutto qui. La ragazzina delusa dal mondo esterno, dove combatte ogni giorno contro nemici percepiti come insormontabili, entra in una nuova e magica dimensione che offre una soluzione a tutti i suoi problemi. Nessuna spiegazione; le cose succedono e basta.
Una trama forse poco originale, ma abbastanza classica per un isekai, ovvero uno di quei raccont giapponesi che mescolano mondi fantastici e persone che si trovano improvvisamente al loro interno.
Mentre il film avanza, però, diventa chiaro che il punto è un altro.
Inaspettatamente, scopro una storia che affronta delle tematiche pesanti come il bullismo, l’ansia sociale e l’abuso, in un modo assolutamente delicato. Kokoro scopre infatti, che anche gli altri giocatori non frequentano la scuola, e tutti stanno affrontando piccoli drammi che portano a grandi e silenziose battaglie, per difendere se stessi e le proprie passioni. Alcuni più di altri.
Nei giorni trascorsi al castello, i ragazzi instaurano rapporti profondi, non condizionati da quello che succede all’esterno. Inoltre, le regole del mondo invisibile impongono loro difficili riflessioni e decisioni faticose. Le azioni che essi compiono si ripercuotono sugli altri e devono fare i conti con il peso delle loro responsabilità.
Lo spettatore assiste alla crescita del gruppo e della protagonista, alla sua maturazione e presa di coraggio; il coraggio di parlare, il coraggio di difendere se stessi e gli altri davanti alle angherie, il coraggio di dire quello che pensa.
Ho pensato molto a come poter descrivere le emozioni che mi sono scese giù, dalla gola fino alla pancia, ma non sono ancora riuscita a trovare le parole più giuste.
Le sensazioni sono state a tratti, per me, dolorosamente familiari oppure rassicuranti. Gridare, o abbracciare le storie che mi si srotolavano davanti agli occhi era quello che avrei voluto fare, lì seduta su quella poltrona.
Un groppo alla gola continuo.
Non so se così descritto possa significare una visione allettante.
Chi conosceva già il libro, che ha riscontrato per altro un notevole successo, sicuramente saprà di cosa parlo. Ho potuto conoscere questo romanzo solamente grazie alla trasposizione cinematografica che in Giappone ha riscosso un successo strepitoso, eppure qui in Italia ha avuto vita brevissima, di tre giorni come una proiezione evento piuttosto sconosciuta.
Benché a livello di animazione e delle scelte grafiche non ci siano soluzioni entusiasmanti, non ho potuto fare altro che consigliarne a tutti la visione.
Il Castello Invisibile è un racconto fantasy che sfocia nel romanzo di formazione, oppure il contrario, che parla alle corde del cuore delle persone.
A fine proiezione stavo ricacciando indietro le lacrime. Ognuno di noi affronta battaglie invisibili agli occhi, perché inascoltate o persino nascoste da noi stessi. Cercare aiuto non è una debolezza ma anzi; ci vuole tutto il coraggio del mondo.
A sala vuota, prima di andare via con i fazzoletti ancora in mano, mi sono però sincerata di una cosa. Torno ai posti che ci erano stati inizialmente assegnati e mi siedo. Chi mi accompagna si lamenta della mia iniziativa ma, guardandolo in faccia, lo ringrazio silenziosamente, perché erano peggiori di quelle in cui ci eravamo infine accomodati.
Una serata soddisfacente fatta di alternative, che sono risultate migliori del piano originale.