Da qualche tempo ho un po’ di difficoltà a trovare l’argomento giusto per la nuova puntata di Ship Happens. Non perché manchino le tematiche e le storie da esplorare, ma perché mi chiedo se possano essere interessanti, se il collegamento col mondo dello shipping e del fandom sia forte a sufficienza, se non abbia magari già raccontato quello che serviva sapere per concludere il primo corso di studi in fandom e shipping culture e non sia forse ora di passare al famigerato esame di verifica con cui vi minaccio sin dal principio.
Poi è uscito il nuovo Dragon Age e la mia vita ha preso una piega decisamente… focalizzata.
Quando sei fan di qualche cosa, come spero di aver saputo esporre a dovere nelle puntate precedenti di questa rubrica, non hai grandi vie di mezzo, è molto difficile trovare la ragionevolezza e la moderazione nel consumare con gioia vorace un bottino ricco come un nuovo pezzo del tuo canon che finalmente cade tra le tue mani dopo dieci anni di febbrile attesa.
Anche io, dall’alto del mio accademico distacco e del mio aplomb impeccabile, insomma, mi sono tuffata nel nuovo gioco della serie, nelle palate di lore che mi sono state finalmente buttate addosso, nei nuovi personaggi che popolano il MIO Thedas e ne sono riemersa solo 86 ore dopo, alla fine della prima veloce run.
Fastidiosissimi dettagli come lavoro e vita di tutti i giorni mi hanno impedito di afferrare il controller e non abbandonarlo per quelle 86 ore DI SEGUITO e hanno fatto sì che mi ci volessero più o meno due settimane prima di ritirare fuori la testa da Veilguard, ma solo per prendere fiato e immergermi di nuovo, questa volta nel fandom, libera da rischio spoiler.
Nel farlo ho ritrovato quel fandom che non avevo mai lasciato, ma che era quasi dormiente e ora si è risollevato con un ruggito e a forza di artigli e battito d’ali ha ripreso il suo posto al centro della conversazione, facendo ricordare a me e a tutte le persone che ci sono capitate dentro, accanto o anche solo nelle immediate vicinanze che, sì, Dragon Age è vivo, lotta insieme a noi e soprattutto ha un sacco, ma proprio un sacco di cose da dire, anche se spesso non sono quelle che una fetta di pubblico vorrebbe sentire.
Quindi ho deciso che questa puntata funzionerà così: prendiamo Dragon Age e lo usiamo per illustrare, raccontare, approfondire varie tematiche del mondo dello shipping e della fandom culture e per fare un sacco di polemica.
Dunque prendete su quella spada, alzatela al cielo e ripetete con me: In war victory, in Peace Vigilance, in Ship Happens!
Cominciamo dicendo che lo shipping e Dragon Age sono andati sempre a braccetto, sin dal primo capitolo della saga, ovvero il pluripremiato, assai lodato, ben invecchiato Dragon Age Origins, uscito nel 2009. Nel gioco stesso, senza bisogno di lavorare troppo di fantasia né di affidarsi in toto a fanfiction e headcanon era prevista e anzi incoraggiata la possibilità di una romance tra il personaggio di chi giocava e i vari NPC (i personaggi non giocanti, in questo caso i vari companion incontrati lungo il percorso), secondo un sistema e uno schema già sperimentato da BioWare in giochi precedenti come Star Wars: Knights of the Old Republic, Jade Empire e sopratutto in Mass Effect.
Quando all’interno del gioco stesso hai la possibilità di far intraprendere ai personaggi una relazione, farla andare per il verso giusto o sbagliato, seguirne gli sviluppi in tandem con quelli della storia del gioco, quello che abbiamo imparato a riconoscere come shipping diventa parte integrante di quel che fa apprezzare o meno una storia, la storia di un gioco in questo caso.
Sin dai tempi di Origins (sin dalle Origini, insomma…) il mondo di Dragon Age è stato legato a doppio filo con quello dello shipping, se non fosse altro perché chi il tuo personaggio giocante sceglieva come interesse amoroso poteva cambiare le carte in tavola per tutto il gruppo, tutto il party e di conseguenza per tutto il mondo che dipendeva da loro, fosse il Ferelden, la città di Kirkwall o l'intero Thedas.
Non si è mai trattato insomma, di includere un paio di scene piccanti o sdolcinate per accontentare allupati e romantici e farla finita lì, proseguendo poi con quel che davvero importava. Le romance di Dragon Age sono sempre state parte integrante e importante delle vicende che ogni gioco raccontava, andavano a modificare le relazioni tra personaggi e queste relazioni a loro volta cambiavano il modo in cui certi fatti potevano svolgersi. Il fatto che due personaggi avessero o meno una storia, insomma, aveva importanza, non era solo un contorno.
Questo naturalmente non ha mai impedito al fandom di shippare con la forza di mille soli personaggi assolutamente non “romanzabili” con il protagonista, di shippare tra loro vari NPC (anche tra gli antagonisti della serie. Soprattutto tra gli antagonisti della serie!), di scrivere fiumi e fiumi di fanfiction su OC (personaggi originali, non presenti quindi nel canon nemmeno nei panni del protagonista customizzabile) e gente che compare solo in un dlc, per pochi minuti e poi fa una fine orribile.
Il fandom, insomma, non ha mai avuto paura di nulla ed è, come abbiamo visto nella puntata di Ship Happens dedicata alla classifica dei videogiochi più presenti su AO3, uno dei fandom che ha prodotto più fanfiction in tutto il mondo videoludico.
Si può giocare Dragon Age senza sviluppare nessuna trama romantica? Certo che si può, non è assolutamente obbligatorio. Del resto una delle caratteristiche che il franchise si è sempre portato dietro, da Origins a Veilguard, è quello di avere al centro della storia la nascita, spontanea o meno, di un manipolo di eroi - o di antieroi in alcuni casi - che finiscono per formare una banda, un party, un gruppo, talvolta quasi una famiglia (il trope della found family è decisamente uno dei preferiti degli autori) e ognuna delle loro vicende ha la sua importanza, influenza le altre storie e quella centrale del gioco, che ci sia una sottotrama amorosa oppure no. Mancheranno dei pezzettini, momenti di dialogo, occasioni di banter tra personaggi, sfaccettature della storia e scelte che hanno senso solo se influenzate dai diversi rapporti tra i personaggi, se si sceglie la via della non-romance dura e pura, ma si può giocare tranquillamente l’intera saga senza intessere la benché minima relazione amorosa.
Quando lo shipping diventa, come in questo caso, parte integrante e forse proprio integrata di un gioco, si finisce anche per discuterne, per analizzare, giudicare e a volte criticare il modo in cui viene trattato, raccontato, sviluppato questo shipping e naturalmente sappiamo benissimo che questo è un errore colossale, signori miei. Eh, sì, perché le romance nei videogiochi servono solo a giustificare lo sfoggio di tette di pixel e a creare materiale per i meme, che fanno engagement, lo sanno tutti. È perfettamente inutile ed è un vizio da ragazzine sceme quello di pretendere che ci sia una sottotrama romantica che abbia un senso, che sia organica con la trama generale, che apporti qualcosa in più alla storia, che si porti dietro un carico emotivo, che influenzi le scelte e le svolte dei personaggi e poi avere anche la presunzione di commentare e non farsi andar bene quello che c’è e aprir bocca per dire come certe cose avrebbero potuto esser meglio sviluppate o integrate.
Sì, ovviamente sono sarcastica, ma siccome questo è l’internet ed è un attimo che mi trovo citata da personaggi discutibili a sostegno delle loro tesi, specifichiamolo, che è meglio.
Ad ogni uscita, per ognuno dei giochi, lo stesso discorso si ripete, si è ripetuto ogni volta, prima sui forum, poi sui social e oggi sopratutto in formato video e all’interno di articoli e recensioni, con la stessa accusa rivolta verso quella parte di fandom che shippa, scrive fanfiction, discute sulle romance e le commenta o analizza, ovvero “Volete solo un dating simulator! Perché non vi giocate quelli?”
Perché, mi vien da dire, GianGamer, la premessa è fallace quanto la tua capacità di comprensione del testo. Nessuno qui vuole un dating sim, che pure è un genere di tutto rispetto, ma giocare una storia complessa, sfaccettata, con scontri epici, botte da orbi, magia e intrighi politici, plot twist strappabudella, humor e ironia surreale, palate di lore da seppellirci un castello e draghi. Mai abbastanza, ma draghi. Se poi dentro ci sono anche un po’ di tette di pixel qua e là, oh beh, nessuno se ne lamenta.
“Sì, ma basta con questo romance nel mio dark fantasy! Lo shipping ha rovinato Dragon Age!”
E non dimentichiamo il fanservice. E l’inclusività. E il woke. La lista di cose che avrebbe rovinato Dragon Age è talmente lunga che viene da chiedersi da quanto tempo sia che tutta questa massa di orribili piaghe abbia afflitto il povero Dragon Age, per rovinarlo forse sin dall’inizio. Maledetto Dragon Age che ha rovinato Dragon Age!
Forse l’unico vero Dragon Age era la prima ora di gioco di Origins, al massimo massimo fino alla battaglia di Ostagar, via. Il vero Dragon Age forse era Duncan, come il vero Game of Thrones era Ned Stark, ed è stato tutto un declino da allora. Ipotesi supportata se si vanno a leggere i romanzi, nei quali Duncan stesso sotto sotto pensa che tutto sarebbe andato molto, ma molto meno in vacca per il Ferelden se re Maric Theirin se lo fosse tenuto nei pantaloni con maggior cura, ma -ahinoi!- così è il canon.
Che dark fantasy e romance non possano coesistere è un’idea un po’ bizzarra e francamente limitata di come funzionano i generi e la narrativa.
Comunque la si voglia vedere, sia come critica continua che come aspetto essenziale, Dragon Age e il mondo dello shipping hanno una relazione stabile e duratura, anche se a volte leggermente abusiva.
Ci sono naturalmente alcune ship che hanno più importanza di altre e influenzano la storia principale del gioco in maniera maggiore, sono, se vogliamo, ancora più che Canon Ship, sono delle Ammiraglie.
Per canon ship intendiamo ovviamente quelle che sono contemplate nel gioco tra le scelte di romance che il nostro personaggio giocante può intraprendere e perseguire nel corso del gioco.
Una cosa interessante che Dragon Age ha fatto nel corso dei quattro giochi è stata quella di dare ai suoi NPC una personalità, un'identità e delle preferenze, facendoli così somigliare di più a persone vere. Per quanto riguarda le preferenze romantiche, relazionali e sessuali dei personaggi, però, i vari giochi della serie hanno fatto un po’ un avanti-indietro nel corso degli anni, con Origins e Inquisition che avevano personaggi con un preciso orientamento sessuale e che quindi potevano essere conquistati da chi giocava solo se del genere di loro interesse, mentre in Dragon Age 2 e nell’ultimo Veilguard i personaggi sono sostanzialmente “playersessuali” e accettano le avances del personaggio giocante, a prescindere dal suo genere o dalla sua espressione di genere.
Questo va a creare tutta una serie di distinzioni tra ship canon e non canon anche all’interno delle possibili scelte tra i personaggi “romanzabili”, perché se Morrigan è eterosessuale e tu vuoi shipparla con una Warden, la tua ship diventa subito non canonica, come anche una eventuale accoppiata tra Cullen e un Inquisitore, che è non canon tanto quanto una ship, per dire, tra Cullen e Iron Bull .
Oltre a questi casi, sono considerate canon anche quelle relazioni che i personaggi non giocabili hanno tra loro nel caso che chi gioca non scelga di farne il proprio love interest, perché nei giochi BioWare (ma non solo: un esempio recente è quello di Baldur’s Gate III) è ormai consueto che i vari companion possano stabilire delle relazioni tra loro, anche romantiche oltre che di amicizia o rivalità.
In Dragon Age II, un Fenris non romanzato da Hawke, per esempio, finirà per consolarsi tra le braccia di Isabela (come biasimarlo), Aveline coinvolgerà il gruppo in un disastroso tentativo di corteggiamento del collega Donnic che culminerà però in matrimonio, Iron Bull e Dorian, se lasciati a loro stessi, troveranno la strada l’uno verso l’altro e Lucanis e Neve portano avanti il loro flirt senza ritegno in Veilguard, quasi tanto da scoraggiare il tentativo di provare a corteggiare uno dei due. Insomma, i personaggi hanno una vita, anche romantica, oltre al personaggio protagonista del gioco, cosa che in effetti succedeva già anche in Mass Effect.
Abbiamo delle ship che sono canon, si diceva, ovvero tra personaggi che effettivamente possono avere una relazione anche nel gioco, e ship non canon, quando questo non succede, ma ci sono le Ammiraglie, le ship che sono più che canon, quelle che sembrano essere LE ship pensate per quel gioco, quelle che danno alla storia tutta una serie di piccoli dettagli in più e che sembrano integrarsi al meglio con le vicende anche dei giochi successivi o di quelli precedenti.
Per Origins, questa Golden Ship è sicuramente quella con Alistair che se intrapresa con una Warden umana di origine nobile (e non maga… perché i maghi nel Thedas hanno estratto la pagliuzza corta, ma è una lunga storia) può portare il personaggio giocante a diventare Regina del Ferelden e a sbloccare tutta una serie di sviluppi di trama collegati. Per un Warden invece, scegliere Morrigan dà sicuramente all’ultima parte del gioco qualcosa in più, con la possibilità di avere un figlio con lei e sbloccare, anche in questo caso, numerosi sviluppi futuri, anche qui si tratta di una ship decisamente Ammiraglia.
In Dragon Age II la situazione è più complicata, tutti sembrano essere interessati ad Hawke e tutti sono talmente un disastro che l’aggiunta di una romance può peggiorare o migliorare le cose in maniera drastica e drammatica. Non c’è una vera e propria Golden Ship che sia più influente nella narrativa e l’unica Ammiraglia che c’è in Dragon Age II è Isabela, ma non come ship, proprio come personaggio, a quanto pare, o forse, come dirà Varric, ha solo un cappello gigante.
In Inquisition, terzo della serie, la Golden Ship è palese e spudorata ed è buffo pensare che inizialmente non doveva nemmeno essere una delle opzioni di romance, ed è la ship che fa storcere il naso a chi critica lo shipping in Dragon Age più di ogni altra: la Solavellan.
Solas, il mago elfico dal passato misterioso e Lavellan, elfa che si trova ad essere chiamata Araldo di Andraste e a ricoprire suo malgrado il suolo di Inquisitrice, sono la coppia che più influenza la trama e vi si intreccia assieme, fino a portare le scelte fatte in maniera molto significativa nel capitolo successivo, ovvero Veilguard.
Giocare Veilguard (niente spoiler, giuro) importando nella fase iniziale la scelta fatta in Inquisition di una Inquisitrice Lavellan in romance con Solas (anche qui, niente spoiler, ma non è una storia esattamente liscia e lineare...) ha un forte impatto su tutto il gioco e in particolare sul finale, forse più di quanto fosse mai successo precedentemente con gli altri capitoli e le altre romance.
Inutile dire che “tutta colpa delle Solavellan” e “è solo un fanservice per le Solavellan” è un ritornello che si è sentito fino alla nausea in questo ultimo periodo, quando si è parlato di Veilguard.
(Ancora una volta, sarcasm. Non citatemi in giro a sproposito o vi vengo a infestare casa coi fantasmi di un coro scolastico coi flautini, giuro)
Veilguard è innegabilmente una lettera d’amore alla Solavellan, intesa come ship, ma prima ancora è una lettera d’amore a un personaggio che ha tirato le file di ogni cosa sotto agli occhi di tutti e di tutte, a una sottotrama a lui legata che parte da una ship all’origine di ogni cosa, anche se non lo sapevamo, è la dichiarazione da parte di BioWare che sì, se i personaggi scelgono di amare e farsi amare la storia può cambiare e non poco, quando in bene, benissimo ma quando male molto, molto male davvero.
In fin dei conti, quindi, non sarebbe troppo azzardato dire che Veilguard sia anche una lettera d’amore allo shipping.
E poi ci stupiamo che la gente si incazzi?