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Erasmus a fumetti: "Un singolo passo" di Coltellacci, Castro Cedeno, Rollo.

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Un singolo passo" di Lorenzo Coltellacci, Niccolò Castro Cedeno e Enrico Gabriele Rollo è un racconto dell'Erasmus a fumetti, una riflessione sulla transizione degli anni universitari intrisa di una garbata "saudade".

Questo 18 giugno 2020 è arrivato in libreria e fumetteria per Tunué, nella collana «Prospero’s Books», "Un singolo passo" di Lorenzo Coltellacci, Niccolò Castro Cedeno e Enrico Gabriele Rollo. Si tratta per tutti e tre gli autori dell'esordio nell'ambito del graphic novel, o romanzo a fumetti che dir si voglia. Il tema è un grande classico generazionale, forse non ancora così esplorato a fumetti: il Progetto Erasmus, creato nel 1987, che ha favorito l'interscambio tra università europee per le generazioni formatesi dagli anni '90 in poi. Il nome, un acrostico, deriva dall'umanista Erasmus da Rotterdam, tra i principali esponenti del Rinascimento europeo, che ha viaggiato a lungo tra le sedi universitarie dell'epoca.

In questo caso, Coltellacci parte dalla sua esperienza personale, ma la rielabora fino a fare una sorta di manifesto fumettistico di questo momento quasi identitario (con una certa retorica si è parlato, in generale, di "Generazione Erasmus" per quella accomunata da questa esperienza di viaggio). In questo caso il protagonista - cui non viene dato un nome - va a Porto, in Portogallo, e vive una serie di esperienze che contribuiscono a trasformarlo.

Tra gli aspetti interessanti dell'opera va sottolineato come Coltellacci non punti a una struttura solida - o rigida, a seconda dei punti di vista - ma tenda ad assemblare una serie di momenti, esperienze, sensazioni, riflessioni in modo piuttosto libero. Ci sono, naturalmente, eventi, evoluzioni nei rapporti e nella psicologia, ma in modo piuttosto fluido, senza un procedimento paradigmatico: una scelta tutto sommato coerente col tipo di esperienza dell'Erasmus, o comunque degli anni di formazione universitaria, specie umanistica (chi scrive non ha svolto l'esperienza "erasmica"), e in generale, in fondo, della vita.

Significativa a tale proposito è la citazione con cui si apre il volume, dalle "Correzioni" di Franzen:  "E quando l’evento, il grosso cambiamento nella tua vita, è semplicemente una presa di coscienza, non è strano?". Ma anche la copertina, dove la camicia a quadri del protagonista diviene composta di tante vignette affiancate, riquadri come fotografie sbiadite di un'esperienza che comunque, nel profondo, resta.

erasmus

Il montaggio della tavola è nel complesso quello classico italiano, con una prevalenza di tre strip di una o due vignette, montate "a mattoncino", e occasionali montaggi eterogenei, quale un certo uso, ormai frequente, della splash page. Anche il segno di Castro Cedeno, pur con una certa sintesi, è tutto sommato abbastanza realistico, in modo funzionale al realismo della storia. Interessante la sequenza iniziale, dove una serie di metafore eterogenee tra loro mostrano la difficoltà per il protagonista di dire le sue emozioni in quella fase difficile di passaggio: un senso di sperdimento, di esitazione, certo, ma difficilmente definibile.

Particolare anche la scelta di non inquadrare mai interamente il volto del protagonista: un espediente grafico piuttosto radicale, ma che il buon montaggio - di sceneggiatura e disegni - contribuisce a non rendere particolarmente ostico alla narrazione. Un modo, forse, per sottolineare l'ampiezza generazionale dell'Erasmus quale rito di passaggio, ma anche, forse, la personalità ancora non definita del ragazzo, che nel corso del viaggio avrà modo di confrontarsi un po' più con sé stesso (senza comunque nessun eclatante "scioglimento finale"). Un momento insistito, in relazione forse anche a questa scelta, è l'atto accurato e quasi ossessivo del radersi del ragazzo, che verrà identificato come Baffo. Il che, fumettisticamente, potrà far pensare, specie ai lettori più giovani, a un notorio e discusso autore di webcomics: ma a me ha ricordato "Pentothal" di Pazienza, dove l'elemento del baffo (poi sparito nel Pazienza autobiografico più maturo e più sicuro) diveniva una riconosciuta "maschera" narcisistica per il fragile personaggio.

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L'assenza di trama tradizionale, del resto un costrutto tipico del postmoderno (ancora poco recepito nel fumetto italiano, a differenza del citazionismo), mette ancora più al centro un altro aspetto, normale in un racconto comunque "di viaggio": l'attenzione agli sfondi, alle ambientazioni, che spesso diventano protagoniste in una serie di eleganti, leggermente straniate "cartoline dal Portogallo", al centro di un certo "sguardo turistico" dei protagonisti che condiziona quello del lettore.

Un ruolo importante nell'evocare questo clima di svagata "saudade" viene svolto anche dalla colorazione di Rollo: tinte pastello morbide, sfumate, senza violenti contrasti cromatici, con talvolta (specie nelle scene in notturna) una certa vena di melanconia. Inoltre, unitamente al segno, e al tipo di narrazione, possiamo trovarci non lontani (ma con un taglio diverso) da certi esiti del neopop, quello appunto più legato a un racconto realistico dalla esile trama (vedi qui).

Ma molto importante (e abbastanza postmoderno) è anche il fitto reticolo citazionista, come del resto normale riferendosi a una esperienza universitaria: il protagonista legge le Metamorfosi di Kafka, guarda Fury Road, prende appunti su un taccuino di Spider-man, va a feste con invitati mascherati da Joker e Devilman. Tra gli altri spunti il Gatto Nero di Poe, 8 1/2 di Fellini, la notte di Van Gogh. Insomma, tutta la costellazione di quella cultura generale di massa che si definisce tra gli anni del liceo e dell'università come base degli approfondimenti dell'età adulta.

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Forse la citazione, messa a margine, più significativa è quella di Bergson: una nota casuale per dire che un personaggio fa filosofia, forse. Ma ci piacerebbe ci fosse un rimando a "Tempo e durata", in cui il filosofo riflette su quel tempo interiore irripetibile che amalgama le nostre esperienze. Un concetto ovviamente più complesso, su cui ha ragionato un movimento come il Fluxus, con l'apice, forse, in "Gita al faro" di Virginia Woolf, dove similmente assistiamo a un tempo dilatato, straniato, in cui l'evento apparentemente centrale si sfalda per lasciar spazio a ciò che avviene al margine.

Interessante anche notare come, in conclusione, le metafore disomogenee dell'inizio si compattino in una metafora non risolutiva, ma a suo modo coerente nel suo onirismo. Il personaggio non ha raggiunto la maturità, ma è comunque cresciuto ed è in grado di affrontare meglio le sfide successive. Se vogliamo, quello che si può affermare anche per gli autori di quest'opera, che fanno intuire uno sguardo attento e promettente, che potrà precisarsi meglio (individualmente o in team up) nei lavori successivi. Che varrà la pena seguire con attenzione.

 

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