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Battlefield 2042 – Non sono le dimensioni, ma come le si usa

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Battlefield 2042 è l'ultimo capitolo della famosa serie di fps e arriva sul mercato con l'obiettivo di offrire la più grande esperienza multiplayer online ma avrà la forza di non soccombere sotto il peso delle sue ambizioni?

Con il termine “dicotomia” in filosofia si intende la divisione logica di un concetto in due nuovi concetti, che ne esauriscono l’intera estensione.

 

È la prima cosa che mi è venuta in mente quando in un guizzo di eterna concorrenza, Activision e Electronic Arts hanno deciso di far uscire i loro sparatutto multiplayer online a tema bellico a distanza di 15 giorni.

 

La questione del lasso temporale è importante, secondo me.
Seppure i prodotti sono diversissimi è inevitabile vedere i due principali sparatutto bellici come contrapposti nell'immaginario collettivo, a contendersi colpo su colpo i cuori e le console dei giocatori che sposano l'una o l'altra scuola di pensiero.

 

E quindi la dicotomia di cui sopra.
Lo scegliere una strada e seguirla fino alla fine.
Dove uno è veloce, frenetico e per certi versi circoscritto negli ambienti e nelle situazioni, l’altro è apertura, slancio, sogno di riprodurre fedelmente situazioni in ambientazioni vaste e battaglie su ampia scala.

 

Sono un giocatore estremamente soddisfatto dall’esperienza che CoD mi ha servito quest’anno, ma sono voluto tornare su Battlefield perché non ho mai dimenticato le emozioni che nei suoi momenti migliori ha saputo regalarmi e quindi dovevo sapere, dovevo toccare con mano quella che si presenta come un tentativo di far tornare la serie ai vecchi fasti.

 

E proprio questa sua ambizione, probabilmente, è il peso sotto il quale un gioco fragile può crollare.

Chiave dell’esperienza di Battlefield 2042 è, come da tradizione per la serie, battaglie campali su vasta scala dove sono coinvolti centinaia di giocatori tra fanti, mezzi corazzati e velivoli. Tutti insieme appassionatamente.

 

Come sa chi conosce la serie, l’equilibrio tra le varie componenti e le varie forza in campo è fondamentale per il godimento del gioco dal punto di vista ludico, una sommatoria data da tutti gli elementi che concorrono alla partita, per quanto diversificati e disomogenei che debbono coesistere affinché l’esperienza sia anche solo fruibile, figuriamoci godibile.

 

A fare bella mostra di sé è il pompatissimo comparto grafico, una potenza disumana ad animare questi scenari di guerra aspirando al fotorealismo dove, oltre a tutte le variabili pensabili in un conflitto, si abbattono anche eventi atmosferici cataclismatici in una riproposizione del mio amato levolution, che tante partite aveva animato nei primi eroici mesi di PS4.

Nel complesso il look and feel dato dalle armi e dallo sparo in sé per sé è anche soddisfacente, nel suo proporre un ventaglio relativamente ridotto di armi (se veniamo dall’altra parte dall’arsenale di CoD soprattutto) che per quanto non sia immediatamente amabile, sa conquistare con una balistica sensata, ma perfettibile per quanto riguarda gittata, danni sulla lunga distanza e dispersione dei proiettili.

 

C’è da dire che per intervenire su questi parametri c’è ambia variabile di complementi per modificare le armi, se non fosse che la progressione dell’Armaiolo di Battlefield non è rapida come quella di CoD, ma nemmeno per sbaglio, è subordinata ad un incedere dei livelli non esplosivo, che non hanno nessuna fretta di expare.
Ora, a voi capire quanto questa progressione così flemmatica possa piacervi o meno, a me per esempio, non dispiace incedere un po’ di più su un mirino metallico e godermi l’arma basa per un lasso di tempo tale da farmi apprezzare la sua configurazione originale ma, nel momento in cui devo adattarmi velocemente ad una serie di situazioni dove passare tra una configurazione e l’altra può fare la differenza tra la vita e la morte in battaglia, avrei preferito un ritmo più sostenuto degli sblocchi dell’arma, per sperimentare altre configurazioni e trovare all’arma la forma più convincente ed efficace per il mio stile di gioco.

 

Tra le innovazioni proposte da 2042 c’è una fluidità nuova nella scelta delle componenti d’arma grazie ad un “inventario rapido” sotto forma di menu contestuale che si può aprire tramite la pressione del dorsale superiore sinistro per accedere ad una serie di componenti pre impostate, appunto per venire incontro alle esigenze del giocatore.
Anche qui, sulla carta è una figata, che tradisce anche una certa calma nell’approccio alla battaglia, di un gioco che non vuole che il giocatore si fiondi a testa bassa nello scontro per prediligere un approccio più ragionato quando non tattico vero e proprio.

 

Eppure, questo ventaglio di scelte non mi ha convinto del tutto, nel suo continuo voler assecondare le variazioni di ritmo del gioco, si finisce per non essere né carne né pesce.

Un’ottica avanzata è comunque inutile nel momento in cui le altre componenti non sposano l’ingaggio sulla lunga distanza, ad esempio, e quindi bisogna macinare parecchio tempo in gioco per personalizzare la propria arma in maniera soddisfacente.

 

Battlefield 2042 si presenta per essere affrontato in tre modalità principali.
La All-Out Warfare, il multiplayer classico con battaglie in campo aperto, si divide in Conquista e Sfondamento; la nuova modalità Portal e Hard Zone, che ammicca ai fan degli sparatutto punitivi sulla falsariga di Tarkov.

 

Mentre la modalità Conquista classica con le sue postazioni da conquistare non ha bisogno di presentazioni, forse ha bisogno di un minimo di introduzione Sfondamento. In soldoni, l’obiettivo della partita è lo stesso, conquistare gli obiettivi nel tempo a disposizione combattendo per ogni centimetro di terra contro gli avversari, ma invece che su tutta la mappa, il fronte di combattimento avanzerà o arretrerà a seconda degli eventi di gioco.

 

Delle due, Sfondamento è quella che preferisco, e qui è il momento di parlare delle mappe e della dimensione delle mappe, perché se pure è vero che Battlefield 2042 presenta le mappe più grosse di tutta la serie, purtroppo tale grandezza non è accompagnata da una soddisfacente densità.

 

In queste mappe, non succede niente, se non attorno ai punti di controllo dislocati sulla mappa e il giocatore è costretto a muoversi a piedi per distanze sconfinate per raggiungere la zone dove stanno succedendo cose e, nelle suddette zone, vige l’anarchia.

 

Sono scene bellissime quelle dello sciamare dei 128 giocatori in game, come sulla controparte pc, ma questi poveri disgraziati non sono altro che generica carne da cannone, indistinguibili gli uni dagli altri che presto faranno tutti una fine orribile, macinati dai colpi di qualche camper o dalla spianata dei colpi d’artiglieri di qualche aereo.

 

Tanto le mappe sono grandi tanto il senso di insignificanza del giocatore è aumentato.

Altro grosso problema, a mio avviso, è la scelta di non gestire i punti di respawn autonomamente, ma di lasciare al giocatore la scelta dove respawnare, solitamente su di un membro della squadra di quattro giocatori che rappresenta il nucleo operativo all’interno della squadra con la quale il giocatore si interfaccia.

 

È una scelta infelice e, appunto, caotica.
Un po’ perché, per un motivo o per un altro, il giocatore passa gran parte della partita a terra contorcendosi dal dolore, un po’ perché tra questi quattro perfetti sconosciuti non c’è nessuna empatia, a nessun livello, e nonostante in bella vista ci sia un contatore dei rientri disponibili e che quando questo vada a zero la partita è persa, non c’è nessuno (su due settimane di prova, quattro volte vuol dire nessuno) che sia disposto a correre in aiuto di quel povero disgraziato con la pancia aperta dai proiettili. E quindi morire, e quindi respawnare in una zona sicura, e quindi farsi altri km a piedi di corsa per tornare in partita.

 

In questo modo, gli assalti sono disomogenei, perché se devo correre da una parte all’altra della mappa per cercare l’azione non ho il modo di tornare a battere il ferro per fiaccare la resistenza dei nemici e devo, di volta in volta, incespicarmi sopra una collina, scalare il relitto di una nave, attraversare un acquitrino per cercare uno scontro, o sperare che i miei alleati mi seguano in questa disperata corsa contro la morte.

 

La cosa che mi dà più fastidio è che questi sono i difetti che affliggevano già il multiplayer anche di Battlefield V, e che da allora un gioco che si pone tutti questi alti obiettivi di collaborazione e tatticismo è giocato alla rinfusa.

 

Chiaramente, la modalità Sfondamento limita di gran lunga le distanze da percorrere per trovare l’azione, perché è concentrata su una porzione di mappa più limitata e lo scontro è così concentrato su un paio di punti di controllo alla volta, più gestibili, se non fosse che il gioco è afflitto da una serie importante di problemi di bilanciamento.

È chiaro che gran parte dei giocatori di Battlefield passa molto del tempo di gioco su mezzi corazzati e velivoli, ma questo non mi sembra un buon motivo per renderli OP.

 

I carri pesanti sono praticamente indistruttibili se li combatti con le dotazioni di lanciatori che hai a disposizione dall’inizio. Un colpo equivale a togliergli una porzione pari ad un quinto della barra della vita. I colpi a disposizione del giocatore sono 3 e hanno anche una ricarica bella lenta. Se sei fortunato e il carro non ti vede, riesci a sparare al massimo due colpi prima di essere buttato giù. Se riesci a scaricare tutto il tuo bagaglio di missili, non hai risolto niente, riducendo l’energia del carro di circa la metà. Il che sarebbe un chiaro invito a combattere uniti e muoversi come gruppo contro gli avversari, ma invece no. Ognuno per sé e Dio per tutti, nelle fauci della bestia.

 

Questo vuol dire che è un gioco sbilanciato? Certo che no. Queste esperienze ci raccontano di come sia difficile entrare nei meccanismi del gioco e quanto spesso il suo loop risulti poco soddisfacente nel suo ciclo di morti e rinascite.
Il fatto che i fucili da cecchino riescano a tirare giù i carri prima dei lanciatori ci dice che il gioco è sbilanciato.

 

Ma la guerra continua tra la virtuale impotenza della fanteria e i carri armati è un grande classico della serie, è quasi un elemento imprescindibile dell’esperienza. Se non vieni brasato da un carro come metti piede sulla mappa non stai davvero giocando a BF. O forse no? Con il 4 e con l’1 ricordo una maggiore elasticità nei rapporti di forza. In Battlefield 1 potevi tranquillamente tirare già un aereo con le armi ordinarie, proprio a causa di quella particolare tipologia di velivoli, ma qui il senso di impotenza supera di gran lunga anche le mie brutte esperienze con BF V.

Ma torniamo a parlare delle Mappe.
Che sono grandi e bellissime cartoline tanto sono affette da immutabilità sistemica: se un aereo si schianta contro un grattacielo questo resterà intatto.
Vi rendete conto quanto questo possa essere un problema in questo tipo di gioco? E soprattutto, ricordate i bei momenti in cui nessuno era davvero al sicuro e veniva sfondati muri e divelte porte durante le battaglie? Ecco, su alcune cose le collisioni sono criminalmente assenti.

 

Porto l’esempio delle strutture più grosse che possiamo trovare nelle mappe, mi viene in mente il grattacielo al centro della mappa in Sud Corea o la nave cargo spiaggiata, o il porto nell’altra mappa. Strutture così importanti indistruttibili sono il paradiso di camper e cecchini che da un riparo sicuro fanno il bello e il cattivo tempo sui giocatori sottostanti: il grande incubo.

 

E la cosa che mi fa rabbia, anche stavolta, è che l’idea alla base del level design è fighissima e mi rimanda davvero a momento videoludici esaltanti nelle precedenti edizioni del gioco. Quando entro nel grattacielo in Sud Corea sarò condannato a finire sotto una grandinata di piombo rovente di fuoco incrociato da due camper comodamente sdraiati ai lati estremi dell’ingresso. E santa notte.

Poi, ci sarebbe anche da fare una disamina della sensatezza spaziale delle dimensioni di questi edifici indistruttibili che mi fanno sollevare entrambe le sopracciglia.

 

Uno spazio criminalmente vuoto bianco a fare da atrio per un’altezza di un paio di piani, nessuna scala che mi porta ai piani superiori, nessun ascensore evidente ma che deve esserci perché lì sopra, sul rooftop c’è un punto da conquistare. Questo in termini di level design come si traduce? Che quel meraviglioso grattacielo non è altro che l’ennesima scatola da scarpe, vuota, pittata in modo tale da sembrare un edificio molto figo. Un edificio molto figo indistruttibile, in cui la gente si asserraglia a camperare. Un incubo dal punto di vista architettonico, un incubo dal punto di vista del level design.

 

E quindi, di nuovo, mentre fissi il tuo avatar a terra, che si contorce con la pancia squarciata dalle raffiche di mitra che implora, alternatamente, aiuto (pulsante quadrato) o pietà (pulsante croce) ti ci metti a pensare. Ecco, l’altra grande lezione che Battlefield pare aver dimenticato: mai far pensare così tanto il giocatore, che inizia ad avere in odio quel senso di vuoto esperienziale tra una morte e l’altra, che inizia ad avere in odio il meccanismo di respawn, inizia a ragionare su quanto il level design sia o meno ispirato e come quell’ampio orizzonte della mappa sia ludicamente inutilizzato.

 

Il giocatore di uno sparatutto vuole essere incalzato. 5 secondi di cooldown per il respawn sono troppi nel 2022, specie se devo camminare per mezza mappa, dopo. O devo rientrare "su" di un compagno che deve comunque non essere in combattimento, e nonostante ciò comunque non hai la sicurezza di tornare in un luogo sicuro. Il giocatore di uno sparatutto vuole imparare percorrendo la mappa in lungo e in largo senza patirla e a questo punto, forse, riflettendo, non sarebbe forse stato meglio ridurre le mappe della metà per aumentare la densità riducendo quello sconfinato spazio di vuoto inutile?

A completare l’offerta ludica di 2042 ci sono le due nuove modalità Hard Zone e Portal.

 

Hard Zone è quella del pacchetto che mi è sembrata la più convincente sotto il profilo generale.
Le partite consistono nel recupero di dati obiettivi sparsi in giro per la mappa, il team di invasione è composto da quattro giocatori e deve necessariamente cooperare per portare a termine con successo la missione.
È una modalità che ammicca agli sparatutto duri alla Tarkov, ma senza il tatticismo e la raffinatezza nei comandi, che restano comunque quelli un po’ intellegibili di Battelfield (quelle maledette frecce direzionali) accoppiata ad un sistema di equipaggiamento “acquistabile” che prende direttamente da lì. Ci sono le armi e abilità base gratis, qualsiasi potenziamento di sorta è acquistabile tramite moneta di gioco, moneta che si ottiene completando le partite. Resta il fatto che morendo lasciamo sul campo di battaglia l’equipaggiamento che abbiamo faticosamente fatto progredire a suon di gettoni.

 

Una situazione che, appunto, i giocatori di Tarkov conoscono bene.

 

Ma non è questo che mi ha colpito di questa modalità.
Credo che per come è sviluppata sia la più sensata da giocare, un po’ perché nonostante la mappa enorme, il gioco si sviluppa su aree circoscritte e quindi spazialmente meno dispersivo, e la cooperazione forzata tra membri del team evita che qualcuno rimanga indietro. Dato che non ci sono rientri (io questa moda ancora non la capisco) se non ti rianimano sei fuori dalla partita. È una modalità che davvero privilegia un certo tatticismo, pur portando in dote una certa criticità evidenziata dal gameplay nello sposare il tatticismo vero e proprio (non è Rainbow Six, per capirci). È molto facile essere accerchiati e contro la forza bruta del numero c’è poco da fare. Comunque è un’iterazione interessante dell’idea di gioco che ha Battlefield nel rinnovare la sua forma.

La modalità Portal invece è stata venduta come il vero piatto ricco dell’esperienza di BF2042.

 

Una modalità che lascia al giocatore la scelta della creazione delle regole della partita e un database di contenuti provenienti dai capisaldi della serie per apparecchiare partite “a tema” Seconda Guerra Mondiale o Bad Company o altre iterazioni del franchise. Quasi una modalità "creator" per capirci.

 

Una specie di playground virtuale dove dare libero sfogo alla creatività e al nostalgismo dei giocatori presentato come una modalità permanente che per aggiornamenti successivi andrà a contemplare tutti i contenuti della serie.

 

Un sogno. Sulla carta.

 

All’atto pratico le armi non sono convincenti come quelle della modalità principale, restituendo un feedback da fucili a piombini per quanto riguarda le armi più risalenti, anche la varietà non è paragonabile, per quanto sia risicata l’armaria, nella modalità Portal offre pochissime opzioni negli scenari preesistenti a tema giochi vecchi, lasciando una sensazione di amaro in bocca abbastanza potente da non lasciare molta voglia di continuare la partita in quanto ogni gesto e vano e poco appagante, pur ambientando tutto in mappe rimasterizzate a puntino.

 

Esplorare le epoche dei Battlefield dal punto di vista del puro studio dell'evoluzione della serie è un po' vago, disomogeneo e, ancora una volta, caotico, dove il giocato prende il sopravvento sul gioco. È forse più facile trovare partite divertenti perchè le mappe originali hanno scala ridotta e sono pensate indubbiamente meglio rispetto a quelle attuali, con tanto di una discreta frangibilità delle strutture, eppure per quanto mi riguarda questa modalità non ha la forza di reggere da sola tutto il peso del gioco e rischia di esserne solo una costola un po' futile.

 

Dopo la patch

 

Non le migliori impressioni quindi.
Che non sono solo le mie, ma raccogliendo un po’ di feedback di stampa estera in giro (nessun amico a giocarci per condividere le partite, questa cosa è molto triste) e le reazioni dei fan che lo stavano aspettando sono molto simili a quelle causate un annetto fa da Cyberpunk, senza però una fazione di esperienze positive a compensare quelle negative.
Mentre vi scrivo ci sono articoli su Kotaku di come la nuova versione di Farming Simulator sia giocata matematicamente dal doppio di giocatori di BF, stando ai dati di Steam. Che presentato così non vuol dire niente per una serie di motivi logici, quali bacino di utenza, piattaforme, tipo di giocatori, ma sta di fatto che costituisce un dato statistico in un mondo che di questi dati statistici si alimenta.
Similmente gli articoli su come 2042 sia il BF con il metascore più basso di tutta la serie, che il metascore non serve se non in questo caso a completare la rappresentazione di un quadro decadente.

Siamo arrivati al punto che Dice è uscita con un comunicato stampa che riporta come ci avrebbe messo una pezza: tre patch da qui alla fine dell'anno per correggere gli aspetti più rotti dell’esperienza di gioco (e motivo per il quale questo articolo si sta prendendo i suoi tempi larghi per uscire).

 

Non sarebbe la prima volta che un gioco esce rotto al lancio, perché la quantità e la qualità delle correzioni sembrano proprio indicare come alcune dinamiche non fossero proprio quelle previste in fase di design del gioco, altre invece vanno incontro ai report degli utenti che si sono, giustamente, lamentati di un netcode ballerino, quando non fragile, e bilanciamenti (quando non veri e propri nerf) ad armi e mezzi.

Ma la tempesta che gira intorno al gioco pare non essersi ancora placata, in quanto notizie recenti riportano un cambio al vertice di Dice con Vince Zampella come nuovo director della serie Battlefield dopo l’abbandono del responsabile dello sviluppo di 2042.

 

Questi movimenti aziendali sono sempre molto curiosi ed indicativi di una situazione interna grave che si rispecchia chiaramente nella resa del prodotto finale, al di là di quanto possano essere i gusti o le attitudini del gioco in questione.

 

Mentre scrivo la conclusione di questo articolo è stata rilasciata anche la seconda (di tre) famosa patch correttiva che andrebbero a mettere una pezza sulla ferita aperta che è questo BF. È stata sufficiente a rendere il gioco più fruibile? Sì e no.

Per quanto non riscontri problemi nel trovare partite piene, e per quanto adesso pare l’accesso in partita vada più liscio che due settimane fa, il sentiment dei 128 giocatori è davvero particolare.

 

Con una popolazione sui server fatta quasi esclusivamente di giocatori PC, quindi supportati da un hardware adeguato, comunque l’ingresso è accompagnato da messaggi testuali che alludono all’incapacità di bilanciare il gameplay, il che in modalità già fortemente sbilanciate per regole tra attaccanti e difensori, questo si traduce in un casino, avallato da un level design dichiaratamente ostile.

 

L’ultima esperienza, nel senso che davvero è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso portandomi a cancellare il gioco, è stato essere risucchiato dalla tromba d’aria che si è abbattuta sulla mappa a 5 minuti dall’avvio della partita.

 

Per descrivere l’esperienza è difficile avere un metro di paragone ludico, quindi procederò per analogie cinematografiche allo scopo di ottenere la descrizione più accurata possibile: come venire risucchiati dal buco nero di Interstellar ma, una volta dentro, non si accede alla stanza al di là del tempo e dello spazio popolata dagli esseri della quinta dimensione. No.
Per quanto il mio operatore avesse a disposizione una tuta alare e che quindi fosse adatto a cavalcare quei venti turbinosi per sfruttarli a suo vantaggio, i comandi sono impazziti, non so quanto legittimamente, ma è stato incontrollabile nonostante la suddetta tuta e sono stato sospinto in una dimensione al di là della partita o del gioco stesso, sembrava Il Mago di Oz, il mio avatar era in uno spazio di interdizione tra la vita e la morte dove le leggi della fisica (del gioco) non arrivano a prevedere, non so se troppo in alto, o troppo in basso, mi sono trovato in uno spazio bianco di non esistenza cosciente, impossibilitato a muovermi ma immediatamente prima di morire, come una specie di esperienza pre-morte à la Flatliners, una specie di Allucinazione Perversa, fino a che, dopo aver con tutta la comodità del mondo immortalato la schermata per condividerla con l’articolo, il mio avatar finalmente abbandona questo infinito abisso di luce e schiacciato dal peso della conoscenza acquisita esplorando questo nuovo stato della realtà e muore impazzendo.

 

Tutto ciò mentre mi ero messo con calma e gesso a giocare una partita per intero, subendo tutte le angherie del caso da parte dei mezzi corazzati, riuscendo a opporre anche una discreta resistenza allo sciamare dei nemici in campo, accettando tutte le bizze di un sistema di respawn odioso, insomma volendo proprio scendere a patti con la natura stessa del gioco, natura che invece con fare emblematico mi ha piazzato i suoi stessi limiti come scoglio finale da superare.

Il lavoro da fare sul gioco è molto.

 

Non sarebbe il primo caso di gioco-servizio risorto dalla ceneri di un lancio disastroso grazie alla dedizione e alla serietà degli sviluppatori ma il lavoro che si trova ad ereditare Zampella (l’uomo dietro il Call of Duty moderno, in quanto leader di Infinity Ward, la mente dietro la serie Titanfall) non è un facile, specie con queste premesse strutturali così fragili, ed è legittimo chiedersi se non sia il caso di chiudere il gioco per un po' e costruire una nuova progetto da capo, quasi come fatto con Final Fantasy XIV.

 

Continuerò a seguire lo sviluppo del gioco, ma da lontano questa volta, fino a che i cambiamenti apportati non saranno così evidenti ed importanti da trasformare radicalmente l’esperienza, perché come è ora è la cosa più vicina al lancio di Cyberpunk per uno sparatutto multiplayer, senza nemmeno la genuinità dei contenuti single player a salvare il gioco, ma solo ambizioni troppo grandi non sostenute da un risultato soddisfacente.

 

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